Nel giro di pochi giorni Silvio Berlusconi ha dovuto tirare di nuovo il freno a mano sul caso Brunetta. Dopo aver stoppato l’iniziativa di Elio Vito, che a Montecitorio insieme a buona parte del gruppo parlamentare aveva chiesto di sfiduciare l’ex ministro, l’ex Cavaliere ha smentito di aver chiesto a Mara Carfagna la sua disponibilità a diventare presidente dei deputati, come scritto oggi da Repubblica. Una smentita chiesta dallo stesso Brunetta, cui è venuto un travaso di bile leggendo il quotidiano di Ezio Mauro. “Vedo su un giornale di gossip politico un articolo che racconta, come quasi quotidianamente accade, cose mai successe. Confermo la mia piena fiducia al presidente Brunetta chiamato sempre più spesso a esercizi di sopportazione. Confido che ci riesca anche questa volta”, ha scritto Berlusconi in una nota.
Ascoltando le voci che arrivano da Montecitorio, però, è del tutto verosimile che l’ex premier stia sondando possibili sostituti di Brunetta, in primis proprio l’ex ministro delle Pari opportunità, che venerdì ha compiuto quarant’anni. Carfagna, infatti, occupa da anni un posto fisso nel cuore di Berlusconi, che la considera seria e affidabile. E lei, dopo un periodo di appannamento, ora è considerata di nuovo in ascesa. “Sarebbe un’ottima capogruppo, perché ha capacità di ascolto e mediazione che Brunetta se le sogna. E, dando la sua disponibilità a ricoprire il ruolo, ora tra i due a Montecitorio sarà guerra aperta”, confida un deputato azzurro.
L’ex Cav, come si è visto, per il momento frena e rimanda la questione a dopo le feste di Natale. Qualcuno ricorda che Berlusconi non ha mai cambiato un capogruppo in vita sua. Di certo, però, la situazione non può continuare così, con i presidenti alla Camera e al Senato che, non solo non si rivolgono la parola da settimane, ma si insultano un giorno sì e l’altro pure sulle pagine dei giornali. Le parole di Romani sulla “Boschi che si è difesa benissimo”, per esempio, hanno fatto infuriare di nuovo Brunetta, che l’ha considerata l’ennesima bocciatura della sua linea. “Il problema è che se Berlusconi cambia alla Camera, poi gli si pone il problema di come ricompensare Brunetta, cosa non facile visto che non siamo al governo e posti da distribuire non ce ne sono”, continua il deputato azzurro. Detto questo, però, l’ex Cav è stufo di questa storia, anche perché “Berlusconi vuole vicino a sé persone che gli risolvano i problemi, e non gente che glieli crea, e Brunetta è un portatore sano di problemi”.
Il capogruppo alla Camera, insomma, appare sempre più isolato. Da tempo anche Gianni Letta e Fedele Confalonieri, vicini a Romani, spingono per una linea politica più soft nei confronti del governo. Il Mattinale, intanto, continuerà a farlo Renato Farina, ma non più sotto lo stretto controllo di Brunetta. Forza Italia, insomma – dove oltretutto questa settimana è partito il licenziamento collettivo di tutti gli 81 dipendenti – sta vivendo uno dei periodi più difficili della sua storia. E il dramma, per loro, è che non s’intravede una via d’uscita. A riprova del malessere generale quest’anno, per la prima volta, non ci sarà la tradizionale cena di Natale di Berlusconi con i parlamentari. “Si rischia che qualcuno si tiri i coltelli”, è la battuta che gira a Palazzo Grazioli. E se anche una fedelissima berlusconiana come Laura Ravetto arriva a esporsi con la richiesta di “due nuovi capigruppo eletti da noi e non imposti dall’alto”, significa che il malessere covato dalle truppe per troppo tempo è venuto tutto a galla. Prova ne sia anche la richiesta di istituire una direzione nazionale del partito, auspicata pure da Romani e Toti, che finora l’ex Cav si è sempre rifiutato di avallare perché la considera una sorta di commissariamento alla sua leadership.
Nel frattempo trovano conferma le voci di nuovi abbandoni: Renata Polverini alla Camera, Enrico Piccinelli ed Emilio Zuffada al Senato. Tutti guardano a Verdini, che di questi tempi è molto bravo a fare promesse sul futuro a gente che sa di non avere sbocchi per la prossima legislatura.
Berlusconi, dal canto suo, osserva, ascolta tutti, tentenna, nicchia, prende tempo e non decide. Un giorno è convinto che un suo ritorno in campo risolleverebbe le sorti del partito, un altro si lascia prendere dallo sconforto e guarda a possibili successori cui passare il testimone (Della Valle?). E comunque va avanti a forza di rinvii, senza strategia e senza una linea politica chiara. Come si è visto in Parlamento sul voto di sfiducia alla Boschi sul conflitto di interessi per il salva-banche. E come s’intuisce dallo psicodramma sui candidati alle amministrative, dove ancora si brancola nel buio. E tutti i suoi preferiti vengono bocciati o dai sondaggi (Sallusti) o dai veti degli alleati (Marchini).