L'ex governatore siciliano racconta l'arresto e la detenzione - dopo la condanna per favoreggiamento a Cosa Nostra - finita il 13 dicembre. "Ho passato notizie alla mafia, ma non volutamente. Cercavo solo di proteggermi. La foto dei cannoli è un falso: non li offrivo, ma li portavo via". E ancora: "Non potrò mai più andare alle urne, eppure sono stato 'rieducato'. Un consiglio al premier: meno spocchia"
È tornato nella comunità degli uomini liberi dopo cinque anni di carcere. Totò Cuffaro, ex grande potente della politica siciliana, detto Vasa Vasa perché baciava tutti, incappato in una serie di processi che lo consegnarono al carcere di Rebibbia sotto l’accusa infamante di avere aiutato la mafia, a casa ha trovato tutto cambiato.
Niente più clientes (aveva 50 mila indirizzi nel suo computer), niente più potere (i cuffariani si sono sparsi per ogni dove), sua figlia si sta laureando e fra un po’ farà (legge del contrappasso?) il magistrato, niente più benessere (ha perso 4 mila 200 euro del vitalizio di parlamentare e la casa gli è stata pignorata in garanzia del rimborso di 600mila euro cui la sentenza ha stabilito abbia diritto la Regione, infamata dal suo comportamento). Niente più politica (divieto di elettorato passivo e attivo). Niente più lavoro (è stato radiato dall’Ordine dei medici).
Fra qualche mese partirà per il Burundi, presterà servizio in un ospedale. Sono passati quattro anni e 11 mesi da quando, appesantito dalla condanna definitiva della Corte di Cassazione, andò a piedi a Campo de’ Fiori e si presentò alla caserma dei carabinieri di piazza Farnese per costituirsi e dare inizio a nove ore di puro Kafka. “Mi sono costituito prima del tempo e loro non mi volevano”.
Perché non è scappato come fanno tutti? Lo fece Armanini, lo fece Dell’Utri…
Io sono stato condannato ingiustamente ma credo nelle istituzioni. La giustizia si rispetta sempre. Ha ragione Socrate.
È il Socrate italiano…
Sono uno che condivide il ragionamento di Socrate.
E quindi si è presentato…
Mancava l’ordine di carcerazione. Il comandante mi disse: se io l’arresto è sequestro di persona.
E se n’è tornato a casa?
Ho telefonato al mio avvocato: qui non mi vogliono. Datti da fare.
E lui?
Telefonò a tutte le procure. Andò in Cassazione. Ma era sabato. Alla Procura di Palermo non c’era nessuno. Richiamarono i giudici.
E lei lì, con la sua valigetta, che chiedeva di essere arrestato.
Il comandante mi diceva: se ne vada. Lei non può restare qui. Ma nel frattempo mi cedette la sua scrivania.
In fondo era un senatore.
Mi impuntai: da qui non me ne vado. Dopo nove ore arrivò l’ordine di carcerazione. Il mio avvocato mi chiamò: farti arrestare è stata la cosa più difficile della mia vita. Arrivò uno del Ros. Mi vide e mi mise le manette. Il comandante dei carabinieri gli disse: ma che cosa sta facendo, si è costituito, mi ha quasi violentato per farsi arrestare. Il Ros: questa è la legge. Il comandante: non vuole scappare! Le ordino di togliere le manette.
Le tolsero le manette?
Il Ros le tolse con rabbia. Ma appena in macchina, incazzatissimo, me le rimise.
La dura vita di chi si costituisce.
Arrivammo in carcere. Il comandante del carcere mi disse: ma che c’entrano le manette? E io: lo dice a me?
Quel Ros era un vero manettaro.
Il comandante del carcere disse al Ros: gli tolga le manette.
E il Ros?
Il Ros disse: non posso, non ho la chiave.
Più che Kafka sembra Totò, quello vero.
Il comandante del carcere disse: ma che fine ha fatto la chiave?
E il Ros?
Disse: non porto sempre con me la chiave delle manette. L’ho lasciata in macchina.
E il comandante del carcere?
Disse al Ros: lei mette le manette a una persona e lascia la chiave in macchina?
E il Ros?
Era in difficoltà. Disse: va bene vado a prenderle. Ma il comandante gli disse seccato: lei non va a prendere niente. Ci penso io. Lei se ne vada.
