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Brasile, preludi di regime

IndiosManaus1

Chiudo il 2015 ancora con il Brasile; la cartolina de “il Paese dell’eterno Carnevale, le spiagge carioca, e le mulatte da esportazione” (Cfr. O Resto da Carlinho) è ingiallita sui muri di una retorica, che si scontra con una realtà sempre più impietosa.

Il lato oscuro de “O Paìs Tropical”

Ambiente. I fanghi tossici, un cocktail micidiale di mercurio e alluminio, fuoriusciti dopo la rottura della diga di Mariana, sono già riversati nell’Oceano Atlantico, lasciando alle spalle una tragedia ecologica senza precedenti nel Sud America. La fauna ittica è annientata, e circa 280.000 persone senza acqua potabile dal 5 novembre.
La società mineraria Samarco, è responsabile di averne forzato con le scorie gli argini, in barba ai divieti, forte delle coperture assicurate dal sistema di tangenti ideato dalla Vale, maggior esportatrice di ferro al mondo.

Economia. I numeri sono impietosi; 4,5% in meno del Pib (il nostro Pil), 9% disoccupazione, aumento svalutazione Real 100% sull’euro (4,20 BRL = 1 EUR) e 70% sul dollaro rispetto al 2013; una perdita di quasi 10 miliardi di Euro, dovuta agli scandali Petrobras, Lava Jato e l’ultimo della Vale.
Il Brasile, con i paesi dell’Opec, paga il crollo globale del prezzo legato all’export petrolifero, dovuto all’estrazione del crudo texano, che renderà a breve gli USA indipendenti sotto il profilo energetico.
Le monocolture della soia e della canna da zucchero, per la produzione di etanolo e bio-diesel, mantengono il latifondo, penalizzando la diversificazione, e lo spazio per le energie rinnovabili, un settore nel quale il Paese è colpevolmente indietro, al cospetto de l’input deciso nell’ultima conferenza sul clima a Parigi.

Sicurezza: malgrado la ferocia della Bope (Batalhão de Operações Policiais Especiais) esposta nel suo macabro logo, la criminalità aumenta senza freni, di pari passo con la percentuale degli omicidi polizieschi; 96% in più la prima, 80% la seconda. L’ultima strage avvenuta a Fortaleza, ha reso evidente la similitudine delle rappresaglie Pm con quelle naziste.

Democrazia razziale

“Qua non li vogliamo; e dovresti essere contento soprattutto tu, che oggi puoi girare tra noi senza essere rapinato o peggio, ucciso”. Questa è stata la risposta secca che ho ricevuto tre anni fa a Rio, quando ho chiesto a una barista come mai sulla spiaggia di Ipanema non avessi incontrato neri, né le mitiche mulatte con le natiche solcate da o fio interdentao, il microscopico perizoma che popola l’immaginario dei gaudenti.

Le favelas carioca, centrali del narco-traffico, erano in corso di “pacificazione”, un bagno di sangue che non risparmiava le torture. Un 2012 da record, per i 56.000 omicidi, di cui oltre 30.000 giovani dai 15 ai 25 anni, 70% neri, secondo le cifre fornite da Anistia Internacional. Lo Stato di Rio raggiunse nel 2014 il picco di 2000 esecuzioni extra-giudiziarie, 77% di colore. Gli excluìdos che vivono ai margini nelle metropoli di Rio e Sao Paolo, senza accesso a servizi sanitari e scolastici decenti (gli ospedali pubblici nei grossi centri sono sovraffollati e i costi di quelli privati sono proibitivi per loro) vanno a ingrossare le file delle gang criminali, e del trabalho escravo, la manodopera sottopagata senza limiti di orario, che costituisce l’ossatura dello sfruttamento ai limiti della schiavitù. Circa 160.000 locali, in massima parte pretos e pardos (neri e mulatti) e oltre 200.000 tra boliviani e paraguayani, concentrati soprattutto a Sao Paulo. I quilombolas, gli eredi degli ex schiavi africani in fuga, sono ancora un serbatoio a basso costo per le piantagioni di canna da zucchero, come i loro pro-genitori. Non va molto meglio agli indios; la deforestazione amazzonica, e catastrofi come quella della diga Samarco, hanno costretto molti a emigrare, cercando lavoro presso le agenzie turistiche, che organizzano tour “etnici” per i turisti ricchi di Sao Paulo.

Il razzismo in Brasile è strutturale e fautore di un’apartheid economica, che è evidente proprio in città-simbolo delle radici africane come Salvador, capitale dello stato di Bahia. Su 4 milioni di abitanti, oltre 3 milioni e mezzo sono neri e mulatti, concentrati soprattutto nei quartieri-lixo (monnezza) di Mar Brasil e Stella Mària. Nei salotti buoni della città, o nei lussuosi centri commerciali, vedi quasi solo bianchi. L’assoluzione recente dei poliziotti accusati della mattanza di 12 ragazzi neri alla vigilia del carnevale scorso, malgrado gli esami balistici positivi, ha sancito anche a livello istituzionale questa tendenza. Istituzioni che chiudono gli occhi, al cospetto delle continue sparizioni di giovani, sequestrati dalla Bope e mai restituiti alle famiglie. Decine di casi, che Anistia denuncia, senza ottenere risposte.

Conclusioni

Nell’anno delle Olimpiadi il Brasile si presenta al mondo malamente, sia a livello economico, che di sicurezza pubblica. I sintomi di una restaurazione di regime aumentano la debolezza del governo Rousseff, in bilico per la procedura d’impeachment e la mancanza di controllo sulla polizia militare. Il quadro sembra peggiore di quello del 2013, quando il Paese fu paralizzato dalle dimostrazioni contro la Confederations Cup. Difficile l’opposizione conservatrice si faccia sfuggire tale opportunità, mancata per un soffio alla chiusura delle scorse presidenziali.

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