Il produttore asiatico uscirà dall'accordo con l'Unione europea sul "minimum import price", che impone prezzi minimi ai moduli importati per evitare la vendita sottocosto. E' la risposta a Bruxelles, che ha accolto la domanda di riesame del dossier presentato dalla EU ProSun, associazione dei produttori continentali
Si inasprisce la guerra commerciale tra Europa e Cina sui dazi fotovoltaici. Per il 7 dicembre era infatti prevista la fine delle misure anti-dumping sui pannelli solari provenienti dal Paese asiatico, ma la Commissione europea ha deciso di prorogarle. L’esecutivo Ue ha infatti accolto la domanda di “riesame” del dossier da parte della EU ProSun, per conto di produttori che rappresentano oltre il 25% della produzione totale dell’Unione di moduli fotovoltaici in silicio e di celle. Di conseguenza le imposte doganali, introdotte a fine 2013 dal Consiglio europeo, rimarranno in vigore finché non sarà conclusa l’inchiesta. Ossia fino a 15 mesi.
Secondo Bruxelles, la richiesta da parte della Eu ProSun contiene “prove sufficienti” sul fatto che la vendita sottocosto (dumping) o la fornitura di sussidi siano ancora in corso e proseguano. Di qui una serie di conseguenze negative per l’industria europea. Il riesame, si legge sulla Gazzetta Ufficiale europea, “si limiterà ad accertare se sia o meno nell’interesse dell’Unione mantenere le misure attualmente in vigore sulle celle del tipo utilizzato nei moduli o pannelli fotovoltaici in silicio cristallino”.
L’obiettivo Ue è quello di evitare la vendita sottocosto dei pannelli solari e impedire la presunta concorrenza sleale del Paese asiatico, ridando così slancio al mercato interno e all’occupazione. L’accusa di fondo è che i produttori cinesi abbiano usufruito di finanziamenti agevolati e sgravi fiscali, in violazione degli standard fissati dall’Organizzazione mondiale del commercio. “Finché i produttori cinesi non aderiranno alle regole di base della concorrenza e del commercio internazionale, la Ue deve mantenere in vigore i dazi”, ha commentato il presidente di EU ProSun, Milan Nitzschke.
Come prevedibile, la risposta dei cinesi non si è fatta attendere. Subito dopo la decisione Ue, il gruppo del Paese asiatico Trina ha annunciato che uscirà dall’accordo con l’Unione europea sul “Minimum Import Price“, che impone prezzi minimi ai pannelli fotovoltaici provenienti dal Paese asiatico (a un centinaio di aziende che hanno aderito in alternativa ai dazi). “L’attuale prezzo minimo non riflette le attuali tendenze del mercato, soprattutto perché i prezzi di vendita nei mercati più grandi continuano a calare a un passo più veloce di quanto atteso, con previsioni di un’ulteriore pressione al ribasso”, ha detto l’amministratore delegato di Trina Jifan Gao, secondo cui di conseguenza “le aziende cinesi che hanno aderito all’accordo sui prezzi minimi hanno perso competitività nei confronti dei concorrenti non cinesi nelle vendite ai clienti europei”. Secondo Trina, è inoltre inaccettabile il divieto, introdotto ora dalla Ue, di produrre i moduli in stabilimenti esteri, a prescindere che i moduli siano destinati in Europa o meno.
Da tempo però i dazi non solo hanno innescato una guerra commerciale tra Europa e Cina, ma hanno anche spaccato la stessa industria del solare europea. A differenza dell’associazione EU ProSun, in molti all’interno dell’Ue ritengono che le imposte doganali abbiano affossato il settore e portato ad un crollo dell’occupazione nei Paesi membri. Negli ultimi mesi a scendere in campo per chiedere di eliminare i dazi, e anche il meccanismo “Minimum Import Price”, sono stati l’Europarlamento e ventuno associazioni di 19 Paesi membri, tra cui l’italiana Assorinnovabili. Secondo gli europarlamentari la realizzazione in Europa di impianti fotovoltaici è scesa dai 17 GW del 2012 a meno di 7 GW nel 2014 e l’occupazione nel settore è calata da 265mila a 120mila addetti. Anche le 20 federazioni nazionali hanno sottolineato come l’eliminazione dei dazi accrescerebbe “l’intera catena del valore del solare europeo” e porterebbe a un aumento dei posti di lavoro e a benefici per i consumatori.
Sulla stessa linea Ernst&Young, che ha appena pubblicato un report sul settore solare: l’eliminazione delle misure anti-dumping consentirebbe al prezzo degli impianti di scendere più velocemente, portando a una maggiore crescita dell’installato e degli occupati. Senza dazi, stima E&Y, nel fotovoltaico europeo ci sarebbero oltre 54mila posti di lavoro in più.