La Cassazione ha accolto le richieste del procuratore generale Nello Rossi, secondo cui il 31enne morto nell’ottobre del 2009 all’ospedale Pertini di Roma, a una settimana dal suo arresto, fu picchiato senza “alcun dubbio di natura oggettiva”. La sorella Ilaria: "Adesso gli agenti parlino e dicano tutto quello che sanno. L'aria è cambiata, mi sento in sintonia con i magistrati"
Cinque medici saranno nuovamente processati per omicidio colposo per la morte di Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre 2009 e deceduto dopo una settimana dopo all’ospedale Pertini di Roma. La Cassazione ha infatti annullato la loro assoluzione, disponendo un appello-bis. Definitivamente assolti invece tre agenti della polizia penitenziaria, tre infermieri del Pertini e un sesto medico. In pratica i giudici della V Sezione penale della suprema corte, chiamati a decidere se convalidare la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma del 31 ottobre 2014, hanno accolto le richieste fatte dal procuratore generale Nello Rossi in sede di requisitoria. Secondo Rossi, Cucchi fu picchiato, senza “alcun dubbio di natura oggettiva”.
Nella requisitoria, nella quale si è ricordata l’apertura dell’inchiesta bis che coinvolge cinque militari dell’Arma carabinieri, la pubblica accusa ha parlato di “molti elementi che ci fanno capire che c’è stata una azione violenta prima dell’ingresso nei sotterranei di piazzale Clodio” e che occorre “andare a ricercare altrove la verità”. Rossi aveva auspicato che “i nuovi accertamenti” disposti dalla Procura di Roma – che venerdì scorso, a distanza di sei anni dai fatti, ha fatto richiesta di incidente probatorio nei confronti di alcuni carabinieri – possano “fare luce sui tanti punti oscuri della vicenda”.
La sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, ha commentato il verdetto parlando di “un nuovo inizio”: “I medici sono responsabili della morte di mio fratello, se lo avessero curato non ci sarebbe alcun motivo di parlare di lui e della sua vicenda”. E ha aggiunto: “Mi auguro che adesso, dopo il verdetto della Cassazione, gli agenti della polizia penitenziaria parlino di quello che è avvenuto a mio fratello e dicano tutto quello che sanno”. Anche perché ora, ha detto, “si respira un’aria completamente diversa rispetto a quando sei anni fa mi mandarono il certificato dell’autopsia di mio fratello: adesso vedo che la Procura ha voglia di fare chiarezza e mi sento finalmente in sintonia con i magistrati”. L’avvocato Fabio Anselmo, difensore dei familiari di Cucchi, ha affermato: “Se i medici avessero fatto anche solo una briciola del loro dovere, Stefano sarebbe vivo. Per questo accogliamo con grande soddisfazione la decisione della Cassazione. Per una scelta di coscienza, seppure con rammarico, abbiamo abbandonato il ricorso contro le assoluzioni dei tre agenti della polizia penitenziaria. Adesso però aspettiamo al processo i carabinieri che hanno compiuto il pestaggio di Stefano e per loro l’accusa sarà di omicidio e non di lesioni”.
Il 31 ottobre del 2014 la corte d’Appello di Roma aveva assolto tutti gli imputati con la formula prevista dal secondo comma dell’articolo 530 “ovvero quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile”.
Il processo è stato difficile e il fascicolo contiene decine di consulenze, una maxi-perizia e le dichiarazioni di quasi 150 testimoni. Per gli inquirenti il geometra romano fu pestato nelle camere di sicurezza del tribunale capitolino, dove si trovava in attesa dell’udienza di convalida del suo arresto per droga. E in ospedale furono ignorate le sue richieste di avere farmaci e fu abbandonato e lasciato morire di fame e sete. In primo grado, i giudici arrivarono a una conclusione diversa da quella prospettata dalla pubblica accusa. Per la III corte d’Assise, infatti, in sostanza Cucchi non fu picchiato, ma morì in ospedale per malnutrizione e l’attività dei medici fu segnata da trascuratezza e sciatteria. Ecco perché decisero che gli unici colpevoli fossero i medici e mandarono assolti infermieri e agenti penitenziari. Subito dopo, si era registrato il maxi-risarcimento alla famiglia da parte dell’ospedale; e, a fine settembre era iniziato il processo d’appello con le assoluzioni per tutti. Ma ora il giudizio per i medici dovrà essere ripetuto.
La corte d’Assise d’Appello di Roma dovrà riesaminare, solo per l’accusa di omicidio colposo, la responsabilità del primario del reparto protetto del Pertini Aldo Fierro e quella dei medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo. È definitiva, invece, l’assoluzione della dottoressa Rosita Caponetti. La Suprema corte inoltre ha confermato le assoluzioni di tre infermieri e di tre agenti della penitenziaria e preso atto del ritiro di un ricorso della parte civile. “Ci dispiace per la morte di Stefano Cucchi, per i medici. Finalmente ci è stata ridata la dignità. Ci sono stati tolti sei anni di vita. Anni che nessuno me ridarà più”, dice Domenico Pepe, uno degli infermieri assolti definitivamente. Intanto la nuova inchiesta, che vede indagati cinque carabinieri tre per lesioni aggravate e due per falsa testimonianza, procede.