E a questo punto come nei film western, chiamò un fabbro e con un grosso tronchese…
No. Prese una chiave e mi aprì le manette. E lì ho capito una cosa fondamentale, il primo insegnamento della mia avventura giudiziaria.
Mai fidarsi del Ros?
No. Tutte le chiavi delle manette sono uguali.
Ha capito anche perché è finito in galera visto che continua a professarsi innocente?
Voglio essere sincero: di errori ne ho commessi tanti. E ho pagato giustamente. Molti commettono errori e non pagano mai.
Ha passato delle notizie alla mafia…
Ma non l’ho fatto “volutamente”. La condanna della sentenza di primo grado era giusta. Ho fatto l’errore ma nella mia testa non c’era la volontà di favorire la mafia. Volevo solo proteggere me stesso e il vicesindaco di Palermo Miceli.
Tra gli errori ci mette anche la cazzata dei cannoli con i quali festeggiò la condanna in primo grado?
È un falso. Era una conferenza stampa. C’erano testimoni, anche suoi colleghi, Felice Cavallaro, Attilio Bolzoni…
C’è una foto. Lei che porta un vassoio di cannoli.
È la potenza devastante della foto. Ma la foto è statica. Io stavo portando via i cannoli che altri avevano portato lì. Non li stavo offrendo per festeggiare.
Ha fatto errori anche da senatore?
Tantissimi. Ho votato leggi di cui mi vergogno. Per tre anni ho votato cose tremende che hanno incrementato la violenza contro i carcerati.
E perché le votava?
Per disciplina. Senza capire.
Ha votato anche tutte le leggi ad personam?
Ho votato tutto quello che mi dicevano di votare.
Ha votato anche che Ruby era la nipote di Mubarak?
Ero in carcere. Ma debbo essere sincero. Avrei votato pure quella.
Perché sta dando questa intervista al Fatto che non è mai stato tenero con lei?
Il Fatto è stato crudele con me. Ma io sono un grande ammiratore di Marco Travaglio. Lui di me ha una pessima idea. E io non so perché. Ma è uno dei migliori giornalisti italiani. Dice cose che spesso non condivido. Ma ci mette la faccia. Non è ipocrita.
Renzi dice che fa i titoli peggiori di tutta la stampa italiana.
Cerca di fare titoli che piacciano ai lettori. Anche Renzi qualche cosa di “peggiore” lo fa, quando piace ai suoi elettori.
Mi dica una cosa “peggiore” che ha fatto Renzi.
Ha diminuito le tasse sulle case degli italiani liberi e contemporaneamente ha raddoppiato l’affitto ai carcerati.
I carcerati pagano l’affitto?
Prima di Renzi pagavano 56 euro al mese. Renzi adesso gli fa pagare 112 euro. Con quali soldi i carcerati dovrebbero pagare questi euro visto che non lavorano?
Qualcuno lavora…
E guadagna al massimo 200 euro. Che se ne vanno per comprare il cibo.
Il carcere non passa da mangiare?
Passa della roba schifosa, immangiabile. Tranne l’insalata. E il pollo. Il resto bisogna farselo da soli. Quando dalle cucine veniva l’odore del pesce ti si bloccava lo stomaco. E la carne sembrava chewing gum.
Dicono: il carcere non è un hotel a cinque stelle.
Il carcere dovrebbe essere un luogo di rieducazione. Invece è un luogo di sofferenza e di morte.
È esagerato.
Non è vero che in Italia non esiste la pena di morte. 150 suicidi, nelle carceri, quasi tutti ergastolani. Io di suicidi ne ho visti cinque. Di fianco alla mia cella uno si è ucciso tagliandosi contemporaneamente le due giugulari. Con le lamette Bic. Aveva l’ergastolo. Il giorno prima mi aveva detto: si suicidano perché preferiscono morire una volta sola piuttosto che tutti i giorni. Io non capii. E poi ci sono quelli che muoiono di malattia. Io stesso ho salvato da un infarto un mio compagno di cella, Santino. Se non ci fossi stato io sarebbe morto. Il nostro è un Paese strano. Si preoccupa dello stato di salute dei due marò e se ne frega di quello di migliaia di carcerati.
Immagino che le condizioni igieniche in carcere non siano delle migliori.
Ho ancora il tanfo del carcere addosso. I primi due giorni mi sono fatto 14 docce. Niente. Il tanfo rimane. Ormai ce l’ho dentro.
Avevate un bagno, in cella?
