Da un lato c’è il Partito democratico, che in forze grida allo “spreco” e invita i cittadini all’astensione. Dall’altra ci sono Movimento 5 Stelle, comitati civici, Sel, una parte di Forza Italia e Rifondazione Comunista, che parlano di “battaglia per la civiltà”, e chiedono a tutti di recarsi alle urne. Tema della contesa è il referendum consultivo che si svolgerà a Mirandola, in provincia di Modena, domenica 13 dicembre, relativo all’ospedale Santa Maria Bianca, declassato nel 2011 dalla Regione Emilia Romagna, nell’ambito della riorganizzazione dei servizi sanitari, da ospedale d’area a ospedale di prossimità. Ecco il quesito rivolto agli elettori: “Volete voi che l’Amministrazione comunale avvii un percorso partecipativo per valutare la possibilità di rendere nuovamente operativo l’ospedale di Mirandola, come già avveniva prima del sisma 2012?” E’ la prima volta, in Italia, che viene indetta una consultazione di questo tipo sulla sanità a livello comunale, anche perché la materia è di fatto in capo alle regioni. Il risultato comunque non è vincolante e perché la consultazione sia valida dovranno andare a votare il 50 per cento più uno degli elettori. La Toscana sta cercando di fare lo stesso: nel suo caso però l’obiettivo dei comitati è quello di indire un referendum abrogativo sulla sanità a livello regionale.
Per il comitato referendario di Mirandola, che la scorsa primavera ha raccolto le 1.500 firme necessarie alla chiamata alle urne, “si tratta di una questione fondamentale. Da quando l’ospedale è stato declassato, ci troviamo di fronte a posti letto dimezzati, interi reparti chiusi, riduzione del personale, servizi di diagnostica e specialistica fortemente ridimensionati, attrezzature dirottate, investimenti spostati su altre strutture. Ciò che sta accadendo, è che vogliono trasformare il nostro ospedale in una casa della salute, o in un poliambulatorio mascherato”. Il bacino di utenza del Santa Maria Bianca è di quasi 90mila persone, doveva diventare il Policlinico della Bassa, e serve altri 8 comuni, oltre a Mirandola. Con il fronte del “sì” ci sono le opposizioni da Sel al M5S. “La scelta di declassificare l’ospedale denota un’irresponsabilità totale – attacca Giulia Gibertoni, capogruppo regionale a 5 Stelle – questi depotenziamenti lineari sono inqualificabili, il Pd dice di non voler tagliare i servizi sanitari, ma è già successo. I cittadini sono preoccupati”.
Il Pd nega, definisce la consultazione “una farsa”, “stanno truffando i mirandolesi”, per dirla con le parole del sindaco di Mirandola Maino Benatti, in quota Pd. “Il voto costerà ai cittadini di Mirandola 70.000 euro, soldi buttati alle ortiche, perché per essere valido dovrebbe superare il quorum del 50% dei votanti, cioè oltre 9.000 cittadini – fa i conti Maurizio Cavicchioli, segretario Pd di Mirandola – in più in consiglio comunale è già stato approvato un documento che impegna il sindaco a chiedere un lungo elenco di migliorie per l’ospedale di Mirandola, trasmesso alla Regione, che per voce del presidente Bonaccini, ha già preso impegni chiari in proposito”. Dove però non si parla riportare il Santa Maria Bianca allo status di “ospedale d’area”, che invece è uno dei nodi del referendum.
Per il Pd, quindi, più che un referendum sanitario, quello del 13 sarebbe un atto politico: “Questo braccio di ferro del movimento di Grillo e di Rifondazione comunista è solo un inutile spreco di tempo e di denaro pubblico. Se davvero vogliono bene al nostro ospedale, chiedano all’amministrazione di non far svolgere il referendum, e di destinare i soldi risparmiati ad acquistare attrezzature per l’ospedale di Mirandola: allora sì che potremmo credere alla loro buona fede. Ma così come stanno le cose, questa votazione è solo una presa in giro, e, lo ribadisco, il Pd non ci sta e non parteciperà a questa farsa”. L’ultima parola spetterà ai cittadini: qualora la partecipazione fosse alta, i promotori sperano che il risultato del referendum possa avere un effetto di pressione sulle istituzioni.