“Sono un morto che cammina”, dice da una località protetta che si guarda bene da rivelare. “Ho una taglia sulla testa, metto il piede a Roma e mi ammazzano”. Ai tempi, lo chiamavano Il Crispino, per via dei capelli riccioluti. Poi, per ragioni romanzesche, è diventato Il Freddo. Oggi, Maurizio Abbatino ha 61 anni. Per la prima volta da quando non è più in carcere accetta di parlare con un giornale. E’ un signore che, dopo una vita passata con generalità false o protette, ha ritrovato il suo vecchio nome, quello che fece di lui il re della peggiore malavita romana. La Banda della Magliana: che con Franco Giuseppucci, Il Negro (Il Libanese nella fiction), ha formato e guidato.
Da allora, però, Roma è cambiata: lei è davvero convinto che ci sia chi vuole morto un personaggio senza più potere?
Poi le racconterò quante volte, anche nel corso della mia seconda vita, ci hanno provato. Ma secondo lei Roma è proprio così cambiata? Qualche scemo mi ammazzerebbe solo per prestigio criminale.
Solo per il semplice fatto che lei era il boss della Banda della Magliana?
Non ero il boss.
Insomma, aveva molto potere sugli altri.
Non avevo nessuno sopra di me, ma non ero il capo. Eravamo in molti a decidere.
Quanta gente ha ammazzato?
Tanta. Troppa. Non voglio ricordare.
Chi l’ha ereditato il suo potere?
Un certo Massimo Carminati.
Lo conosce bene lei…
Sì, me lo sono portato dietro quando feci il primo attentato con i tubi innocenti. Un ragazzo serio.
È Carminati a volerla morto?
Anche, ma non solo lui. Nel corso del tempo ho ricevuto molti segnali. Carminati sicuramente è uno di quelli, poi ci sono gli apparati deviati. Quando, dopo la mia confessione, sono stato arrestato, mi hanno spedito a Spoleto, poi volevano mandarmi a Poggioreale. E lì era detenuto Carminati per il furto al caveau della Cassazione. Lo evitai per un soffio. Ma anche quando ero in Sudamerica, sempre in carcere e prima che collaborassi, mi misero in cella con un avvocato che aveva per sé, nella prigione, un appartamento. E sono certo che mi stavano per far fuori.
Lei fu arrestato dopo sei anni di latitanza per una telefonata a casa. La scoprirono così. La rifarebbe quella telefonata?
La feci. Non sono un fesso, sapevo che c’era la possibilità che venissi intercettato. Non avevo chiamato per cinque anni, ma era arrivato il momento. Non potevo vivere con quei pesi, con la droga e con l’alcol. Non mi consegnai, ma non feci nulla per sfuggire alla cattura. Sapevo del rischio, mettiamola così.
Perché decise di collaborare con la giustizia e fece arrestare i suoi ex compagni?
Non ero più protetto. E poi avevano ammazzato mio fratello, lo avrebbero fatto anche con me. Lo faranno, visto che lo Stato mi ha lasciato solo, senza più protezione. E le parla uno che ha un senso di rispetto per la giustizia. Ho collaborato proprio perché non avvenisse più niente di tutto quello che fu. Roma era il Far West.
Secondo lei esiste però una nuova Banda della Magliana?
Esiste Carminati. Che era freddo, lucido. Il più freddo e lucido di noi. E quello con più potere di attrazione. A ogni assoluzione il potere di Carminati è cresciuto. Ha avuto la fortuna di godere di protezioni dall’alto e di essere imputato nell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli insieme a Giulio Andreotti.
Ma lei dalla sua nuova vita e col nome protetto sapeva di Carminati?
Tutti sapevano. Tutti. Non c’era più sangue come allora, come ai tempi in cui la Banda crebbe, ma un altro tipo di potere, e tutto nelle mani di Carminati e dei suoi.
Li hanno arrestati tutti però?
