A quattrocento anni dalla morte di Shakespeare, la storica Hogart Press fondata da Leonard e Virginia Woolf, che oggi fa parte del Gruppo Penguin Random House, lancia una collana di opere shakespeariane riscritte da famosi autori contemporanei, collana che Rizzoli tradurrà in Italia. Il catalogo è interessante e la sfida anche. Margaret Atwood sceglie La Tempesta, Tracy Chevalier Otello, Howard Jacobson Il mercante di Venezia, Jo Nesbø Macbeth, Anne Tyler, La bisbetica domata, Edward St Aubyn Re Lear.
Shakespeare viene trasportato in Nuova Boemia, un luogo immaginario a sud degli Stati Uniti, fra neri e messicani. La Londra in cui va in scena una parte della vicenda deve fare i conti con altri mondi. Shakespeare c’entra con la finanza e con i videogiochi. Forse perché non esiste autore più universale di lui e l’uomo che racconta si adatta a tutti i tempi, a tutti i teatri. Specie con la regia di una grande scrittrice inglese contemporanea.
Forse perché il concetto stesso di contemporaneità è ambiguo in letteratura, dove i grandi sono tutti antichi e gli antichi tutti contemporanei. E’ illuminante a questo proposito la sintesi di Winter’s Tale a cui arriva Winterson: è un «Othello post-Freud», dice. La storia perde così ogni senso. Ha valore solo il tempo, che è un’altra cosa.
Non è la prima volta che Jeannette Winterson gioca con un classico, ha sempre attinto a miti e favole, e ha lavorato molto sulla Bibbia. La sua è una creatività divorante, che annulla i confini fra lettura e scrittura. Le voci del passato si mescolano alla sua, presente. Tornano con prepotenza nelle sue pagine, trasformate.
E non è nemmeno la prima volta che Winterson si immerge totalmente in Shakespeare. In una intervista della Paris Review racconta che una volta ha dedicato sei mesi, da ottobre a marzo, esclusivamente alla rilettura delle sue opere.
Questo spiega perché Lo spazio del tempo non è una semplice riscrittura, ma una versione in prosa di Winter’s Tale autonoma dall’originale. «Io volevo trattare Shakespeare nello stesso modo in cui lui trattava le idee degli altri», scrive sul Guardian, «le loro innovazioni, le loro soluzioni, le loro follie, persino i loro fallimenti, usando tutto questo a suo vantaggio». E racconta che lo stesso Racconto d’inverno è un remix di un’opera di Robert Greene, Pandosto, scorporata e rimontata in modo completamente diverso.
Del resto, gli scrittori hanno bisogno di sfide di questo genere e il progetto della Hogart Shakespeare è interessante proprio per questo. La letteratura è confronto e quando questo confronto diventa serrato, obbligato, dalle griglie strette, il principio di fondo risulta più evidente. Basta aprire i ringraziamenti: «Ultimo ma non meno importante», scrive Jeannette Winterson, «un ringraziamento a William Shakespeare. Ovunque tu sia». Commuove il tono: lo mette fra gli amici. I ringraziamenti degli scrittori dovrebbero essere tutti così.