Prendete la classifica. C’è una squadra, l’Inter, lanciatissima in vetta in solitaria: ha perso appena due partite, ha la miglior difesa (che in Italia ha spesso fatto la differenza), tanta fortuna e adesso ha cominciato anche a giocar bene. Poi ce n’è un’altra, campione in carica ma solo quinta, staccata di sei punti per un avvio di stagione travagliato, non sempre convincente (vedi Siviglia), attesa da un turno difficile contro la Fiorentina rivelazione del campionato. Avendo un centesimo da puntare sulla vittoria, a rigor di logica lo si punterebbe sulla prima. Invece per i bookmaker la favorita è la seconda, addirittura nettamente. Il perché è semplice: si chiama Juventus.
Alla vigilia della 15esima giornata, snodo forse decisivo del campionato, a guardare le quote offerte da tutti i principali portali di scommesse (da Snai, a Match Point, passando per Better e Eurobet), si sarebbe pensato ad una Juve già lanciata verso il titolo: cifre bassissime, quasi sempre intorno a 2.50. Con l’Inter lontana a 6, e il Napoli rivale generalmente più accreditata con numeri simili ai bianconeri (tranne che per Paddy Power, per cui il divario con le altre era già abissale). All’indomani dell’ultimo turno la convinzione dei bookmaker si è solo rafforzata. L’Inter ha vinto, il distacco resta di 6 punti. Ma la Juve ha battuto la Fiorentina, superato in classifica anche la Roma e adesso ha davanti due turni favorevoli contro le ultime in classifica (Carpi e Verona).
Questo per quanto riguarda numeri e quote. Il resto lo dice il campo: la Juventus è ufficialmente tornata e fa paura. Bisogna darne atto ad Allegri: aveva ragione lui. Quando i tifosi inferociti chiedevano la sua testa e lui ostentava una fiducia quasi irritante. Quando tutti davano la Juventus per spacciata e lui faceva calcoli e tabelle: “Per rimontare dobbiamo essere a meno quattro dalla vetta entro Natale”. Manca una partita alla sosta e la previsione potrebbe anche essere azzeccata. Il cammino è ancora lungo ma adesso i bianconeri sono in piena corsa. L’errore, probabilmente, è stato pensare che ne fossero usciti a un certo punto.
L’ossatura è la stessa della squadra che ha dominato la Serie A per quattro anni. La società in estate ha fatto delle scelte precise, con cessioni anche dolorose e acquisti in prospettiva. Pagare uno scotto, subire un contraccolpo era fisiologico. Ma la Juventus aveva le qualità, mentali e soprattutto tecniche, per superarlo. Il merito è essenzialmente di tre mosse: il ritorno al 3-5-2, schema più funzionale ai giocatori della rosa priva di trequartista (vista l’assenza di Pereyra e l’inadeguatezza di Hernanes, unico errore bianconero); l’esplosione di Dybala (ottava rete in campionato), che è tornato ad essere il giocatore ammirato la stagione scorsa a Palermo, ovvero una delle stelle del nostro campionato, forse presto del mondo; il rilancio di Mandzukic, bollato come bidone e invece ideale per esaltare le qualità dell’argentino (e fare gol pesanti: sette reti, sette vittorie).
Così la Juventus è rinata. Certo, manca ancora qualcosa a centrocampo. Bisognerà recuperare Morata, anche per evitare uno spinoso caso di mercato che non farebbe bene allo spogliatoio. E la classifica lascia spalle al muro i bianconeri: con un distacco di sei punti da recuperare non si può mai sbagliare, pena riscivolare all’indietro. Ma le vittorie consecutive adesso sono sei, e nel girone di ritorno Buffon e compagni giocheranno tutti gli scontri diretti (Inter, Napoli, Roma) a Torino. Anche con questa classifica, sul quinto scudetto bianconero c’è da scommetterci. Anzi no: non conviene abbastanza.