Sì, sono in galera, ma tra pochi anni saranno tutti fuori. E non sono certo che altri non siano liberi.
Secondo lei Carminati uccise Pecorelli?
Non ho le prove. Ho elementi che mi fanno presupporre che fu lui. Non è un mistero che quell’omicidio nacque nel nostro ambiente, nella banda della Magliana. Ordinato da altri, noi lo eseguimmo
Lei era legato a Carminati. Il Cecato o Il Nero, come lo vogliamo chiamare?
Avevo rispetto. Ho messo esplosivi con lui. Era dei nostri, nonostante fosse molto diverso da noi. Comunque sul primo attentato al quale accennavo prima, durante la mia deposizione il nome di Carminati lo lasciai fuori. Ci sono arrivati i magistrati e allora cambiai la mia versione. Ma l’ho anche coperto.
Ci sono persone alle quali il suo ricordo è rimasto legato?
Oltre a mio fratello?
Si, oltre a lui. Parlo dei suoi compagni di malavita.
Franco Giuseppucci.
E Renatino De Pedis?
Anche lui. Ma poi iniziò a fare riferimento alla mafia di Pippo Calò. Era diverso, a modo suo, da noi. De Pedis amava un’altra vita, la bella vita. Pensava ai soldi e li metteva da parte. Agiva con altro spirito, è sempre stato amante dei poteri e della vita da nigth.
Anche lei era pieno di quattrini.
Io avevo la malattia del gioco d’azzardo, li bruciavo, i quattrini. De Pedis no. Non era come me. Ma eravamo legati, certo. Amici.
E’ stato scritto tutto sulla Banda della Magliana?
Una parte di storia. Ma non tutta. Io potrei continuare a parlare, ma a un certo punto mi sono fermato fino al punto in cui avevo le prove. Oltre non sono andato. Non potevo. Ma la storia della banda della Magliana è molto più complessa. E c’entra molto di più con la P2 rispetto a quanto è emerso. Lei tenga conto che ogni tanto il generale Santovito, l’ex capo del Sismi, mi faceva arrivare i saluti. Io non l’avevo neanche mai conosciuto. A un certo punto, non so se per la nostra capacità di uccidere e il controllo del territorio, ma eravamo rispettati dai poteri deviati e da una certa politica, allora molto influente. E se Mafia Capitale, come è stata ribattezzata, è emersa quando ormai tutti sapevano e non potevano fare a meno che esplodesse lo scandalo, qualcuno li aveva coperti. Carminati sapeva benissimo che lo avrebbero arrestato.
Lei parla ancora come un boss.
Sono uno che ha sempre letto i giornali. Tutti sapevano. Tutti conoscono le coperture di Carminati.
Perché lei è così certo che la vogliano morto?
Io non so tutto, ma so molto. Anche di quello che non è emerso. E non credo che sia solo la malavita in giro a volermi far fuori, ma anche alcuni apparati, un tempo servizi segreti, oggi non so più come si chiamano. Nella mia vita blindata mi sono fidato della polizia, certo, ma molto più della squadra mobile che non della Digos.
Però è lei che ha chiesto di uscire dal programma di protezione.
Sì, ma cinque anni fa e comunque non è andata esattamente così. Oggi mi lasciano fuori senza un centesimo in tasca. Vogliono che torni in strada. L’ultima volta mi hanno chiesto l’Iban. L’Iban? Come se io potessi avere un conto corrente. E quelli che guidano il programma protezione lo sanno molto bene. Ma scoppia Mafia Capitale e mi mandano fuori. E’ stata una manovra, non so voluta da chi. Un segnale a coloro che volevano parlare: guardate che fate la fine di Abbatino se collaborate, questo hanno voluto dire.
In Romanzo Criminale lei era Il Freddo. Hanno sbagliato gli sceneggiatori?
Non molto. Io ero quella cosa lì. Forse meno romanzata. Ma quello ero. Poi tutto sommato non ne esco male.
