Si torna indietro, quindi, a un nuovo Tribunale del Riesame che dovrà decidere se Bilardi debba finire ai domiciliari. Dopo la decisione degli ermellini solo il voto del Parlamento potrà mandare l'esponente del partito di Alfano di finire agli arresti domiciliari
La politica ci ha provato a non decidere sulla vicenda del senatore dell’Ncd Giovanni Bilardi, indagato nell’inchiesta “Rimborsopoli” con l’accusa di aver speso soldi pubblici (357mila euro) per scopi privati. Ma dopo la sentenza della Cassazione, solo il voto del Parlamento potrà consentire all’esponente del partito di Alfano di finire agli arresti domiciliari.
Accogliendo la richiesta dell’avvocato Emanuele Genovese, infatti, gli ermellini hanno annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria che, nei mesi scorsi, aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare emessa a giugno dal gip Olga Tarzia. Si torna indietro, quindi, a un nuovo Tribunale del Riesame che dovrà decidere se Bilardi debba finire ai domiciliari.
Questo dal punto di vista giudiziario. Dal punto di vista politico, invece, la palla torna in mano al Parlamento che, se volesse, potrebbe comunque votare l’arresto del senatore dell’Ncd così come ha chiesto, a settembre, la Giunta per le immunità.
Ipotesi questa, però, alquanto improbabile visto che l’Aula finora non ha mai inserito all’ordine del giorno la vicenda Bilardi decidendo, così, di salvarlo nonostante le continue richieste della Procura di Reggio Calabria.
Stando all’inchiesta “Rimborsopoli”, condotta dalla Guardia di finanza, solo nel 2012 Bilardi ha percepito 214mila di rimborsi spese, di cui circa 17mila solo per “oggettistica di rappresentanza”. Con i fondi del gruppo, inoltre, avrebbe pagato pranzi e persino un set di valige da 1200 euro, le consulenze ad un avvocato da 4680 euro, un iPhone 4S da 655 euro, gioielli per circa 7mila euro. E ancora: 3600 euro di giornali, il servizio a domicilio di Sky, qualche viaggio e 10 foulard da 700 euro.
La prima sentenza del Tribunale del Riesame era stata pesantissima nei confronti dell’esponente del partito di Alfano. “Bilardi – aveva scritto il giudice Filippo Leonardo – è incapace di offrire una giustificazione sostanziale per le ingenti spese effettuate in proprio e quale capogruppo per iniziative personali o legate all’attività partitica ed in quanto tali non rientranti nelle spese che possono essere affrontate con i contributi della Regione Calabria. Bilardi, in sede di interrogatorio, ha reso innumerevoli dichiarazioni mendaci, nel goffo tentativo di giustificare le proprie condotte illecite. Conserva pur sempre la possibilità di accedere ad erogazione pubbliche attraverso richieste truffaldine”.
Adesso dovrà esprimersi un nuovo Tribunale della Libertà. Non solo su Bilardi ma anche sulla posizione dell’ex assessore del Pd Nino De Gaetano e dell’ex consigliere regionale di Forza Italia Luigi Fedele. Pure nei loro confronti la Cassazione ha annullato con rinvio. Ma attenderanno il secondo Riesame ai domiciliari. A differenza di Bilardi che lo farà da Palazzo Madama.