Non ci sono gli elementi per dire che c'è stata una scoperta: prima di arrivare a questo ci vorranno ancora mesi di ricerche e molti altri dati, che potranno essere raccolti a partire dalla primavera 2016. Tuttavia la notizia è subito rimbalzata sul sito della rivista Nature e sui social media
Quando fu provata l’esistenza del bosone di Higgs, la notizia fece il giro del mondo e i fisici del Cern festeggiarono. Una scoperta che è valsa il Nobel a Peter Higgs e Francois Englert. Proprio dal Cern di Ginevra arriva una notizia legata alla particella di Dio. Si tratta di una traccia, forse destinata a sparire o forse a rivelare l’esistenza di una nuova particella mai vista finora e sei volte più pesante del famoso bosone. La coincidenza singolare è che a vedere la traccia sono stati due degli esperimenti condotti nel più grande acceleratore del mondo il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern. Non ci sono gli elementi per dire che c’è stata una scoperta: prima di arrivare a questo ci vorranno ancora mesi di ricerche e molti altri dati, che potranno essere raccolti a partire dalla primavera 2016. Tuttavia la notizia è subito rimbalzata sul sito della rivista Nature e sui social media.
È un segnale di come i fisici si rendano conto di essere sulla soglia di un territorio inesplorato, nel quale si potrebbero imbattere in fenomeni non previsti dalla teoria di riferimento della fisica contemporanea, il Modello Standard. Forse per questo erano affollatissimi i seminari nei quali sono stati presentate le osservazioni, tutte da confermare, fatte dagli esperimenti Atlas e Cms. Seminari come questi sono organizzati di routine dal Cern, ma quest’anno a renderli un po’ speciali sono stati forse l’entusiasmo e la tensione sulle sorprese che potranno arrivare in questa nuova fase dell’attività di Lhc, che nell’aprile scorso sta funzionando all’energia da record di 13.000 miliardi di elettronvolt.
“Quello che vediamo è un piccolo eccesso locale, con una massa sei volte maggiore rispetto a quella del bosone di Higgs, ma potrebbe ancora essere una fluttuazione e non abbiamo ancora un’evidenza statistica sufficiente”, ha detto all’Ansala responsabile dell’esperimento Atlas per l’Italia, Marina Cobal, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). “Con la prossima presa di dati, a partire dalla primavera del prossimo anno, vedremo se il fenomeno aumenterà o se andrà a ridursi. Ancora non possiamo dire nulla”. Sicuramente, ha aggiunto, “è qualcosa di interessante e che dobbiamo tenere sott’occhio”.
Per il fisico teorico Fabio Zwirner, della sezione di Padova dell’Infn, “ormai stiamo esplorando una zona di frontiera nella quale nessuno sa che cosa troveremo”. È una sensazione diffusa, che si manifesta con un entusiasmo senza precedenti: basti pensare che sono già una decina i lavori teorici che tentano le prime possibili spiegazioni dell’ipotetica nuova particella: “Sono lavori che andranno rivisti tra sei mesi – ha rilevato Zwirner – ma sono il segnale dell’interesse che c’è per questa fisica di frontiera, che esplora i confini delle nostre conoscenze”.