Ci ha distrutto l’orticello, il circoletto, la famiglia. Se critichi chi appartiene ad un’area vicina, culturalmente a te prossima, sei un traditore, un pazzo, uno che, semmai, avrà qualche obiettivo recondito, solitamente i soldi. La tecnica di lasciare il ragionamento in soffitta demolendo il ragionatore è un classico sempre in auge. A me è successo diverse volte, scrivi di un personaggio intraneo ad una ‘famiglia’ e allora quella famiglia, che sia un’associazione, ambientalista o antimafia, ma anche un movimento politico, non ti reputa più interlocutore. Hai rotto i ponti, hai osato criticare e paghi con l’abbandono. Tanto meglio, per un giornalista è un prezzo da mettere in conto.
Ho spesso apprezzato Roberto Saviano, ma altre volte ho rimarcato, anche scrivendole, a differenza di uno stuolo di finti sostenitori, qualche criticità nel suo percorso. Ultimamente sento Roberto Saviano molto vicino, lo sento vicino a chi in strada pone domande, a chi soffre questa stagione di precarietà nella professione che si combina con intimidazioni di poteri criminali e querele temerarie dei potentati economici e imprenditoriali. Quando le contraddizioni politiche esplodono, Saviano non aspetta, ma prende posizione e oggi ne paga le conseguenze. Il Pd ha sempre sostenuto Saviano, i giornali di area hanno sempre applaudito l’autore di Gomorra, lo hanno incensato quando parlava di Nicola Cosentino, ma appena ha palesato ambiguità nel terreno del partito unico della nazione è finita la luna di miele. Tutto è iniziato durante le regionali. Roberto ha letto le liste e, visti i suoi trascorsi, non ha taciuto: “Nel Pd e nelle liste c’è tutto il sistema di Gomorra”. A rispondergli il candidato, oggi governatore,Vincenzo De Luca, uno che aveva come braccio destro Nello Mastursi, oggi indagato per corruzione, e sinistro, in campagna elettorale, Tommaso Barbato, oggi ai domiciliari, accusato di connivenza con la camorra. Saviano aveva ragione. A chi chiedeva conto di quelle candidature, di alcune scelte fu riservato un buon trattamento: calci e spintoni nel silenzio dell’ordine regionale dei giornalisti.
Ora Roberto Saviano è intervenuto sul conflitto di interessi della ministra Maria Elena Boschi, spiegando il cambio di attenzione, con B. le domande erano lecite ed opportune, ora meno con l’avvio della stagione dei distinguo. Roberto ha scritto: “Siamo come anestetizzati. Solo pochi anni fa se una cosa del genere fosse accaduta a un esponente del sottobosco berlusconiano, si sarebbero chieste a gran voce le sue dimissioni, dopo una vibrante crociata mediatica”. Emblematiche le reazioni degli esponenti del Pd.
Emanuele Fiano, deputato e responsabile sicurezza del partito: “Sono sempre contro lo sciacallaggio e sempre a favore di chi accusa qualcuno di una colpa reale”. Lo statista Ivan Scalfarotto, sottosegretario alle riforme: “Non capisco la richiesta di Saviano”. E il ministro illuminato Dario Francescini: “Mi sembra assolutamente fuori luogo usare l’autorevolezza acquisita in altri campi per emettere sentenze che sono senza fondamento”. E poi il sindaco di Firenze Dario Nardella: “E’ una roba che non capirebbe nemmeno un marziano, è una cosa fuori dal mondo”. Roberto Saviano deve occuparsi solo del clan dei Casalesi altrimenti non vale: ‘sciacallaggio’, ‘senza fondamento’, ‘fuori dal mondo’.
Se a voi non serve più, in questa stagione Roberto Saviano è ancora più importante perché viaggia, nella direzione più complicata, quella controvento. E nel tempo del partito unico è quello di cui ha bisogno questo paese.