Un bagno-cucina. Un locale largo un metro in fondo al quale c’era la turca. Io con la turca ci ho parlato per cinque anni.
Che cosa diceva la turca?
La turca mi spiegava che, anche se non sembrava, era un cesso. Un giorno ero uscito per fare degli esami clinici e sono dovuto andare al gabinetto. Ho aperto la porta e ho avuto una visione. La tazza del cesso. Mi sono commosso e mi sono messo a piangere. Sedermi sulla tazza è stata una sensazione indescrivibile. Non riuscivo più ad alzarmi. Dovrebbe provare anche lei.
Se posso evitare…
Sa qual è stata la prima sensazione quando sono entrato a Rebibbia?
No.
La sorpresa. Avevo paura, terrore. Il carcere per me era quello che avevo visto nei film, con gli agenti che battono col manganello sulle sbarre… Avevo paura anche a fare la doccia pensando che avrei trovato quello pronto a sodomizzarmi…
Invece…
Invece, il carcere è una comunità nella quale ci sono tante brave persone sfortunate, un luogo dove finisce soprattutto gente distrutta dalla povertà.
Non ci sono i cattivi?
Anche nelle comunità religiose ci sono i buoni e i cattivi. Ma alla fine in carcere vincono sempre i buoni. E non ci sono pregiudizi.
Per esempio?
Il giorno dopo la strage del Bataclan, i due detenuti islamici che stavano in cella con me mi hanno chiesto di pregare insieme a loro per le vittime dei terroristi. Nei giorni successivi molti altri vennero a pregare nella nostra cella. Alla fine pregavamo tutti insieme, cristiani e musulmani, in chiesa.
Che cosa faceva in carcere?
Leggevo. Anche di notte. Mi ero fatto un lumino col tubo della carta igienica. Ho letto quattro libri alla settimana. I promessi sposi l’ho riletto dieci volte. Ho scritto tre libri. Ho fatto tutti gli esami per la laurea di Giurisprudenza. Facevo l’orto, correvo dieci chilometri al giorno, giocavo a pallone. Giocavo a scopone scientifico e anche a burraco, ma con le carte napoletane perché le francesi erano vietate.
Che cosa le è rimasto addosso?
L’assurdità. Nel mio terzo libro mi sono autobattezzato Tota Pig.
Maiale?
Il carcere trasforma gli uomini in maiali. Per l’Europa i maiali hanno diritto a sette metri quadrati per uno. Noi ne avevamo meno di cinque in quattro.
La prigione dovrebbe essere abolita?
Che senso ha riabilitare un ergastolano?
Ci sono quelli che escono…
Nessuno trova più un lavoro. E in carcere sono riusciti solo a migliorare quello che sapevano fare prima: rubare. Vicino a me c’era un ragazzo che si era beccato cinque anni per rapina a mano armata.
Roba seria…
L’arma era una bomboletta spray al peperoncino. In carcere qualcuno gli avrà insegnato come si fanno le vere rapine, altro che peperoncino.
Alternative al carcere?
Farli lavorare, così si reinseriscono e guadagnano per restituire il maltolto, pagare le vittime…
E scappare.
Ci sono i braccialetti elettronici.
Lei avrebbe portato un braccialetto?
Certamente. Che problema c’è?
Ha lasciato il carcere ed è tornato in Sicilia su un pulmino.
Mi sono venuti a prendere i miei fratelli con un Vito, il pulmino della Mercedes. Ci ho caricato libri e 14 mila lettere.
La libertà…
L’ultima notte, una diarrea pazzesca. Volevano chiamare il dottore. Ma il giorno dopo è stato peggio. Per cinque anni i miei occhi si erano abituati a quattro metri di distanza. Mi sono trovato davanti l’infinito. Sono stato abbagliato dallo spazio e dalla luce. Mi sono sentito sfranculiato. Pensavo che tutte le macchine ci venissero addosso.
Non potrà più votare.
Non capisco perché, visto che sono stato “rieducato”.
Per chi vorrebbe votare?
Né per Salvini né per Grillo.
Per Casini?
Voterei là dove si trovasse Casini. O Alfano. Ma sono tutti schiacciati su Renzi. Allora tanto vale votare per l’originale e non per la copia.
Voteresti l’originale?
Io non voterei mai la sinistra. Ma dire che Matteo Renzi è di sinistra mi pare un po’ esagerato. Io cercherei un partito moderato e quindi guarderei al Pd di Renzi dove c’è un bel po’ di democristianitudine. Il Pd somiglia moltissimo alla Dc.
