Era solo lo scorso novembre quando una mozione del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici evidenziava la “urgenza di trovare spazi per la documentazione in attesa di versamento” presso gli archivi di Stato. Eppure, nonostante gli obiettivi di razionalizzazione degli spazi e della spesa, nonché di salvaguardia e fruibilità dei documenti, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha previsto – “in gran silenzio”, come evidenziano i sindacati – il trasferimento del Museo nazionale di arte orientale presso la sede dell’Archivio centrale dello Stato, a cui l’Agenzia del demanio avrebbe già dato via libera ma di cui fino a pochi giorni fa quasi nessuno sapeva nulla.
Così facendo si minerebbe la funzionalità di entrambi gli enti, senza peraltro generare risparmi, denunciano l’Associazione Nazionale archivistica italiana, l’Associazione italiana per le ricerche di storia del cinema e la Società italiana per lo studio della storia contemporanea, secondo cui tale trasferimento non sarebbe sostenuto da alcuna progettualità. Tanto che diversi senatori (prima firmataria Alessia Petraglia di Sel) hanno raccolto l’appello delle Associazioni, indirizzando un’interrogazione al ministro Dario Franceschini che rilancia cruciali interrogativi tuttora inevasi.
L’Archivio Centrale dello Stato – già di proprietà di Eur spa, ora di Inail – misura 30mila mq e dispone di 110 km di scaffali per la conservazione di documenti alla base della storia italiana, tra cui l’originale della Costituzione e documenti della segreteria di Mussolini, Giolitti e Crispi, per citarne alcuni. L’Acs è interamente saturo, tanto che a fine 2012 ha deciso – non senza controversie – di affittare un deposito a Pomezia, già colmo anch’esso a distanza di soli due anni.
L’attuale sede del Museo nazionale di arte orientale misura 4mila metri quadri. La ‘sua’ collezione conta oltre 30mila opere, diverse delle quali sono di proprietà di Stati esteri e risultano vincolate da un obbligo di esposizione permanente. Il museo è quindi tenuto a mantenere gli odierni spazi espositivi per adempiere a tali obblighi e conservare le ‘sue’ opere. Precisamente, il personale del museo ha calcolato che in caso di trasferimento all’Archivio, anche a causa della diversa dislocazione degli spazi, la metratura ottimale salirebbe a 4500 metri quadri.
Pertanto, la domanda più ovvia, che però non trova risposta nelle informazioni finora divulgate dal ministero, è come sarà compensato lo spazio (circa un sesto) sottratto all’Archivio Centrale? Dove finiranno i documenti che l’Archivio già contiene? E il materiale che si aggiunge ogni anno (la cui crescita naturale è stata accelerata dalla recente desecretazione disposta dal Governo, nonché dall’anticipazione dei tempi di versamento dei documenti dalle pubblica amministrazione agli archivi)?
Questo per quanto riguarda la funzionalità. Mentre per i costi non è dato sapere se e quanto sia stato preventivato per i lavori di adeguamento della struttura, né se siano previste ulteriori locazioni passive di depositi per la conservazione dei documenti – quelli già in archivio da trasferire per far posto alle opere museali e quelli di prossimo versamento. In proposito vale la pena ricordare che l’affitto annuale della sede dell’Archivio Centrale è di 4,3 milioni di euro, cui si aggiungono 140mila euro per il deposito di Pomezia (locazione 2014).
“Solo il trasferimento del Museo in un immobile demaniale potrebbe costituire un autentico risparmio per l’Amministrazione”, denunciano gli addetti ai lavori. Ma “il piano non assegna all’Archivio centrale immobili demaniali da adibire a locali di deposito: non si capisce dunque dove l’Acs potrebbe conservare la documentazione attualmente conservata nei locali che verrebbero assegnati al Museo di arte orientale, né dove potrebbe conservare i nuovi versamenti di documenti che deve ricevere”.
Per ora – forse complice la mobilitazione – il processo ha subìto una momentanea battuta d’arresto, a data da destinarsi. Ma pare improbabile che il trasferimento possa essere evitato, nonostante i malumori che trapelano dal Museo nazionale di arte orientale, dai vertici dell’Archivio centrale e dai rappresentanti sindacali fino a pochi giorni fa ignari del progetto. Mentre su tutto regna il silenzio della Direzione Generale per gli archivi.