A Ivan Pavlov bastava suonare il campanello per innescare la salivazione dei suoi cani anche quando al trillo non erano abbinate le polpette: per innescare i riflessi condizionati non serve la realtà, ma la sua evocazione.
E così il premier Matteo Renzi e il suo portavoce Filippo Sensi (mai da sottovalutare) hanno suonato il campanello dello “scontro con la Merkel”, certi di poter innescare la salivazione dei giornali per coprire il momento più difficile della vita del governo. Tra risparmiatori furenti, opposizioni all’assalto e l’immagine immacolata del ministro Maria Elena Boschi compromessa in modo irreparabile, al di là delle responsabilità effettive, perché associata alla storia del crac di Banca Etruria.
Squilla, quindi, il campanello di Renzi-Sensi, lo scampanellio parla di un duello violento tra Renzi e Angela Merkel a un inutile Consiglio europeo, ieri, dove non si doveva decidere nulla. Ed ecco le prime pagine dei giornali tutte dedicate non alla difesa della Boschi in Parlamento, non alle notizie che stanno emergendo (per la verità quasi solo sul Fatto Quotidiano) sulle responsabilità di Bankitalia e Consob nel disastro delle quattro banchette fallite, ma alla presunta riscoperta di un orgoglio italico che finalmente permette di “battere i pugni sul tavolo”.
I pugni per cosa? Qui c’è l’unico errore di comunicazione del governo. Le ragioni di scontro con la Merkel sembrano troppe per essere vere. Il sistema europeo di assicurazione dei depositi cui la Germania si oppone (vista l’efficacia della prevenzione italiana, dove tutte le autorità fanno a gara per dimostrare che l’operazione è perfettamente riuscita anche se il paziente è morto, non si può dar torto del tutto a Berlino). Ma l’eroica tenzone tra Matteo e Angela riguarda anche la politica sui migranti, dove l’Italia cerca di fare la figura del Paese più umano di fronte a un’Europa sadica che vuole l’identificazione forzata di chi arriva. C’è anche, così, per spingere i giornali a occupare le pagine con ingombranti infografiche, un po’ di baruffa sul gas e il tubo North Stream.
I retroscena sono infarciti delle solite frasi renziane, quelle che il premier mai riesce a declinare in impegni o risultati concreti, tipo “uscire dalla cultura della subalternità”.
Il problema non è che Renzi e Sensi trattano i giornali come cani di Pavlov. Il problema è che il loro approccio funziona. E quindi si dà spazio allo “scontro” tra Renzi e la Merkel invece che di quello tra il governo e i risparmiatori italiani.