La verità ama nascondersi. C’è davvero conflitto d’interessi tra Maria Elena Boschi e la brutta storia della Banca Etruria? L’attacco di Saviano è giusto, o è esagerato chiedere le dimissioni della ministra? La minoranza Pd dimostra, difendendola, la propria inconsistenza, oppure no? Ancora: è legittimo votare in un convegno politico il peggior titolo di giornale, o chi governa dovrebbe occuparsi d’altro? Sono domande che, prese singolarmente, mantengono un certo grado di problematicità. Va guardato il quadro complessivo: “il vero è l’intero”.
Urgono altre domande: che peso hanno avuto le banche inquisite (e non) nell’ascesa politica di Renzi? Quanto influisce il precedente scandalo Montepaschi nelle “cautele” dell’odierna sinistra Pd? Insomma: qualcuno crede davvero che i cittadini accettino la bufala di Saviano eroe quando lotta la camorra, e inadeguato quando parla di mafie/potentati/cordate ben incistate col potere politico? Inoltre: c’è un legame tra il leccaculismo dei giornaloni e le testate libere messe alla gogna dal potere politico?
Il quadro d’insieme è devastante: la ministra Boschi e il premier, coi rispettivi papà, si sentono potenti – e intoccabili – perché la grande stampa, viscida e cortigiana (non solo Vespa) li fa sentire tali; perché la sinistra Pd è inconsistente e codarda; perché la maggioranza degli intellettuali non vedeva l’ora di isolare (col silenzio) Roberto Saviano. Lo scandalo della Banca Romana – che evidenzia i legami tra finanza e politica – porta alle dimissioni di Giolitti (1893); emergono sospetti (poi certezze) nella gestione irregolare dell’istituto di credito. Banche e politica. Giolitti s’è dimesso, la Boschi è ancora lì. Nell’Ottocento s’era agli inizi – in Italia – del perverso intreccio. Il Premier cercò di sminuire in Parlamento la portata dello scandalo: “un oratore nato ora a quest’Assemblea si è creduto di portare qua dentro la luce invocando che il presidente del Consiglio desse la sua parola d’onore, come se il presidente del Consiglio in Italia potesse averne due parole!” Poi si dimise. Altri tempi. Altri scandali (gestione allegra della banca; irregolarità nell’emissione delle banconote). Ma non è detto che lo scandalo odierno sia meno grave: la famiglia Boschi (padre e figli) è coinvolta, se non altro per il silenzio complice rispetto al malaffare; per quell’assenza – rivelatrice d’un conflitto d’interesse – al Consiglio dei ministri che decideva il salvataggio delle banche. La Boschi deve dimettersi: il conflitto tra etica e politica ha toccato un punto delicatissimo. Attaccata alla poltrona produrrà danni: la logica politica impone che lasci. O la ministra, per caso, è più potente dello statista di Dronero? Reggerà allo scandalo? All’indignazione popolare? Al logoramento del governo? Alla crisi di coscienza che un suicidio – con le motivazione che sappiamo – può produrre: “Papà forse poteva parlare/denunciare lo scandalo delle obbligazioni subordinate vendute agli sprovveduti”. Ecco. Papà forse poteva parlare.
Invece: tutto è accaduto a sua insaputa. Immacolato. Come la figlia. Come, su un altro versante, Renzi e il papà di Renzi. Gente perbene. Sempre a messa. Timorata di Dio. Onesta. Al di sopra di ogni sospetto. Candida: il Fatto va messo all’indice, “chi strumentalizza la morte mi fa schifo”. Gente sensibile. Infatti: Renzi ha strumentalizzato tutti i morti (e i vivi) incontrati nel suo percorso politico. Benedetto Croce s’agita nella tomba: oggi darebbe ragione a Saviano. Ma lo direbbe a modo suo: “Dio ci guardi dalla cosiddetta gente perbene.”
Post scriptum. Si accusano i giornali liberi di sciacallaggio. Dal vocabolario Treccani: “Sciacallo: persona che approfitta delle altrui sventure – e delle persone indifese – per rubare”. Chi ha rubato i soldi di sventurati ignari dei pericoli delle obbligazioni subordinate?