“Hasta aquí hemos llegado” tuona Mariano Rajoy a metà del faccia a faccia più atteso in questa campagna elettorale spagnola. Come a dire “quel che è troppo è troppo”. Il presidente del governo non esce di scena, come da reality, ma risponde adirato al durissimo tono di Pedro Sánchez, leader dei socialisti, che lo incalza in diretta tv: “Lei è un persona indecente”, lo accusa in merito alla vicende di corruzione del partito popolare, pretendendo mandare il nemico ko. E il candidato del PP risponde dandogli del “vile, meschino e spregevole”. Il dibattito, cominciato bene, si riduce a un duello di insulti. Proprio quando non erano necessari colpi bassi, e Sánchez sembrava dominare la scena.
I due candidati si sono fronteggiati ieri sera nell’unico faccia a faccia organizzato in diretta tv con l’intenzione di mostrarsi come l’unica opzione possibile di governo, contro i partiti emergenti di Podemos e Ciudadanos. Sánchez con la cravatta rossa, Rajoy con quella blu, attorno ad un tavolo moderato dal giornalista Manuel Campo Vidal, parlano dei loro programmi. O meglio tentano di farlo. Rajoy si fa scudo coi dati della sua gestione economica e con la critica all’era socialista del governo Zapatero. Sánchez invece lo accusa di corruzione e insensibilità verso i cittadini, oltre che dei tagli su welfare e diritti civili.
Poi gli insulti personali. “Se lei vincerà il costo della democrazia sarà enorme perché il presidente deve essere una persona decente e lei non lo è”, dice il socialista. “La sua frase è vile, no l’accetto, è stato meschino, spregevole e miserabile”, risponde il popolare. Sánchez parlava dei casi di corruzione della legislatura, la cassa B del PP, gli sms di supporto all’ex tesoriere Bárcenas. “Avrebbe dovuto dimettersi”, attacca il candidato del Psoe. E Rajoy: “Avrebbe dovuto presentare una mozione di sfiducia. Io sono un uomo d’onore, pulito”.
La prima parte del duello tv era stata alquanto pacata: Rajoy spiegava di essere arrivato al governo di una Spagna “a rischio bancarotta”, “la malata d’Europa” che oggi “ha superato gli squilibri e cresce più degli altri Stati europei“. Per il socialista, invece, il bilancio di questi ultimi quattro anno corrisponde a più tasse, meno diritti e un’emigrazione giovanile sempre più alta. Rajoy ha promesso di “creare due milioni di posti di lavoro” e Sánchez lo ha accusato di creare lavoro precario.
Poi arriva la parola “rescate“. La Spagna ha o non ha avuto un piano di salvataggio? chiede più volte il leader del Psoe al presidente del governo. Nel minuto finale Sánchez parla di un cambiamento perché “il Psoe è l’unica alternativa”. Rajoy parla di “stabilità, sicurezza e certezza“. Il dibattito si è però già perso dietro accuse e offese. Dietro le quinte Pablo Iglesias e Albert Rivera seguono i due leader. “Un faccia a faccia in bianco e nero. Sembra di guardare un dibattito del 1993”, è il commento a caldo del leader di Podemos. “Non si governa un Paese col fango o con le scariche elettriche”, aggiunge il candidato di Ciudadanos. Poi i due concordano: “Sarà l’ultimo dibattito del bipartitismo”. Frattanto il moderatore chiude la diretta: “Buonanotte Spagna. Buonanotte Europa. Buonanotte America”.
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