Dominique Velati, 59 anni, nella sua casa di Borgomanero, in provincia di Novara, non ritornerà più. Il viaggio per una clinica in Svizzera è di sola andata, il cancro ormai non le dava scampo e Dominique ha deciso di risparmiarsi il dolore più estremo, Dominique ha scelto l’eutanasia. Accanto a lei, nelle ultime ore, l’attivista radicale Marco Cappato: “Mi ha parlato della sua intenzione tre mesi fa”.
Dominique è morta?
Su questo non voglio rispondere. Ne parleremo pubblicamente domani (lunedì, ndr), quando saremo nelle condizioni di raccontare cos’è successo.
Quando si è rivolta a lei la prima volta per chiedere aiuto per fare l’eutanasia?
Appena ha saputo della sua malattia, tre mesi fa. Era un’intenzione, doveva però verificarla con se stessa. Poi mi ricontattò, le suggerii allora di venire al Congresso dell’associazione Luca Coscioni, dove erano presenti degli esperti dalla Svizzera.
È lì che ha ricevuto le informazioni per partire?
Sì. Ed è lì che le ho presentato le persone con le quali avviare la procedura per l’eutanasia.
Che tipo di aiuto le ha dato?
Anche a questo preferisco non rispondere ora.
“Chi agevola in qualsiasi modo l’esecuzione” del suicidio, se questo avviene, è punito con 12 anni di carcere. Così recita il codice penale.
È una norma assurda, che potrebbe condannare alla reclusione chi non fa altro che aiutare un parente o un amico a smettere di soffrire.
Ci sono altri malati che si sono rivolti a lei?
Solo negli ultimi mesi quasi novanta persone. Molte di più se consideriamo le richieste in forma anonima. Ci sono, poi, malati che chiedono informazioni perché vorrebbero poterlo fare qualora dovessero averne bisogno.
Che malattie hanno?
Molti malati di tumore, ma anche di sclerosi, distrofia, e anche depressi cronici. A volte sono i parenti a prendere contatti. Anche perché ci sono casi in cui il malato non è più in grado di intendere e di volere. Per questi malati andare all’estero non è una soluzione, perché il suicidio assistito può riguardare solo persone ancora in grado di decidere. Ci sono poi quelli che vorrebbero farlo ma gli è impedito dai familiari, quelli che non hanno i soldi necessari, oppure quelli che non sono più trasportabili.
È pronto ad aiutarli? Come?
Fino adesso abbiamo fornito le informazioni e i contatti. Ma ci rendiamo conto che in molti casi non basta e quindi ora faremo di più.
Infrangerà la legge?
Lo spiegherò domani.
Oggi un malato terminale in Italia che volesse porre fine alle sue sofferenze che possibilità ha?
Ce ne sono mille all’anno, dati Istat, che si suicidano, anche nei modi più terribili. I casi noti sono quelli di Carlo Lizzani e Mario Monicelli, che si sono gettati dalla finestra. Poi ci sono strutture molto avanzate nel praticare la sedazione terminale.
Si tratta di eutanasia?
È una pratica al limite, che espone medici e familiari a un inutile rischio. Riguarda una percentuale minima di persone che se lo possono permettere economicamente o che hanno la fortuna di trovarsi nella struttura giusta. Per tutti gli altri questa possibilità non c’è e i malati non sono informati della possibilità d’interrompere legalmente le terapie sotto sedazione. Come ha fatto Piergiorgio Welby.
Sono passati nove anni dalla morte di Welby. Anche in quel caso lei lo aiutò a esaudire la sua volontà di morire.
Inizialmente Welby voleva farla finita e smettere di soffrire. Era malato terminale di distrofia muscolare e riusciva sempre meno a fare ciò che lo teneva davvero in vita: comunicare con l’esterno. Dal momento in cui si è rivolto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano abbiamo combattuto insieme una battaglia politica per ottenere legalmente, alla luce del sole e nel rispetto della Costituzione, la sospensione delle terapie sotto sedazione. La cosa più difficile fu trovare un anestesista disposto a correre questo rischio, finché non si presentò Mario Riccio.
Ci furono, in quel caso, conseguenze penali?
Fummo interrogati insieme, poi Riccio fu incriminato e infine prosciolto: l’autopsia dimostrò che Welby non morì di overdose da anestetico, ma per il soffocamento dovuto al distacco del respiratore. Dà l’idea dell’assurdità della norma.
Dominique, nell’intervista rilasciata prima di partire per la Svizzera (suServiziopubblico.it), ha detto che ci sono due ostacoli all’approvazione della legge sull’eutanasia: i cittadini italiani e i politici. È d’accordo?
La gente è con noi, sono i capi partito a impedire da oltre due anni che il Parlamento discuta la nostra legge per la legalizzazione dell’eutanasia e per il testamento biologico.