E’ vero che si iniettò il virus dell’Hiv per farsi ricoverare?
Sì, è vero. Nonostante certe cliniche romane fossero praticamente a nostra disposizione, tutti entravamo e uscivamo tutte le volte che volevamo. E tutti sapevano. Io mi iniettai il virus dell’Aids e finsi di non muovere più le gambe ero a Villa Gina. Poi mi sentì come in trappola come se mi si strigesse un cappio al collo. Così decisi di fuggire. Il giorno vivevo su una sedia a rotelle, la notte invece facevo ginnastica in un bagno di un metro per uno, perché non si atrofizzassero i muscoli.
Un romanzo criminale, appunto.
Era Roma in quegli anni. L’Italia di quegli anni. La Magliana.
Cronaca
Mafia Capitale, parla l’ex boss della Magliana Abbatino: “Io? Un morto che cammina. Carminati mi farà ammazzare”
Crispino, 61 anni, per la prima volta da quando non è più in carcere parla a un giornale: "Tutti sapevano che era er Cecato a comandare su Roma, ha ereditato il potere della banda. lo scandalo è esploso quando non poteva essere più tenuto nascosto. Lui ha goduto sempre di protezioni dall'alto: è stato imputato con Andreotti per l'omicidio Pecorelli. La P2? Il generale Santovito mi mandava i saluti"
“Sono un morto che cammina”, dice da una località protetta che si guarda bene da rivelare. “Ho una taglia sulla testa, metto il piede a Roma e mi ammazzano”. Ai tempi, lo chiamavano Il Crispino, per via dei capelli riccioluti. Poi, per ragioni romanzesche, è diventato Il Freddo. Oggi, Maurizio Abbatino ha 61 anni. Per la prima volta da quando non è più in carcere accetta di parlare con un giornale. E’ un signore che, dopo una vita passata con generalità false o protette, ha ritrovato il suo vecchio nome, quello che fece di lui il re della peggiore malavita romana. La Banda della Magliana: che con Franco Giuseppucci, Il Negro (Il Libanese nella fiction), ha formato e guidato.
Da allora, però, Roma è cambiata: lei è davvero convinto che ci sia chi vuole morto un personaggio senza più potere?
Poi le racconterò quante volte, anche nel corso della mia seconda vita, ci hanno provato. Ma secondo lei Roma è proprio così cambiata? Qualche scemo mi ammazzerebbe solo per prestigio criminale.
Solo per il semplice fatto che lei era il boss della Banda della Magliana?
Non ero il boss.
Insomma, aveva molto potere sugli altri.
Non avevo nessuno sopra di me, ma non ero il capo. Eravamo in molti a decidere.
Quanta gente ha ammazzato?
Tanta. Troppa. Non voglio ricordare.
Chi l’ha ereditato il suo potere?
Un certo Massimo Carminati.
Lo conosce bene lei…
Sì, me lo sono portato dietro quando feci il primo attentato con i tubi innocenti. Un ragazzo serio.
È Carminati a volerla morto?
Anche, ma non solo lui. Nel corso del tempo ho ricevuto molti segnali. Carminati sicuramente è uno di quelli, poi ci sono gli apparati deviati. Quando, dopo la mia confessione, sono stato arrestato, mi hanno spedito a Spoleto, poi volevano mandarmi a Poggioreale. E lì era detenuto Carminati per il furto al caveau della Cassazione. Lo evitai per un soffio. Ma anche quando ero in Sudamerica, sempre in carcere e prima che collaborassi, mi misero in cella con un avvocato che aveva per sé, nella prigione, un appartamento. E sono certo che mi stavano per far fuori.
Lei fu arrestato dopo sei anni di latitanza per una telefonata a casa. La scoprirono così. La rifarebbe quella telefonata?
La feci. Non sono un fesso, sapevo che c’era la possibilità che venissi intercettato. Non avevo chiamato per cinque anni, ma era arrivato il momento. Non potevo vivere con quei pesi, con la droga e con l’alcol. Non mi consegnai, ma non feci nulla per sfuggire alla cattura. Sapevo del rischio, mettiamola così.
