Si parla tanto di quei 20.000 combattenti stranieri per Daesh: i foreign fighters. E di come offrire loro narrative alternative che o li allontanino da quella strada o non li facciano avvicinare a essa. Torniamo indietro di circa settecento anni.

Forse una dei pochi sonetti che ciascuno ricorda della sua formazione liceale è “S’i fosse fuoco” di quel Cecco Angiolieri che nacque a Siena, da famiglia assai benestante, nel 1260 e morì, lasciando molti debiti, nel 1312 circa. Il padre era il ricco banchiere Angioliero degli Angiolieri, cavaliere, maggiorente del Comune, appartenente all’ordine dei Frati della Beata Gloriosa Vergine Maria. Nel pieno del “Dolce Stil Novo”, tutto figure d’amore delicate ed eleganti, Cecco rompe secondo lo stile della goliardia, di cui improperi e dissacrazioni dello status quo fanno la cifra:

S’i fosse fuoco, arderei ‘l mondo;
s’i fosse vento, lo tempestarei;
s’i fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i fosse Dio, mandereil’ en profondo;
s’i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s’i fosse ‘mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.
S’i fosse morte, andarei a mi’ padre;
s’i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi’ madre.
Si fosse Cecco com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.

A partire dalla origine del mondo riconosciuta nella riorganizzazione degli elementi (il fuoco, l’aria e l’acqua) si figura Dio, seguito dal potere medioevale riconosciuto (il Papa e l’Imperatore) e da quello sociale (il padre e la madre). Per poi atterrare, letteralmente, alla filosofia di vita dell’ultima terzina.

Se tutto ciò fosse preso alla lettera, non risolto nella predilezione delle donne al centro della filosofia di vita di Cecco, sarebbe una sorta di narrativa attuale vicina a quella offerta da Daesh (Stato Islamico).

militare isis 675

Le ragioni che ci portano a una tale lettura “comica”, che ne smussa il significato, stanno nella biografia di Cecco e nel contesto storico letterario del componimento. Ma forse queste giustificazioni  non sono neppure distanti dalla volontà politica di assorbire le narrative non coerenti con il main stream in un contesto che, alla fine, lo rafforza, relegando la critica nella comicità, che la assorbe giustificandola.

Ma sì, è uno scherzo! Diventa il sentire comune che con una risata accantona il dissenso radicale. Giusto o sbagliato che sia è una pratica culturale e politica efficace. Tale pratica, da un parte, pone il problema della risata come attitudine liberatoria ma conformista e, dall’altra, il problema di come una narrativa differente sia necessaria al contenimento delle spinte radicali.

Torniamo a Daesh. Il tema dei foreign fighters è costantemente presente nel dibattito attuale. Si parla di circa 4.000 francesi combattenti per Is, circa 11.000 “attenzionati”, sempre francesi, che significa “ammaliati” dalla sua narrativa. A cui si aggiungono altre migliaia di europei. Di massima giovani, ma provenienti da strati sociali e competenze tutti differenti. La prima fase del reclutamento di Daesh era rivolta ai combattenti che ne garantissero i confini, poi ai tecnici per costruire i ruoli di servizio allo Stato, infine ai “coloni”, i cittadini del Califfato, oggi appartenenti a oltre cento gruppi etnici.

Il reclutamento avviene soprattutto attraverso la pubblicistica diffusa attraverso i video, i magazine, i social media: insomma attraverso la comunicazione che diffonde una narrativa forte… perché non ha trovato alternative. In “What are you waiting for”, video di sei mesi fa rivolto ai giovani francesi, gli anchorman sono tre concittadini che li chiamano a combattere per Daesh con sguardo fisso in macchina, bandana che lega capelli neri riccioluti, un kalashnikov che si intreccia con una sciabola da Saladino: chi li ha visti si è trovato di fronte una delle tigri di Mompracem, coerente con la narrativa di Salgari.

Si fa alla svelta a deplorare la sventatezza di chi si fa irretire da sogni di violenza e di avventura. Ma così facendo, si dimentica di considerare la potenza del sogno che necessariamente affascina i giovani, europei e non solo: la morte delle ideologie ha ucciso i sogni, con Salgari.

L’Europa, che infatti ha sconsideratamente salutato come un progresso il crollo di ogni ideologia, ha dimenticato che con esse sono finite le grandi narrative, dunque quei sogni comunicati che ai giovani fanno da companatico alla quotidianità infarcita di successo, senza speranza di conseguirlo per la mancanza di mezzi legittimi a ottenerlo. L’Europa ha dimenticato che la misura della realizzazione individuale e collettiva “terrena” si misura sulla distanza dal “sogno” che fornisce motivazioni e ragioni di sacrificio.

Combattere i cosiddetti foreign figthers in maniera efficace significa anche riconsiderare l’offerta ideale che l’Europa comunica ai suoi cittadini presenti e futuri. Per questo la battaglia per ora è difficile (non oso dire persa!) e Daesh interroga i suoi nemici sulla alternativa del sistema di valori che essi offrono anche nelle forme di comunicazione con cui questi valori si esplicitano.

Il vecchio Cecco Angiolieri fu parte della strategia di settecento anni fa.

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