Atleti falsi, società create ad hoc, corse truccate con partecipanti fittizi e vincitori decisi a tavolino. Tutto per spartirsi la torta dei contributi pubblici (decine di migliaia di euro) per le gare di atletica leggera in Basilicata. Un sistema di truffa che è andato avanti per anni, prima di essere scoperto dalle forze dell’ordine, che hanno denunciato 23 persone a Matera, portando alle dimissioni immediate del presidente del comitato regionale della Fidal (Federazione Italiana di Atletica Leggera), Emanuele Vizziello.
Secondo la Questura del capoluogo lucano, quella che ha operato nel triennio fra il 2008 e il 2010 era una vera e propria “associazione a delinquere”. La Regione, infatti, aveva istituito un fondo di incentivazione alle attività sportive, con cui finanziare le gare e premiare le società e gli atleti migliori. Qualcuno, però, ha pensato di lucrarci su: all’improvviso si sono moltiplicate corse e società per prendere sempre più finanziamenti. Non solo: i membri della banda avevano escogitato un sistema per speculare anche sulle singole corse. In particolare le maratone, dove il numero di partecipanti è più alto e quindi difficilmente controllabile. Alla partenza venivano iscritti atleti inesistenti: per gonfiare i numeri (e i finanziamenti), alle trasferte partecipavano anche familiari, amici, semplici conoscenti che magari in vita loro non avevano mai corso un metro. “Corridori fantasma”: come il nome dell’inchiesta (ribattezzata “Ghost runner”).
Dall’indagine emerge un attività truffaldina “stabile, duratura e ben strutturata”. Nei primi anni, i promotori della associazione a delinquere, approfittando della propria posizione privilegiata (l’uno presidente, l’altro segretario del comitato regionale della Fidal), compilavano documenti falsi e creavano società fittizie con atleti inesistenti, da utilizzare per la richiesta di contributi alla Regione, vittima della truffa. Il fondo d’incentivo prevedeva anche dei bonus ai primi classificati, con un tetto massimo di erogazione. Anche per questo era stato trovato il trucco giusto: gli atleti più forti correvano sotto falso nome, sfruttando le larghe maglie della procedura di identificazione, per cumulare i premi senza problemi. Così l’associazione avrebbe incassato circa 65mila euro di contributi pubblici per cinque anni consecutivi, secondo quanto riportato dal quotidiano locale Sassilive.it.
La polizia, però, si è attivata di fronte al proliferare di corse e società sempre più sospette. E anche grazie alla denuncia di un atleta marocchino ha fatto scattare le indagini, fino all’operazione di lunedì 14 dicembre con tanto di perquisizioni e denunce. I 23 indagati dovranno rispondere delle accuse di associazione per delinquere finalizzata alla sostituzione di persona, falso ideologico e falso materiale, truffa e frode sportiva. Il presidente della Fidal Basilicata, Emanuele Vizziello, si è già dimesso.
E l’inchiesta potrebbe presto allargarsi a macchia d’olio: “Questa operazione – ha dichiarato Luisa Fasano, della Questura di Matera– rappresenta una sorta di vaso di Pandora, perché probabilmente consentirà ad altre Questure di accertare reati simili in altre regioni”. L’atletica leggera italiana rischia di essere travolta da un altro scandalo: dopo i vertici (coinvolti nel caso antidoping), anche la base.