Renzi un po’ le piace.
Riconosco a Renzi la volontà di fare. Ma dovrebbe avere meno spocchia.
Dicono che farà il “padre nobile” di un nuovo centrodestra miccichesco…
Per carità, né padre né nobile.
Che fine hanno fatto i cuffariani?
Sono al 70 per cento con Renzi. Sono tutti assessori nelle giunte di sinistra e nel governo Crocetta. Non essendoci più la Dc se ne sono andati con quelli che assomigliano di più alla Dc.
Quando è diventato governatore ha affidato la Sicilia alla Madonna. La Madonna non ha fatto un granché…Finché c’ero io la Sicilia non era così male… Poi Lombardo… Crocetta…
Micciché ha detto che Crocetta-Cuffaro è come Akragas-Barcellona.
Akragas è Crocetta. Serie C. Micciché è stato quello che con più determinazione mi ha voluto presidente. Poi con la vicenda giudiziaria fu meno tenero con me. Pensava che il mio tramonto politico gli avrebbe aperto la strada della presidenza della Regione.
Ha detto che Berlusconi ha sbagliato tutto.
Doveva dimettersi da senatore, tanto lo hanno dimesso lo stesso. E doveva consegnarsi e andare in galera. Ne sarebbe uscito in trionfo. Da martire. Lo ha fatto anche Sophia Loren!
Lei è un perseguitato politico?
Mi sembra eccessivo ma non mi offendo se lo dicono gli altri.
Vasa vasa, baciava tutti anche in carcere?
Tantissimo. L’ultimo giorno mi hanno festeggiato e hanno cantato in italiano Hurricane. Ho cominciato a piangere e a baciare tutti.
Hurricane, la storia del pugile che mandarono in galera per impedire che vincesse il mondiale. Se la galera non l’avesse fermata che cosa sarebbe diventato? Ministro?
Perché no? Tanti di quelli che erano in fila dietro di me lo sono diventati. Come Giampiero D’Alia.
Sarebbe potuto diventare premier?
È difficile che un siciliano diventi premier.
Il carcere l’ha trasformata. Adesso pesa 78 chili e sembra un intellettuale di estrema sinistra…
Non mi offendo. Molte delle cose dell’estrema sinistra oggi le condivido.
Seguiva la politica? Renzi, Banca Etruria, Boschi…
Fosse successo a Berlusconi e alla Carfagna sarebbero finiti male. Invece tutto è stato molto ovattato.
Avrebbe fatto assessori Franco Battiato e Antonino Zichichi?
Zichichi si offrì anche a me, ma io non lo feci assessore. Lo feci consulente. Battiato è un grande cantante ma cosa c’entrano le canzoni con la politica?
Ha baciato anche papa Francesco quando è venuto a Rebibbia?
No. Lui si è tuffato sulla folla dei detenuti. Quando me lo sono trovato davanti lui mi ha acchiappato. Per la prima volta io non ho baciato ma sono stato baciato.
Francesco Vasa Vasa.
Lui disse: fra i detenuti mi sento protetto.
LA SCHEDA – Talpe e soffiate ai boss
•La storia giudiziaria di Salvatore Cuffaro comincia il 5 novembre 2003 con la scoperta di “talpe” negli uffici della Procura di Palermo. È la rete di spionaggio, che fa capo al ras della sanità privata Michele Aiello prestanome di Bernardo Provenzano. Il 2 novembre 2004 Cuffaro è rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato di Cosa nostra e rivelazione di segreti d’ufficio.
•Nel 2008 in primo grado viene condannato a 5 anni. I giudici, però, fanno cadere l’aggravante mafiosa. Cuffaro, riletto nel 2006 presidente della Regione, in quel 2008 deciderà di dimettersi.
•Nel processo d’Appello al politico da “un milione di voti” viene di nuovo riconosciuta l’aggravante mafiosa. La condanna del 2010 sale a 7 anni. La parola fine alla vicenda giudiziaria la scriverà la Cassazione il 22 gennaio 2011, quando i giudici romani confermano il verdetto di secondo grado. Prima di entrare a Rebibbia, dove sconterà 5 dei 7 anni, Cuffaro dice: “Sono un uomo delle istituzioni e ho rispetto della magistratura. Affronterò la pena com’è giusto che sia”.
Da Il Fatto Quotidiano del 18 dicembre 2015