Il retroscena della Stampa: il governatore "irritato" dalle parole di Renzi sulla "terzietà" necessaria per gli arbitrati sui rimborsi ai risparmiatori delle banche popolari. Ma la presidenza della Repubblica smentisce: "Nessuna telefonata e l'incontro era programmato da tempo"
Una telefonata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella in cui ha minacciato le dimissioni. Poi l’incontro al Quirinale nel quale il capo dello Stato lo avrebbe convinto a restare al suo posto di governatore. E’ il retroscena descritto oggi dalla Stampa che vede protagonista il capo di Bankitalia, Ignazio Visco, dopo che gli uffici di Palazzo Koch sono finiti al centro della questione delle banche popolari e delle loro obbligazioni ai piccoli risparmiatori (di questo parlerà anche a Che tempo che fa, da Fazio). Ricostruzioni che però il Quirinale definisce “fantasiose”. Secondo il Colle, la cui posizione trapela da fonti non meglio identificate e senza una nota ufficiale, non c’è mai stata nessuna telefonata da Visco a Mattarella e l’incontro tra i due che si è tenuto effettivamente giovedì scorso, ma era programmato da tempo. Per giunta non si è mai parlato né accennato – dicono tutte le agenzie di stampa con parole quasi in fotocopia – di dimissioni, di malumori, di riserve per la scelta di affidare gli arbitrati per risarcire i risparmiatori delle banche popolari all’Autorità Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone.
L’oggetto del contendere, infatti, è proprio questo. La mossa di Visco di telefonare al presidente della Repubblica e adombrare la volontà di lasciare la guida di via Nazionale, secondo la Stampa, nascerebbe dall’annuncio del presidente del Consiglio Matteo Renzi fatto da Bruxelles. “C’è volontà di massima trasparenza – aveva detto il capo del governo – di massima chiarezza, e se possibilie vorrei che l’arbitrato fosse gestito non dalla Consob, non dalla Banca d’Italia, non dal Parlamento, non dal governo, ma dall’Autorità nazionale anticorruzione”. Allo stupore di Visco, sempre secondo il pezzo firmato dall’inviata a Berlino Tonia Mastrobuoni, si è aggiunto il dispiacere, per così dire, dovuto al fatto che Renzi aggiungeva che, per questa missione, c’è bisogno di un “soggetto terzo, autorevole, che è in prima linea contro ogni tipo di ingiustizia”. Da qui la telefonata (smentita dal Quirinale) e l’incontro al Colle (nel quale, di contro, secondo la presidenza della Repubblica, non si è parlato delle questioni di stretta attualità).
Un dato è certo: la “velocità” di Renzi ha spiazzato tutti, giovedì scorso. Compreso Cantone, cui verrebbe affidata la gestione degli arbitrati: “Ho appreso con piacere che il presidente del consiglio ha individuato nell’Anac l’organo per gestire gli arbitrati” aveva detto il magistrato, quasi facendo intendere di averlo scoperto dalle agenzie di stampa. Ad ogni modo il presidente dell’Autorità anticorruzione aveva anche aggiunto che l’organismo adatto, tra i suoi uffici, c’è già (si chiama “Camera arbitrale”).
E però ora pare che fuori dalla porta di Mattarella ci sia già la fila di chi aveva ruoli di vigilanza e sorveglianza nel percorso incidentato delle banche popolari. Sempre secondo la Stampa anche il presidente della Consob Giuseppe Vegas sta aspettando una chiamata per essere ricevuto al Quirinale. Una cosa è certa, precisa il giornale torinese: non c’è momento peggiore per indebolire Bankitalia che si sta confrontando settimana dopo settimana, mese dopo mese, con le istituzioni europee anche sui nuovi criteri di giudizio sulle banche. E lì lo scontro è ancora una volta con la Germania e con la Bundesbank.