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Russia, un partner indispensabile

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Sulla Russia, questo immenso Paese situato nella parte settentrionale dell’Eurasia, sono fioriti nel corso dei secoli miti positivi e negativi. Tra i primi voglio ricordare l’alone leggendario che lo circondò a partire dalla rivoluzione sovietica, presagio di una nuova era poi solo in parte realizzata. Un alone rimasto fino a tempi relativamente recenti. Ricordo, nel 1968, la finale per il terzo e quarto posto dei campionati europei di calcio allo Stadio Olimpico. I tifosi della Roma, allora ancora quasi esclusivamente di sinistra, avevano arrotolato le bandiere giallorosse lasciando fuori solo il rosso e gridavano : “Russia, Russia” non senza lanciare occhiate minacciose a qualche sparuto tifoso britannico avvolto nell’Union Jack. O ancora, l’indiscutibile ruolo di maggiore protagonista della lotta contro il nazismo. I miti negativi sono invece prevalentemente basati sulla natura generalmente “autoritaria” dello Stato da quelle parti, senza soluzione di continuità, o forse con qualche breve intervallo ai tempi delle prime Repubbliche sovietiche, dagli Zar a Stalin a Putin.

Personalmente non ho mai mancato di criticare taluni aspetti dell’attuale regime, facendo riferimento a casi noti come quello delle Pussy Riots o quello di Greenpeace, come pure ho salutato con un entusiasmo perfino eccessivo il crollo dei muri fra Est e Ovest, muri purtroppo risorti a bizzeffe fra Nord e Sud. Al tempo stesso, però, ho sottolineato alcuni aspetti di indubbia follia delle attuali strategie della Nato volte all’accerchiamento della Russia, culminate nei moti ucraini che hanno portato all’insediamento di un governo composito e instabile, condizionato da Stati Uniti ed oligarchi locali, sostenuto da giovani ma anche da forze fasciste, alla messa fuori legge del partito comunista locale e a numerose violazioni dei diritti umani e alla negazione di quelli della grande minoranza russofona. Con le prevedibili conseguenze concernenti lo scoppio della guerra civile nelle zone orientali dell’Ucraina e la proclamazione dell’indipendenza da parte della Crimea.

Come sottolineano taluni dei più avvertiti esponenti dell’establishment statunitense, come il Wilson Center, il tentativo di riesumare la guerra fredda, che trova limitati echi nei settori più retrivi e ossificati dell’opinione pubblica occidentale, ma potrebbe ricevere input addirittura catastrofici dall’ascesa al potere di un personaggio come Donald Trump, potrebbe condurci solo nella direzione di una nuova corsa agli armamenti, se non a una nuova guerra mondiale. Eventualità non del tutto remota, sia per le vicende ucraine che per quelle medio-orientali, dove un ruolo eccezionalmente negativo e pernicioso sta venendo svolto dal regime tirannico e genocida di Erdogan, con le sue intollerabili provocazioni, dall’abbattimento del Sukhoi impegnato nella guerra contro l’Isis agli sconfinamenti in Iraq, al continuo massacro dei curdi.

Per evitare esiti di questo genere occorre un approccio non ideologico, particolarmente adatto per un Paese come il nostro che intrattiene, fra l’altro, con la Russia, importanti rapporti commerciali e di altro genere. Renzi e i governi non allineati sul piano internazionale, che auspicabilmente gli succederanno quanto prima, dovrebbero dissociarsi con fermezza dalle provocazioni contro la Russia, cercando un dialogo per la soluzione dei problemi comuni che oggi è possibile. In certa misura questo è già fortunatamente avvenuto con la decisione del governo, silenziata dalla stampa, di pronunciarsi contro le sanzioni economiche antirusse, ma certamente non basta. Per tutti questi motivi e altri ancora ho trovato particolarmente indovinata e opportuna l’iniziativa promossa qualche settimana fa al Cnr dal mio valoroso collega Gianfranco Tamburelli. A valide iniziative come questa, promosse dal mondo della ricerca, dovrebbero fare eco quelle del mondo politico, anche per il momento la scarsa qualità di personaggi scialbi come Gentiloni (quantum mutatus ab illo che conobbi quaranta e più anni fa al liceo Tasso, dove peraltro il caro Paolo era stalinista fino al midollo, io invece ero un giovane trotskoide oggetto degli slogan sul famoso piccone) e Mogherini non lascia certo ben sperare. Molto maggiore in tema appare la sensibilità del Movimento Cinque Stelle che si candida al governo del Paese.

Certo è che senza la partecipazione della Russia, che grazie a Putin (nonostante tutte le riserve che si possono fare sul suo regime e che personalmente continuerò a fare), ha ritrovato un proficuo e indiscutibile protagonismo internazionale, non è possibile oggi affrontare in modo utile i grandi problemi del mondo contemporaneo. Peggio ancora, la demenziale illusione di isolare e combattere il grande Paese, che ancora alberga nel cranio di qualche deleterio buontempone. A parte Putin, sono il popolo russo e i popoli sovietici nel loro complesso a svolgere oggi una grande riflessione di massa sulla loro storia che in fondo e, per molti aspetti, anche la nostra.