L'uomo chiave dello scandalo del 1981 aveva 96 anni. La sua rete è stata coinvolta (direttamente o meno) in tutta la storia nera d'Italia: golpe Borghese, strategia della tensione, caso Calvi, caso Moro, mafia
Il Burattinaio, Belfagor, il Venerabile. Ovvero, Licio Gelli. L’ex gran maestro della P2, che tante volte è tornato nella storia della prima e della seconda Repubblica tra rapporti occulti con il potere, vicende giudiziarie, arresti, fughe e guai col fisco, è morto nella sua casa storica, Villa Wanda, alle porte di Arezzo. Aveva 96 anni: si è spento poco prima delle 23 di martedì 15 dicembre. Tra l’altro era stato condannato per il depistaggio delle indagini sulla strage della stazione di Bologna del 1980. Dopo essere stato detenuto in Svizzera e Francia e coinvolto in varie inchieste, si era ritirato nella sua abitazione sulle colline aretine.
Da due giorni le sue condizioni di salute, già precarie, erano fortemente peggiorate tanto da indurre la moglie Gabriela Vasile a ricoverarlo in una clinica di San Rossore, in provincia di Pisa, da dove era stato dimesso alla fine della scorsa settimana perché giudicato ormai in fin di vita. Dopo un rapido check up all’ospedale di Arezzo che aveva dato lo stesso esito, la famiglia aveva deciso di riportarlo a Villa Wanda dove è morto. Il capo della P2 lascia la seconda moglie Gabriela (la prima, Wanda, è scomparsa da tempo) e tre figli Raffaello, Maurizio e Maria Rosa (la quarta figlia Maria Grazia è morta nel 1988 in un incidente stradale). I funerali si svolgeranno probabilmente giovedi a Pistoia, mentre la camera ardente dovrebbe essere allestita nella chiesa di Santa Maria delle Grazie ad Arezzo a pochi metri da Villa Wanda.
Nato a Pistoia il 21 aprile 1919, a 18 anni si arruolò come volontario nelle “camicie nere” di Francisco Franco in Spagna. Fu fascista, repubblichino e poi partigiano. Il 16 dicembre 1944 sposa Wanda Vannacci dalla quale ha 4 figli. Dopo la guerra si trasferisce in Sardegna e in Argentina, dove si lega a Juan Domingo Peron e Josè Lopez Rega. Tornato in Italia comincia a lavorare nella fabbrica di materassi Permaflex e diventa direttore dello stabilimento di Frosinone. Poi diventa socio dei fratelli Lebole e proprietario dello stabilimento Gio.Le di Castiglion Fibocchi.
Nel 1963 Gelli si iscrive alla massoneria. Nel 1966 il Gran maestro Giordano Gamberini lo trasferisce alla loggia “Propaganda 2“, nata a fine Ottocento per permettere l’adesione riservata di personaggi pubblici. Nel 1975 si decide lo scioglimento della P2, che però grazie a Gelli, che da segretario diviene gran maestro, rinasce più forte e allarga i suoi tentacoli in ogni ramo del potere.
Quando, il 17 marzo 1981, i giudici milanesi Giuliano Turone e Gherardo Colombo, indagando sul crac di Michele Sindona, arrivano alle liste, per il mondo politico italiano è un terremoto. Negli elenchi ci sono quasi mille nomi tra cui ministri, parlamentari, finanzieri come Sindona e Roberto Calvi, editori, giornalisti, militari, capi dei servizi segreti, prefetti, questori, magistrati. C’è anche il nome di Silvio Berlusconi.
La P2 risulta coinvolta direttamente o indirettamente in tutti i maggiori scandali degli ultimi trent’anni della storia italiana: tentato golpe Borghese, strategia della tensione, crac Sindona, caso Calvi, scalata ai grandi gruppi editoriali, caso Moro, mafia, Tangentopoli.
Il 22 maggio 1981 scatta il primo ordine di cattura, ma Gelli è irreperibile. Verrà arrestato a Ginevra il 13 settembre 1982. Rinchiuso nel carcere di Champ Dollon, evade il 10 agosto 1983. Il 21 settembre 1987 si costituisce a Ginevra. Torna a Champ Dollon, che lascia il 17 febbraio 1988 estradato in Italia. L’11 aprile ottiene la libertà provvisoria per motivi di salute. Il 16 gennaio 1997 c’è un nuovo ordine di arresto, ma il ministero della Giustizia lo revoca: il reato di procacciamento di notizie riservate non era tra quelli per cui era stata concessa l’estradizione.
Il 22 aprile 1998 la Cassazione conferma la condanna a 12 anni per il crac del Banco Ambrosiano. Il 4 maggio Gelli è di nuovo irreperibile: la fuga dura più di 4 mesi. Gli vengono concessi i domiciliari, che sconterà a Villa Wanda, la residenza dove è morto e che nell’ottobre 2013 gli venne sequestrata a conclusione di una indagine per un debito col fisco; la villa – nella quale tuttavia continuò a vivere – è rientrata nella sua disponibilità piena nel gennaio scorso per la dichiarata prescrizione dei reati fiscali. Nell’aprile 2013 i pm di Palermo dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia lo hanno sentito per gli intrecci tra P2, servizi ed eversione.