Perché decise di collaborare con la giustizia e fece arrestare i suoi ex compagni?
Non ero più protetto. E poi avevano ammazzato mio fratello, lo avrebbero fatto anche con me. Lo faranno, visto che lo Stato mi ha lasciato solo, senza più protezione. E le parla uno che ha un senso di rispetto per la giustizia. Ho collaborato proprio perché non avvenisse più niente di tutto quello che fu. Roma era il Far West.
Secondo lei esiste però una nuova Banda della Magliana?
Esiste Carminati. Che era freddo, lucido. Il più freddo e lucido di noi. E quello con più potere di attrazione. A ogni assoluzione il potere di Carminati è cresciuto. Ha avuto la fortuna di godere di protezioni dall’alto e di essere imputato nell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli insieme a Giulio Andreotti.
Ma lei dalla sua nuova vita e col nome protetto sapeva di Carminati?
Tutti sapevano. Tutti. Non c’era più sangue come allora, come ai tempi in cui la Banda crebbe, ma un altro tipo di potere, e tutto nelle mani di Carminati e dei suoi.
Li hanno arrestati tutti però?
Sì, sono in galera, ma tra pochi anni saranno tutti fuori. E non sono certo che altri non siano liberi.
Secondo lei Carminati uccise Pecorelli?
Non ho le prove. Ho elementi che mi fanno presupporre che fu lui. Non è un mistero che quell’omicidio nacque nel nostro ambiente, nella banda della Magliana. Ordinato da altri, noi lo eseguimmo
Lei era legato a Carminati. Il Cecato o Il Nero, come lo vogliamo chiamare?
Avevo rispetto. Ho messo esplosivi con lui. Era dei nostri, nonostante fosse molto diverso da noi. Comunque sul primo attentato al quale accennavo prima, durante la mia deposizione il nome di Carminati lo lasciai fuori. Ci sono arrivati i magistrati e allora cambiai la mia versione. Ma l’ho anche coperto.
Ci sono persone alle quali il suo ricordo è rimasto legato?
Oltre a mio fratello?
Si, oltre a lui. Parlo dei suoi compagni di malavita.
Franco Giuseppucci.
E Renatino De Pedis?
Anche lui. Ma poi iniziò a fare riferimento alla mafia di Pippo Calò. Era diverso, a modo suo, da noi. De Pedis amava un’altra vita, la bella vita. Pensava ai soldi e li metteva da parte. Agiva con altro spirito, è sempre stato amante dei poteri e della vita da nigth.
Anche lei era pieno di quattrini.
Io avevo la malattia del gioco d’azzardo, li bruciavo, i quattrini. De Pedis no. Non era come me. Ma eravamo legati, certo. Amici.
E’ stato scritto tutto sulla Banda della Magliana?
Una parte di storia. Ma non tutta. Io potrei continuare a parlare, ma a un certo punto mi sono fermato fino al punto in cui avevo le prove. Oltre non sono andato. Non potevo. Ma la storia della banda della Magliana è molto più complessa. E c’entra molto di più con la P2 rispetto a quanto è emerso. Lei tenga conto che ogni tanto il generale Santovito, l’ex capo del Sismi, mi faceva arrivare i saluti. Io non l’avevo neanche mai conosciuto. A un certo punto, non so se per la nostra capacità di uccidere e il controllo del territorio, ma eravamo rispettati dai poteri deviati e da una certa politica, allora molto influente. E se Mafia Capitale, come è stata ribattezzata, è emersa quando ormai tutti sapevano e non potevano fare a meno che esplodesse lo scandalo, qualcuno li aveva coperti. Carminati sapeva benissimo che lo avrebbero arrestato.
Lei parla ancora come un boss.
Sono uno che ha sempre letto i giornali. Tutti sapevano. Tutti conoscono le coperture di Carminati.
