Siamo ormai in pieno clima natalizio e non si arrestano anche in questi giorni i discorsi xenofobi che ci hanno fedelmente accompagnato durante l’anno. Nella tradizione italiana il tema della pulizia nei giorni di Natale sembra trovare una sua precisa ragion d’essere e mentre la vicine festività ci impongono le pulizie degli ambienti domestici, ad alcuni nostri politici non sfugge l’occasione per ricordarci in questi giorni l’importanza di “ripulire” il nostro Paese dall’orda clandestina che la minaccia.
Nella storia dell’antropologia resta un classico l’esempio adottato anni fa da Mary Douglas secondo il quale “lo sporco è ciò che è fuori posto”. E’ sporca una strada se invasa di foglie così come la superficie di una scrivania se ricoperta di cartacce. Foglie e cartacce, se collocate nel cestino, il loro posto, eviterebbero alla strada e alla scrivania di essere considerate sporche.
Per traslazione, secondo le categorizzazioni morali e sociali di stampo populista, vengono considerati “fuori posto”, pertanto pericolosi e repellenti, quegli individui stranieri che violano i confini dello Stato nazionale. I “clandestini”, esclusi dalla categoria che fissa il principio della normalità, sono i “fuori posto” da allontanare, lo “sporco” dal quale pulirci, prima, durante e dopo le feste. Resta emblematica l’immagine di alcuni anni fa quando l’europarlamentare Borghezio, armato di spay, organizzò una ronda nei vagoni facendo alzare una signora, evidentemente straniera, per disinfettare la poltrona sulla quale sedeva. Anche il linguaggio istituzionale predilige l’utilizzo del termine “bonifica” quando le amministrazioni descrivono l’allontanamento coatto di donne e bambini in occasione di sgomberi forzati.
Eppure non esiste Stato al mondo dove le “minoranze” non siano presenti. Sono almeno 500 i gruppi etnici presenti nei 205 Stati del nostro pianeta. Sono quasi 150 i Paese in cui almeno una minoranza rappresenta almeno il 10% della popolazione e, guardando la mappa dei conflitti dimenticati, scopriamo che la causa delle guerre, piccole o grandi che siano, non è il prodotto della differenza culturale riscontrabile in un’area geografica, ma la diseguaglianza economica. E’ la ricchezza con i suoi squilibri sociali che genera il conflitto, non la compresenza di individui culturalmente diversi.
Ma non ci sono solo i confini dello Stato sovrano, quelli con i quali stabiliamo i criteri dei “fuori posto”. Ci sono anche i confini mentali che i malati, i disabili fisici e mentali, i rom, i senza casa sovvertono quando li invadono con la loro presenza, rendendo “impuro” lo spazio della nostra esistenza.
Ci sono poi “fuori posto” di casa nostra. Secondo l’indagine condotta dall’Istat sulla condizione delle persone che vivono in povertà estrema, le persone “fuori posto” nostrane sono 50.700, equivalenti ai senza fissa dimora, pari al 2,43% della popolazione regolarmente iscritta presso i Comuni presi in esame dall’indagine. Di essi quasi il 40% vive nel Nord-ovest, il 24% nel Centro, l’11% nel Sud e i rimanenti nelle Isole.
Alla fine il “dentro” e il “fuori” è solo uno spazio mentale con barriere e confini fissati dalle nostre paure o dal nostro egoismo. C’è chi fa la sua “pulizia” restringendo le barriere, chi riesce ad abbatterle, anche con ironia; chi lo fa prendendosela con gli altri e chi inizia a porre uno specchio davanti alla propria coscienza. Leggo in questi giorni su Facebook la narrazione di una cittadina napoletana:
“Stamattina, funicolare di Montesanto, a San Martino sale una comitiva del nord. Alla fermata del corso Vittorio Emanuele sale il ragazzo rom che chiede sempre l’elemosina, lo conoscono tutti gli abituè, inizia il suo solito discorso, ha appena il tempo di dire due parole che la comitiva del nord inizia a urlare per zittirlo per poi cominciare: “Basta, vai via…”. Io ho appena il tempo di pensare: “Mò li insulto”, che i signori del vagone si alzano e guardano la comitiva minacciosi. Il gruppo del nord si zittisce subito, il ragazzo completa il discorso e fa il giro per raccogliere i soldi. