Desecretato un documento del Noe sull'imprenditore Giancarlo Marocchino, che contribuì a riportare in Italia una jeep indicata come quella dell'omicidio della giornalista e del collega Hrovatin. Che al telefono parla di “motori”, “camion militari”, “gomme triturate” e “acido solforico” da spedire in Somalia
Mentre collaborava con la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, presieduta da Carlo Taormina (allora avvocato di Berlusconi e parlamentare di Forza Italia), l’imprenditore italiano Giancarlo Marocchino avrebbe trafficato per organizzare navi cariche di “camion militari”, “gomme triturate” e “acido solforico” da spedire in Somalia. È quanto emerge da un documento desecretato oggi dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, presieduta dal deputato Alessandro Bratti, firmato da ufficiali del Noe dei Carabinieri in servizio presso la Commissione ecomafie della XVI legislatura presieduta da Paolo Russo.
Il documento 769/001 del 27 luglio 2005, un’informativa di polizia giudiziaria di 41 pagine, riassume un’indagine di tre mesi sul traffico transfrontaliero di rifiuti con particolare riferimento alla Somalia, paese dove Marocchino – insieme ad altri professionisti e soggetti economici individuati nel documento – è stato attivo come imprenditore per un lunghissimo periodo, incluso il 1994, anno dell’omicidio della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin. Giancarlo Marocchino, mai indagato per l’omicidio Alpi, ma ritenuto da sempre personaggio chiave in Somalia (fu il primo ad accorrere sul luogo dell’agguato il 20 marzo ’94 a Mogadiscio), espulso dal Paese africano nel ‘93 dal commando Usa che lo accusava di avere un ruolo nel traffico di armi, nel 2005 collaborò con la Commissione Taormina per riportare in Italia la jeep su cui, si ipotizzava, viaggiavano Ilaria e Miran. In seguito, una perizia disposta dalla Procura di Roma nel 2008 accertò che il sangue rimasto sui sedili dell’auto recuperata da Marocchino non era compatibile con il Dna della giornalista.
L’indagine della Commissione Russo, proseguita fino a luglio 2005, ha consentito di individuare la rete di contatti italiani e somali di Giancarlo Marocchino, grazie alle intercettazioni telefoniche che all’epoca erano consentite dalla normativa sulle commissioni parlamentari d’inchiesta. I Carabinieri hanno eseguito anche una serie di controlli su persone che si erano recate a Palazzo San Macuto, sede delle commissioni, mentre operavano entrambe le Commissioni (Taormina su Alpi e Russo su Rifiuti): nel corso delle indagini sarebbero emersi contatti telefonici tra Giancarlo Marocchino e alcuni consulenti della Commissione d’indagine sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e un accesso “anomalo” di Giancarlo Marocchino, l’11 maggio 2005, nel palazzo delle Commissioni d’inchiesta presso gli uffici della Commissione Alpi, anche se quel giorno non era in programma la sua audizione.
La Commissione Russo si era già interessata dell’imprenditore Marocchino in relazione al traffico di rifiuti nel 2004, acquisendo i risultati di un’indagine della Procura di Asti – poi archiviata – che nell’agosto del 1997 aveva registrato “telefonate estremamente esplicite in cui quest’ultimo invitava Scaglione a spedire in tutta fretta (…) due o tre mila fusti da sistemare in qualche sito, contemporaneamente confortandolo sul fatto che erano in fase di avanzata autorizzazione le concessioni che il capo clan, egemone sulla zona, Ali Mahdi, stava accordando proprio per una discarica di tipo C per i materiali più pericolosi”.
I Carabinieri del Noe hanno evidenziato inoltre come nelle intercettazioni emergesse una intensa attività di Giancarlo Marocchino per il reperimento di una nave commerciale canadese, con continui e intensi contatti con broker marittimi e altri imprenditori anche italiani per la creazione di una fabbrica di farmaci a Mogadiscio. Nelle telefonate di Marocchino si parla di navi con bandiere del Belize e dell’Indonesia, e di carichi da destinare alla Somalia con “motori”, “camion militari” e, in alcuni casi, di “gomme triturate” e “acido solforico”. Sono evidenziati anche contatti imprenditoriali con società che trattavano “rottami ferrosi”. Emergono, infine, come fa sapere la Commissione rifiuti presieduta da Bratti, “contatti stretti tra l’imprenditore italiano e la compagnia di armatori Ignazio Messina”.
Nei prossimi giorni l’informativa declassificata sarà disponibile per la consultazione, nel rispetto dei regolamenti per l’accesso alla documentazione libera delle commissioni parlamentari approvato lo scorso 8 dicembre.