Perché lei è così certo che la vogliano morto?
Io non so tutto, ma so molto. Anche di quello che non è emerso. E non credo che sia solo la malavita in giro a volermi far fuori, ma anche alcuni apparati, un tempo servizi segreti, oggi non so più come si chiamano. Nella mia vita blindata mi sono fidato della polizia, certo, ma molto più della squadra mobile che non della Digos.
Però è lei che ha chiesto di uscire dal programma di protezione.
Sì, ma cinque anni fa e comunque non è andata esattamente così. Oggi mi lasciano fuori senza un centesimo in tasca. Vogliono che torni in strada. L’ultima volta mi hanno chiesto l’Iban. L’Iban? Come se io potessi avere un conto corrente. E quelli che guidano il programma protezione lo sanno molto bene. Ma scoppia Mafia Capitale e mi mandano fuori. E’ stata una manovra, non so voluta da chi. Un segnale a coloro che volevano parlare: guardate che fate la fine di Abbatino se collaborate, questo hanno voluto dire.
In Romanzo Criminale lei era Il Freddo. Hanno sbagliato gli sceneggiatori?
Non molto. Io ero quella cosa lì. Forse meno romanzata. Ma quello ero. Poi tutto sommato non ne esco male.
E’ vero che si iniettò il virus dell’Hiv per farsi ricoverare?
Sì, è vero. Nonostante certe cliniche romane fossero praticamente a nostra disposizione, tutti entravamo e uscivamo tutte le volte che volevamo. E tutti sapevano. Io mi iniettai il virus dell’Aids e finsi di non muovere più le gambe ero a Villa Gina. Poi mi sentì come in trappola come se mi si strigesse un cappio al collo. Così decisi di fuggire. Il giorno vivevo su una sedia a rotelle, la notte invece facevo ginnastica in un bagno di un metro per uno, perché non si atrofizzassero i muscoli.
Un romanzo criminale, appunto.
Era Roma in quegli anni. L’Italia di quegli anni. La Magliana.
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Laura Olivetti, morta a Ivrea ultimogenita di Adriano. Premio Unesco, aveva 64 anni
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Alitalia, Milano-Reggio Calabria più costoso di Milano-NY. Rivolta Twitter: “Voi mette er traffico de fòrisede?”
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(Adnkronos) - "La scomparsa di Fulco mi addolora profondamente. Con lui ho condiviso anni di passione e impegno per la tutela dell’ambiente: io come presidente del Wwf Italia dal 1992 al 1998 (e membro del Board internazionale con il principe Filippo), lui come figura guida e poi presidente onorario dell’associazione, dopo la breve parentesi politica che lo aveva tenuto lontano. Fulco è stato un punto di riferimento per tutti noi che ci siamo dedicati alla salvaguardia della natura. Le sue idee, la sua capacità di coinvolgere e di trasmettere amore per la biodiversità resteranno un esempio prezioso". Lo afferma Grazia Francescato, già presidente dei Verdi e del Wwf Italia, ricordando Fulco Pratesi.
"Insieme -ricorda- abbiamo sognato e lavorato per un mondo più giusto e sostenibile, dividendoci persino la stessa scrivania pur di coordinare al meglio le nostre iniziative. In questo momento di grande tristezza voglio ricordarlo come un uomo coerente e generoso, che non ha mai smesso di credere nella forza delle idee e nell’importanza di agire in difesa del nostro pianeta. Ai suoi familiari e a tutti coloro che gli hanno voluto bene va il mio sentito cordoglio. Fulco resterà sempre nel mio cuore e in quello di tutti coloro che l’hanno conosciuto e hanno collaborato con lui. Il suo insegnamento e la sua dedizione alla natura continueranno a ispirare il nostro lavoro e le prossime generazioni".
