Sei studenti di un collegio universitario vicino a Kairouan sono stati arrestati e condannati per “comportamento omosessuale” alla pena di 3 anni di carcere con una pena aggiuntiva di 5 anni di divieto di soggiorno in città, considerata santa, capitale religiosa della Tunisia. La notizia ha fatto il giro dei media non solo in Maghreb, per la inusitata pesantezza della pena in un Paese relativamente liberale come la Tunisia.

I 6 sono stati arrestati a fine novembre, dopo essere stati denunciati da qualcuno, forse un compagno di collegio. La condanna è stata emessa dal tribunale il 10 dicembre, giornata dei diritti umani in cui si festeggiava il Nobel della pace alle 4 principali organizzazioni della società civile tunisina. Secondo le scarne notizie, diffuse inizialmente solo da un anonimo gay sul sito della associazione Shams (“per la depenalizzazione dell’omosessualità”) i ragazzi sarebbero stati anche sottoposti ai test anali, una pratica considerata degradante e ascientifica da tutte le organizzazioni per i diritti umani.

Un analogo test anale era stato praticato, suscitando molte polemiche, nel precedente caso mediatico di Marwen, uno studente 22enne arrestato nel settembre scorso ad Hammam Sousse e condannato in primo grado a un anno di prigione per sodomia. Una vicenda grottesca, emersa mentre si indagava su un fatto di cronaca nera: Marwen era completamene estraneo, ma imprudentemente aveva detto alla polizia di aver avuto rapporti omosessuali.

Questi casi avvengono dopo che a primavera era stata ufficializzata la nascita della associazione Shams per la abrogazione dell’articolo 230 del codice penale, quello che sanziona l’omosessualità. Alcuni dei suoi attivisti e portavoce, tutti giovani sotto i 30 anni, si sono presentati ai media. E per lo più ne hanno ricavato rotture da parte della famiglia d’origine e minacce da integralisti islamici. Il vicepresidente della associazione Hedi Sahly si è trovato una sua maglietta sporcata di sangue (sottrattagli non si sa come) gettata come avvertimento in giardino e se n’è andato in Francia. Gli abbiamo chiesto se non era sufficiente la protezione della polizia: “La polizia non mi ha voluto dare una scorta” ha risposto. Un altro attivista, Bayram Tounsi, dice a ilfattoquotidiano.it: “La polizia non protegge gli omosessuali. Volevamo fare un sit-in davanti al Parlamento, ce lo hanno proibito in modo sprezzante, al commissariato del Bardo ci hanno detto che non hanno ‘tempo da perdere coi froci‘”. Eppure il lancio della associazione Shams, prima dell’estate, era stato salutato con un apparente sostegno da parte di alcuni politici del Paese. Il ministro della Giustizia Mohamed Salah Ben Aissa per esempio si era detto favorevole all’abrogazione dell’articolo 230. Ma poche settimane dopo era stato rimosso.

L’avvocata di Marwen, Fadoua Braham, dichiara a ilfatto.it: “Sono riuscita a far scarcerare il ragazzo condannato a un anno e sono ottimista per il processo d’appello che si celebra questa settimana a Sousse, davanti a una corte più evoluta”. Anche i 6 ragazzi condannati a Kairouan avranno un appello a Sousse. Il problema è che potrebbero essere assolti o scarcerati solo negando di aver commesso atti omosessuali, perché l’articolo 230 non può essere abrogato da un tribunale.

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