Ambiente & Veleni

Trivellazioni, Tar Sardegna dà ragione al buon senso: non si scava in area protetta

Trivellazioni

Non si può autorizzare un pozzo esplorativo per la ricerca di idrocarburi in un’area di fascia costiera protetta da vincolo paesistico assolutamente inderogabile. Si tratta di un evidente principio di buon senso, eppure ci sono voluti un lungo processo ed una elaborata sentenza del Tar della Sardegna ( sez. 2, n. 1057 del 2 ottobre 2015) per affermarlo.

I fatti: la Saras Spa, titolare di un permesso per la ricerca di idrocarburi in provincia di Oristano, chiede di realizzare un pozzo esplorativo a 4,5 chilometri dall’abitato del Comune di Arborea e a 150 metri circa dal sito di importanza comunitaria “Stagno di S’Ena Arrubia e territori limitrofi”. Il pozzo in questione, denominato “Eleonora Dir. 1”, dovrebbe essere profondo quasi 3 chilometri e comportare (nel periodo esplorativo) un’area di cantiere funzionale, oltre che alla perforazione, alla rimozione dello strato iniziale di terreno, alla realizzazione di una pavimentazione superficiale in pietrisco e rullato, nonché di varie opere civili (cantina, basamenti degli impianti, canalette di raccolta acque, torre di perforazione, generatori elettrici, etc.). Di fronte al diniego della Regione, la Saras ricorre al Tar sostenendo, tra l’altro, che si tratta di un’opera precaria (cioè temporanea) e di minimo impatto ambientale.

Affermazioni che vengono completamente e platealmente smentite dalla sentenza. Infatti, il progetto Saras – scrive il Tar – “comporta la trasformazione di circa 12.840 mq. di terreno incontaminato (7.750 per area piazzale, 3.280 mq. quale pertinenza mineraria, 1.550 mq. per parcheggio automezzi di cantiere, 260 mq. necessari per la collocazione della fiaccola); l’area di intervento è “divisa in tre zone: – piazzale di trasformazione; – zona impianto con bacini di contenimento; – strada di collegamento e area di parcheggio… La postazione sonda (pozzo di perforazione) avrà una superficie pari a mq. 7.750, di cui circa 3.000 mq. occupati da una piattaforma di cemento armato di altezza variabile tra i cm. 30 e i cm. 40. Nell’area cementata verrà localizzata la torre di perforazione, alta circa 40 m. Nel resto della superficie interessata verrà localizzata la strumentazione di cantiere (container con uffici, servizi, etc.)… In un’ulteriore area verranno accumulate le terre provenienti dallo scotico e dagli scavi, è prevista la realizzazione di una fiaccola. Il lotto interessato sarà recintato con una rete metallica dell’altezza di m. 2,5…Nel caso di pozzo produttivo rimarrebbe la cantina di perforazione. Nell’ipotesi di pozzo sterile, invece, l’occlusione con una serie di tappi in calcestruzzo non può certo assimilarsi al ripristino della situazione ex ante, che per definizione, comporterebbe il riposizionamento del terreno naturale“.

Quanto al “temporaneo”, infine, la sentenza osserva che la durata dell’intervento “viene indicata dalla stessa Saras s.p.a. – con intuibile approssimazione – in 161 giorni per il pozzo esplorativo e in ulteriori 136 giorni per il pozzo estrattivo, oltre a circa sei mesi per l’attività di ripristino“. Senza contare che, se si trovasse il combustibile, “l’area verrà occupata in modo permanente da strutture macchinari, edifici e quant’altro occorrente allo sfruttamento de giacimento. Si ha, quindi, una profonda trasformazione del territorio che, allo stato attuale, non può essere valutata sotto il profilo paesaggistico….“.

In ogni caso – ed è l’affermazione più importante – “se è vero che l’esistenza di vincoli paesaggistici di regola non esaurisce la Valutazione di impatto ambientale, rispetto alla quale costituisce soltanto un “parametro di riferimento”, tuttavia questo assunto non può valere, per ovvie ragioni, laddove il regime di tutela del paesaggio sia assolutamente inderogabile e si ponga come “irrimediabilmente ostativo” alla realizzazione dell’intervento proposto”, come nel caso in esame che riguarda la fascia costiera.

In conclusione, questa sentenza è la migliore conferma che, nonostante lo Sblocca Italia e nonostante le fortissime pressioni del partito dei petrolieri, quando, come in questo caso, Regione, Comune e associazioni ambientaliste si oppongono con decisione, il buon senso vince.

Forse inizia a capirlo anche il governo dello Sblocca Italia, che ha iniziato una cauta marcia indietro per le trivellazioni sull’Adriatico. E anche i risultati della conferenza sui cambiamenti climatici (pur tutti da verificare) dovrebbero avvicinare il momento in cui finalmente ci si deciderà ad abbandonare l’era dei combustibili fossili puntando con decisione verso le energie rinnovabili.

E’ un buon auspicio per il prossimo referendum anti trivellazioni.