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Vicinanza e solidarietà da parte di Fratelli d’Italia alle forze dell’ordine che anche oggi sono state bersaglio di violenze ingiustificate da parte dei soliti professionisti della violenza ormai sempre più coccolati dalla sinistra locale, che questa volta hanno cercato di colpire la cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico dell'Università bolognese alla presenza del ministro Bernini e al rettore, a cui va la nostra vicinanza”. Così Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - Il Partito democratico parteciperà domani alle manifestazioni a sostegno dell’Ucraina e dell’Europa organizzate da Azione. Parteciperanno fra gli altri Cristina Tajani e Simona Malpezzi a Milano e Alberto Losacco, Francesca La Marca, Pier Ferdinando Casini, Filippo Sensi e Andrea Casu a Roma.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Nelle ultime ore il collega del M5S Colucci sembra essere pervaso da una particolare agitazione. Ieri ha rivolto attacchi sguaiati al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Fazzolari, 'reo' di aver giustamente ribadito l'importanza del lavoro che sta svolgendo la commissione d'inchiesta sul Covid; oggi se la prende con me, perché ho evidenziato come le fonti stampa continuino a gettare pesanti ombre sull’operato del Governo presieduto dal suo capo Conte e dell’allora commissario Arcuri. Rispediamo al mittente le risibili accuse di Colucci e continuiamo a lavorare per far luce a 360 gradi sulla disastrosa gestione politica della pandemia". Lo afferma il deputato di Fratelli d’Italia Francesco Ciancitto, vicepresidente della commissione Covid.
"Lo dobbiamo -aggiunge- alle vittime, ai loro familiari, ai contribuenti italiani costretti a un maxi-risarcimento per lo scandalo mascherine e a chi ancora porta i segni fisici e psichici di quella triste stagione storica”.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - Dopo gli appuntamenti di domani a Londra (l'incontro alle 11 con il premier britannico, Keir Starmer, e poi il summit dei leader europei sull'Ucraina) il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, martedì 4, alle 10.30, parteciperà alla Scuola ufficiali dell’Arma dei carabinieri alla cerimonia di inaugurazione dell'Anno accademico 2024/25. Nel pomeriggio, alle 15:30, a palazzo Chigi incontrerà il presidente della Lituania, Gitanas Nausėda.
Mercoledì 5 alle 11 incontro con l'Unione delle Camere penali e alle 15:30 con l'Associazione nazionale magistrati. Giovedì 6 infine alle 10 a Bruxelles il Consiglio europeo straordinario.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - “Se lo dovessi incontrare, chiederò all'ex amministratore delegato dell’Enel, l’ingegnere Francesco Starace, a nome di chi parla quando denigra il ricorso all'energia nucleare. C'è qualcuno alle sue spalle? Gli chiederò anche chi c'era alle sue spalle, ma lo sappiamo. Si trattava di Matteo Renzi, quando creò Open Fiber mettendo l’Enel nel campo delle telecomunicazioni al quale era estraneo. Una vicenda che è costata cifre colossali allo Stato e delle quali prima o poi bisogna chiedere la restituzione a Renzi ed a Starace". Lo afferma il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri.
"Così -aggiunge- potremmo finanziare il nucleare in abbondanza. Starace dà cattivi consigli avendo dato nel passato pessimi esempi. Per quanto riguarda poi alcuni affari che hanno visto al centro Open Fiber siamo pronti a un confronto pubblico per spiegargli alcune stranezze che lui conosce benissimo con valutazioni e cifre sulle quali forse la magistratura avrebbe dovuto indagare”.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Come ex ministro e sottosegretario alla presidenza del Consiglio auspico che il Governo italiano partecipi con convinzione, senza se e senza ma, allo sforzo collettivo dell'Europa di solidarietà con l'Ucraina". Lo afferma Carlo Giovanardi (Popolo e libertà). "La comune appartenenza alla Nato con gli Stati Uniti -aggiunge- non ci sottrae infatti al dovere di criticare gli amici d'oltreoceano quando in mondovisione non rispettano chi da anni difende il suo popolo da una brutale aggressione da parte della Russia".