Ragazzi e ragazze “difficili” sarebbero stati maltrattati e sequestrati dai responsabili, costretti a “tagliare la legna per molte ore all’aperto” e a non dormire la notte, a subire ingiurie e percosse e ad assumere farmaci “con effetto soporifero”. Tra le persone a giudizio anche la responsabile suor Rosalina Ravasio
Nella comunità di recupero “Shalom” di Palazzolo sull’Oglio, nel bresciano, erano stati mandati per risolvere i “problemi comportamentali” e le dipendenze da sostanze stupefacenti. Ma quei ragazzi e quelle ragazze “difficili” sarebbero stati maltrattati e sequestrati dai responsabili, costretti a “tagliare la legna per molte ore all’aperto” e a non dormire la notte, a subire ingiurie e percosse e ad assumere farmaci “con effetto soporifero”. Per questo finiranno a processo 42 operatori di una delle più grandi comunità di recupero del nord Italia, tra cui la responsabile suor Rosalina Ravasio, per maltrattamenti e sequestro di persona nei confronti di 36 ospiti (nessuno dei quali si è costituito parte civile). Il gip di Brescia ha disposto il rinvio a giudizio di tutti gli indagati, come richiesto dai pm Leonardo Lesti e Francesco Piantoni, e il processo inzierà il 5 maggio.
L’inchiesta avrebbe inizialmente coinvolto – come riportato il 15 ottobre 2014 dall’edizione locale del Corriere della Sera – anche l’attuale procuratore capo di Brescia Tommaso Buonanno (allora procuratore di Lecco), un cui parente era ospite della comunità e figura tra le persone offese nel procedimento. La posizione del procuratore Buonanno, che sarebbe stato anche membro del comitato etico della comunità Shalom, è stata archiviata su richiesta della Procura di Brescia prima della nomina del magistrato a capo del medesimo ufficio. In seguito alla pubblicazione della notizia – come raccontato da ilfattoquotidiano.it – il procuratore Buonanno ha emesso una circolare interna che vietava i colloqui tra i pm e i giornalisti, e i cronisti giudiziari di Corsera, Bresciaoggi e Giornale di Brescia hanno ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Venezia (competente per i reati commessi contro i magistrati bresciani) che ora li indaga per diffamazione.
Le indagini sulla comunità Shalom, condotte dal capitano dei carabinieri Pietro D’Imperio (allora comandante del nucleo investigativo di Brescia, in seguito trasferito ad altro incarico), hanno evidenziato maltrattamenti nei confronti degli ospiti, che sarebbero stati costretti in alcuni casi a “lavorare di notte senza dormire”, a “mangiare solo pane e stracchino”, a “restare svegli per più notti consecutive” e in almeno un caso a “rimanere isolati dagli altri ospiti della struttura per tre mesi consecutivi”. Gli imputati hanno sempre respinto le accuse di maltrattamenti, e i loro legali hanno sottolineato in più occasioni che le denunce sarebbero state formulate nella maggior parte dei casi da persone “con gravi problemi psichiatrici”.
La comunità Shalom, che figura tra le strutture non accreditate dall’Asl di Brescia, è una delle più grandi del nord Italia e ospita più di 350 ragazzi e ragazze con problemi diversi quali “dipendenza dall’uso del computer”, “problemi comportamentali”, tossicodipendenza e alcolismo, depressione, “problemi psichiatrici” e “irrequietezza adolescenziale”. Nelle sue sedi (tra cui quella bergamasca di Villa d’Adda, dove gli ospiti “giocano” su una collina di scorie di fonderia, come accertato dai periti del gip di Bergamo nel procedimento contro l’imprenditore Pierluca Locatelli) si pratica la “cristoterapia”, un percorso di recupero basato sulla preghiera e il lavoro manuale.
“A capo del comitato etico della comunità Shalom – spiega a ilfattoquotidiano.it il legale della comunità, l’avvocato Giovanni Migliorati – ci sono i vescovi di Brescia e di Bergamo: questa è praticamente la comunità delle Diocesi. Il comitato etico (mai coinvolto nelle indagini, ndr) è formato da personaggi importanti: magistrati, ex giudici, tutte persone di una certa levatura che hanno competenze specifiche, e controllano che all’interno della comunità tutto si svolga secondo le regole”. Tra i magistrati che hanno fatto parte del comitato etico della comunità figurano – oltre al procuratore capo di Brescia, Buonanno – l’ex presidente della Corte d’Appello di Milano, Giuseppe Grechi, presidente dell’organismo di vigilanza di Finmeccanica già delegato del presidente Formigoni alla trasparenza nella giunta regionale della Lombardia. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto alla comunità Shalom l’elenco completo dei componenti del comitato etico, ma non ha ricevuto risposta.