Una storia d'inspiegabile violenza, di persone “pestate a sangue” e “rinchiuse in cella senza alcuna ragione giuridica”, come l'ha definita il pm marsalese Antonella Trainito, e che si è conclusa con una condanna di primo grado per i quattro militari denunciati dalla vittima
Lo avevano fermato in una notte d’estate mentre era alla guida dopo un paio di bicchieri di vino: lo avevano quindi portato in caserma per sottoporlo all’alcoltest d’ordinanza. Quello che doveva essere solo un semplice controllo, però, si è presto trasformato in un inferno per Vito Sammartano, quarantenne di Marsala picchiato senza motivo da quattro carabinieri di Pantelleria, l’isola in provincia di Trapani dove si trovava in vacanza. Una storia d’inspiegabile violenza, di persone “pestate a sangue” e “rinchiuse in cella senza alcuna ragione giuridica”, come l’ha definita il pm marsalese Antonella Trainito, e che si è conclusa con una condanna di primo grado per i quattro militari denunciati dallo stesso Sammartano.
Una sentenza quasi storica quella emessa dal tribunale di Marsala, che ha infatti riconosciuto come veritiero il racconto del quarantenne siciliano, vittima di un pestaggio a suon di schiaffi e pugni: alla fine, dopo una prognosi di tre mesi, Sammartano ha deciso di denunciare i quattro carabinieri. Tutto comincia il 10 luglio del 2011, è una notte d’estate come tante altre a Pantelleria, e Sammartano guida la sua Fiat Campagnola per le strade dell’isola, tra le coltivazioni di capperi e i vigneti che producono uve per il passito. Sulla strada c’è un posto di blocco, l’uomo si ferma allo stop, e i carabinieri lo sottopongono al precursore, il test preventivo per capire se il guidatore ha bevuto o meno alcolici: l’esito è positivo, e il gruppo si sposta quindi in caserma per procedere all’alcoltest. È in quel momento che, senza una ragione specifica, scoppia l’inferno.
“Erano più o meno le 4 del mattino e dopo l’alcoltest, a cui sono risultato positivo, seppur di poco, sono stato massacrato di botte”, ha raccontato Sammartano, che quella notte verrà anche rinchiuso nella cella di sicurezza all’interno della caserma. Ne uscirà solo la mattina dopo ed è per questo motivo che tra i reati contestati ai quattro militari dal tribunale di Marsala c’è anche il sequestro di persona, oltre alle violenze e alle lesioni. La corte presieduta dal giudice Sergio Gulotta ha inflitto quattro anni e mezzo di carcere al maresciallo Claudio Milito, e pene che vanno dai tre anni e dieci mesi a un anno e sei mesi ai carabinieri Luca Salerno, Lorenzo Bellanova e Rocco De Santis. I quattro militari condannati sono stati interdetti dai pubblici uffici per un periodo che va dall’anno e mezzo ai cinque anni. Assolti invece gli altri tre carabinieri portati alla sbarra dall’accusa: Stefano Ferrante, il maresciallo Giuseppe Liccardi e capitano Dario Solito, che rispondeva solo di omessa denuncia.
“Credo che questa sentenza, seppur solo di primo grado, abbia restituito giustizia al mio cliente, e sia un esempio di come giustizia avrebbero potuto averla anche Stefano Cucchi e Giuseppe Uva, che purtroppo non sono più qui per poter raccontare le violenze subite da alcuni infedeli servitori dello Stato”, commenta l’avvocato Gaetano Di Bartolo, legale di Sammartano. Che non sarebbe l’unico caso di violenza andato in onda a Pantelleria. Le indagini della guardia di Finanza di Marsala, coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa, hanno infatti portato allo scoperto un clima diffuso di abusi e pestaggi dalle parti della caserma dei carabinieri di Pantelleria. È per questo motivo che tra le parti lese individuate dal decreto di rinvio a giudizio, ci sono altre cinque persone: sono tutti abitanti dell’isola di Pantelleria, hanno confermato agli inquirenti una serie di episodi di violenza gratuita, evitando però di sporgere denuncia e di costituirsi parte civile.