Settecento anime che vivono abbarbicate sui monti del Casentino in provincia di Arezzo. In larghissima parte ex contadini e artigiani ormai in pensione. In paese ci sono due bar, due ristoranti, una stazione dei Carabinieri e, di fronte, una sola banca. Quale? Popolare Etruria, l’istituto salvato dal governo di cui è stato vicepresidente il padre del ministro Boschi. Qui metà degli abitanti ha seguito i consigli dei funzionari dello sportello e ha investito i propri risparmi in azioni e obbligazioni subordinate. Perdendo tutto con l’emanazione del decreto Salva-banche del 22 novembre. “Il venerdì prima il vecchio direttore ci ha salutati augurandoci il suo in bocca al lupo – racconta Enrichetta che ci ha rimesso 15mila euro – Il lunedì dopo la nuova direttrice mi ha telefonato per dirmi che avevo perso tutto”. La sua storia è uguale a molte altre che si possono ascoltare camminando per le vie del borgo. Oltre ai risparmi volatilizzati, quello con cui i cittadini di Chiusi non riescono a fare i conti è la fiducia tradita. “C’era un rapporto di amicizia con il personale dell’istituto – spiega il sindaco del Pd Gianpaolo Tellini – Andare dal direttore della banca era un po’ come andare dal parroco o dal maresciallo”. Dal canto suo l’ex direttore si difende: “Il mio è stato un normale avvicendamento e quello che è successo è stato un fulmine a ciel sereno anche per noi. Ho sempre lavorato in buona fede”. Al netto delle responsabilità individuali, non la pensa così esattamente il primo cittadino che ha intenzione di fare costituire la sua amministrazione parte civile nel processo contro i funzionari dell’istituto di credito salvato dall’intervento dell’esecutivo: “Anche se sono del Partito democratico io rispondo ai miei cittadini e una volta che avremo parere favorevole dei nostri legali opteremo per questa scelta”. Gli fanno eco i suoi cittadini dall’unico tabacchi in paese: “Vogliamo vedere i vertici di Etruria in galera”. D’altronde fra la gente prevale la rassegnazione e la rabbia. “Siamo passati per speculatori e per tonti, ma la cosa più brutta è che non avremo indietro i nostri soldi. I risparmi di una vita”, chiosa Giuseppe, uno dei tanti pensionati finiti sul lastrico di Lorenzo Galeazzi