Centri d’accoglienza chiusi inaspettatamente e pedine importanti nei consigli di amministrazione delle coop. E’ quanto emerge dalle indagini che da oltre un anno stanno scandagliando l’intero sistema di gestione dei centri per migranti in provincia di Trapani. L’inchiesta viene condotta dalla Procura di Trapani, con il coordinamento del procuratore capo Marcello Viola e dei sostituti Paolo Di Sciuva, Sara Morri ed Andrea Tarondo. Il campo è ampio, a partire dai dati che riguardano don Sergio Librizzi, recentemente condannato per abusi sessuali nell’ambito della Commissione per il riconoscimento dello status di richiedente asilo.

Dalle indagini che hanno portato al suo arresto è emerso che il prelato gestiva in maniera occulta la cooperativa Badiagrande (attuale gestore del Cie di Milo, di un Centro di accoglienza straordinaria e progetti Sprar per la protezione di richiedenti asilo) riuscendo persino a conoscere in anticipo l’arrivo delle «visite ispettive». E’ da questi riscontri che gli investigatori hanno aperto il nuovo fascicolo di indagine che si è avvalso di un contributo interforze (Squadra Mobile, Corpo Forestale, Guardia di Finanza e Carabinieri) impegnato nella radiografia della gestione trapanese dei centri d’accoglienza per migranti.

A Salemi poco prima dell’estate è stato chiuso un centro affidato alla Corf, una cooperativa intestata a Leonarda Ardagna, a causa di un’interdittiva antimafia. La donna è la compagna di Fabrizio Gucciardi, ex consigliere comunale di Salemi. Il suo nome saltò fuori dell’operazione Salus Iniqua che nel 2011 stravolse il paesino trapanese, colpendo Pino Giammarinaro e parte dell’amministrazione guidata da Vittorio Sgarbi, portando il comune al commissariamento. Gucciardi discuteva di pale eoliche e fu lui – secondo il fotografo Oliviero Toscani – a etichettare come «roba loro» il finanziamento di un «progetto sulla condizione femminile».

Nella medesima indagine spiccava il nome di Antonina Grillo, all’epoca assessore nella giunta salemitana. Anche di lei parlò Toscani: «Gli ho detto, Grillo in fondo anche tu sei una pedina di Giammarinaro, non ti rendi conto, siete tutti così coinvolti in questo sistema, che a chi pensa di non essere un suo servo, lo è». La Grillo dal marzo 2014 è presidente dell’associazione Terraferma, gestore di un centro da 40 posti assegnato senza gara dal prefetto Lepoldo Falco che a Salemi aveva ricoperto la carica di Commissario straordinario in seguito allo scioglimento del comune. Falco, sin dalla scorsa estate, ha denunciato «l’interessamento di alcuni soggetti alla concessione di centri di accoglienza, individuati come prestanome di mafiosi e respinti».

Altro caso è quello di Lorenzo La Rocca, presidente della cooperativa Letizia che fino a poco tempo fa gestiva due centri a Castellammare del Golfo: uno in contrada Balata di Baida e un altro all’interno dell’Ipab Vittorio Emanuele. La coop nel 2005 finì al centro di un’inchiesta per turbativa d’asta su Onorfrio Fratello (detto Norino) ex deputato regionale Udc all’epoca consigliere comunale ad Alcamo. La Letizia – assegnataria di affidamenti dalle amministrazioni locali – secondo gli investigatori era «nelle disponibilità di Onofrio Fratello». Il politico nel 2005 fu coinvolto nell’operazione Peronospera e dopo le confessioni del collaboratore di giustizia Mariano Concetto, patteggiò una condanna a diciotto mesi di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Fratello ammise «il costante contatto con i vertici della cosca mafiosa di Marsala, nella persona del reggente Natale Bonafede, nonché con altri esponenti di spicco di Cosa nostra». All’epoca le amministrazioni locali rescissero i contratti con la Letizia e con la cooperativa Dimensione Uomo 2000, anch’essa convenzionata per la gestione di due centri per migranti. La vicenda in pochi anni venne silenziata e quando nel 2011 alcuni politici risollevarono i dubbi sulla cooperativa, Lorenzo La Rocca intervenne con una lettera ai giornali per smentire qualsiasi legame mafioso della coop.

Lo scorso anno il Movimento 5 Stelle riaprì la vicenda, denunciando la presenza di Fratello nei due centri gestiti dalla Letizia e i rapporti con l’allora commissario dell’Ipab, Francesca De Luca. Adesso Lorenzo La Rocca, in seguito agli esiti di una perquisizione a carico di Onofrio Fratello, ha scelto di collaborare con le forze dell’ordine. I carabinieri, negli uffici del politico di via Padre Pino Puglisi ad Alcamo, hanno trovato una corposa documentazione della cooperativa Letizia, che ha sede a Marsala in corso Gramsci. Il 14 settembre La Rocca ha deciso di rispondere, addebitando a Onofrio Fratello la gestione finanziaria della cooperativa.

L’uomo avrebbe riferito di essere stato un mero prestanome per oltre dieci anni. Ma non solo. Da quel giorno La Rocca ha reso numerosi interrogatori, entrando nei dettagli della coop Letizia per oltre 40 ore, tra prelievi indebiti e forniture che tirano in ballo Fratello. Il capitolo più ghiotto sarebbe quello delle assunzioni. Sul punto vige il massimo riserbo, ma tra gli 80 soci-lavoratori in molti hanno strette parentele con persone condannate per mafia e rappresentanti politici locali.

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