In periferia un agente ogni 2.600 abitanti. E dal 2004 ad oggi tremila uomini in divisa in meno. L’intervento informale dell’ex capo della Protezione civile ad un evento della Fondazione Roma Europea. Con dati inediti e sorprendenti. “Microcriminalità in aumento, scarsa presenza delle forze dell’ordine e governo dell’immigrazione le principali paure dei residenti”. Nonostante i reati gravi siano in diminuzione. E la Capitale occupi il nono posto nella classifica delle città più sicure.
Altro che ‘Mafia Capitale’. Il vero allarme è la microcriminalità in aumento. “Che alimenta la legittima preoccupazione dei cittadini, nonostante le statistiche registrino una flessione dei reati più gravi”. Parola del prefetto di Roma Franco Gabrielli. Reduce da ben 41 incontri con i residenti dei diversi quartieri della città, la sua missione sul campo documenta un vero e proprio paradosso: “Se da un lato siamo al nono posto nella classifica delle città italiane più sicure, dall’altro ho incontrato persone impaurite che lamentano una condizione di insicurezza più percepita che reale”. Un’analisi impietosa, quella offerta dall’ex capo della Protezione civile a porte sante del Giubileo ormai aperte alla platea della Fondazione Roma Europea del professor Cesare San Mauro, che mercoledì sera ha ospitato il suo intervento. “Durante le mie tappe non ho incontrato un solo cittadino che mi abbia chiesto dello scandalo del ‘Mondo di mezzo’ o delle infiltrazioni criminali nella pubblica amministrazione – spiega tirando le somme del suo tour nella capitale –. Ma tutti hanno lamentato la scarsa presenza sul territorio delle forze dell’ordine”.
POLIZIOTTO CERCASI – Una preoccupazione avvalorata dai numeri. “In media a Roma opera un poliziotto ogni 400 abitanti – rivela Gabrielli –. Un rapporto che varia da un agente ogni 119 cittadini nel primo municipio (quello del centro storico) ad uno ogni 2.600 in alcune aree della periferia”. Una situazione abnorme figlia dei continui tagli al comparto della sicurezza che si sono succeduti negli anni. “Dal 2004 ad oggi si contano nella Capitale 3.000 uomini in meno in organico alle forze di polizia – prosegue Gabrielli –. Anche a causa del blocco del turn over che ha limitato il numero delle nuove assunzioni, cui si somma anche il sistema di reclutamento dal circuito della ferma breve dell’esercito dal quale arrivano generalmente solo le seconde o le terze scelte”. Non solo. Sullo stato di grave insicurezza percepita dai romani pesa come un macigno la geografia dei presidi di polizia e la relativa distribuzione sul territorio. “Una geografia ormai datata, risalente agli anni Ottanta – fa notare l’ex capo della Protezione civile –. Rispetto alla quale il termine di paragone con il cosiddetto modello Milano è del tutto inappropriato: basti pensare che il capoluogo lombardo è, per dimensioni, appena un settimo della capitale, dove il municipio più piccolo conta 143 mila abitanti e le distanze tra Palazzo Senatorio, sede dell’amministrazione capitolina, e i quartieri della periferia possono raggiungere anche i 30-40 chilometri”.
STOP ALLO STRANIERO – Numeri che danno il senso della complessità della gestione della sicurezza in una città come Roma. “Oltre che dalla scarsa presenza delle forze di polizia sul territorio e dall’allarme microcriminalità, sui timori dei cittadini incide anche un ulteriore fattore – continua il prefetto –. Che riguarda il governo dell’immigrazione”. Certo, chiarisce Gabrielli, “da noi non ci sono le ‘banlieu’ parigine” e ad alimentare la preoccupazione dei residenti “non è tanto la presenza in sé degli stranieri quanto le difficoltà di governarli in maniera corretta”. Un problema avvertito principalmente in tre quartieri: “Esquilino, Prenestino e Torre Maura-Torre Angela”. Una condizione di insicurezza percepita sulla quale incide in parte anche un diffuso sentimento di islamofobia che, tuttavia, non sarebbe giustificato dai numeri. “Solo il 20 per cento degli immigrati è di fede musulmana – chiarisce, infatti, Gabrielli –. Per il 64 per cento si tratta di cristiani divisi tra cattolici, ortodossi e protestanti”. Ma ai primi posti nel ranking delle preoccupazioni dei romani “c’è il tema dei nomadi”, avverte il prefetto. “Il Lazio è la regione d’Italia in cui questa etnia è maggiormente presente – spiega –. La situazione attuale dimostra che la politica dei campi si è dimostrata inefficace”. Un’affermazione che, anche in questo caso, l’ex capo della Digos di Roma sostanzia con l’esperienza. “Passo gran parte del mio tempo a combattere contro i roghi tossici – racconta –. E il fatto che oggi ci siano a Roma, oltre ai campi autorizzati e a quelli abusivi, anche campi tollerati, specie che esiste solo in Italia, la dice lunga su come vanno certe cose nel nostro Paese”. Ma anche nei campi autorizzati, gli unici a norma di legge, non mancano le criticità. “Da quando sono finiti i fondi sono stati lasciati a loro stessi – accusa il prefetto –. Ormai rappresentano una stazione della Via Crucis con cui, ogni giorno, i cittadini sono costretti a confrontarsi”.
QUESTIONE DECORO – Ma quali sono le soluzioni per questi problemi? “Innanzitutto occorre ridisegnare la geografia dei presidi di polizia sul territorio, ridefinendone la collocazione – propone Gabrielli –. Inoltre serve un grosso sforzo sulle politiche sociali, considerato che su questo fronte il livello raggiunto in diversi ambiti della città è davvero preoccupante”. Infine, urge “un intervento sul decoro della città”. Non è un caso, sottolinea il prefetto di Roma, che “proprio le politiche sociali e il decoro urbano siano finiti al centro dell’inchiesta Mafia Capitale”. Temi che, conclude Gabrielli, “chiunque vincerà le elezioni comunali della prossima primavera dovrà necessariamente affrontare”.