Sarebbe stupido liquidare la debacle elettorale del Front National al secondo turno delle elezioni regionali in Francia, ultimo appuntamento prima delle presidenziali del 2017, come un pericolo scampato. L’ascesa dei frontisti non può ormai essere considerata un fatto episodico e senza fondamento. Se la lettura della sconfitta di Marine Le Pen è quella di una vittoria rubata ai compatrioti dai mondialisti, ormai vergognosamente privi di colore politico, è chiaro che il suo intento è quello di accreditare il Front come unica autentica forza di opposizione in Francia. L’ostacolo più grande che si frappone tra i frontisti e le loro “ambizioni immense” che puntano dritte all’Eliseo, infatti, è costituito paradossalmente proprio dai Repubblicani di Sarkozy.
Aprendo le brevi clip registrate durante le ultime campagne elettorali del Front National le parole più comunemente utilizzate sono identità, patria, sicurezza, cambiamento e tolleranza zero. I flussi migratori vengono paragonati a valanghe che starebbero inghiottendo la Francia. Non è certo un caso che la signora Le Pen abbia stabilito la propria roccaforte nella regione del Nord-Pas de Calais-Picardie, dove pure non ha trionfato.
Dai video, che trovano spesso ambientazione in paesaggi rurali a testimonianza della vocazione agricola di molti territori francesi e che rendono chiaro quale sia il milieu di riferimento della propaganda dei frontisti, emerge come quella Francia valorosa e incontaminata stia solo tentando di preservare se stessa anche a scapito di sacrificare la libertà di circolazione, perché no? Le crociate imbracciate contro l’Europa e Schengen lo dimostrano bene, proprio mentre la signora tiene stretto il suo scranno a Bruxelles.
C’è poi un’altra minaccia che viene brandita dalla signora come un temibile grimaldello per conquistare la fiducia del popolo francese e cioè, come sostiene a più riprese, quella di perdere la propria identità dentro a una massa indistinta e senza confini, qualora non si ricorra ai rimedi che solo il Front potrebbe porre. Eccola agitare lo spettro della temutissima globalizzazione, offrire il suo generoso sguardo ai dimenticati e a coloro che avrebbero bisogno di maggiore protezione. A suo dire “la Francia meriterebbe più di questi politici che intendono portarla verso la sparizione all’interno di un magma mondialista, europeista, senza frontiere e senz’anima!” Le soluzioni fin troppo semplici sarebbero protezionismo, chiusura dei confini e tutto il resto fuori, compresi criminali, clandestini e popolazioni nomadi.. Facile no?
L’elettorato più sensibile a questa propaganda è caratterizzato da un’età media avanzata e da un parziale isolamento, spesso dovuto all’appartenenza a piccole realtà. Non è un caso che il Fronte abbia bisogno di una nuova classe dirigente di giovani impegnati che rappresentino soprattutto la speranza. Ciò suona molto gradevole se viene dalla bocca della nipote di Marine, la bella Marion. Una generazione impegnata la sua. Impegnata a far tornare la Francia a prosperare a seguito del fronte di famiglia. Il cognome da scrivere sulla scheda è sempre lo stesso. Non potrebbe essere più semplice, siete d’accordo?
Dopo il parricidio politico perpetrato da Marine, il Front ha profuso enormi sforzi per accreditarsi come potenziale forza di governo. Tentativo che sembra parzialmente abortito a causa del risultato finale di questa tornata elettorale. Eppure è adesso più che mai che occorre non abbassare la guardia. C’è qualcosa di profondamente inquietante nelle idee che animano i frontisti francesi. Concetti pericolosi che in Europa dovremmo conoscere.
In effetti, quelle forme di rappresentanza in cui si riconosceva la maggioranza dei cittadini delle nostre democrazie hanno progressivamente perso terreno fino quasi a svuotarsi. Laddove i più restano esclusi c’è qualcuno che è pronto ad acchiapparli, lucrando sulla loro disperazione e traendo forza dalla loro riluttanza nei confronti di quei processi che li hanno progressivamente emarginati. Ecco a chi è rivolto il discorso sui dimenticati che, come ha scritto qualcuno, avrebbe permesso ai lepenisti di conquistare il quarto stato.
Quel quarto stato che in Italia concorre a formare il popolo degli astenuti e che in Francia, invece, il Front è impegnato a unire. Quel quarto stato che vede nell’Europa uno spazio in cui i popoli perderebbero la loro sovranità senza gli adeguati contrappesi democratici che gli consentirebbero di riappropriarsene, un costrutto manovrato da finanzieri e banchieri che perpetrerebbero i loro interessi a danno di quelli dei popoli, un covo di burocrati che metterebbero le cifre prima delle persone.
E’ per questo che la partita cruciale per evitare i “cammini inarrestabli” di partiti populisti e xenofobi sul modello Le Pen, si giocherà all’interno dell’intero spazio politico europeo e non dei singoli perimetri nazionali. E’ per questo che è necessario che l’Europa superi se stessa diventando un’autentica unione politica capace di dare risposte agli esclusi e agli emarginati dalla globalizzazione, conferendogli opportunità che oggi non posseggono.
Si tratta di una sfida ambiziosa, ma è qui che si gioca il futuro dell’Europa e delle nostre democrazie. Occorre che tutti lo comprendano.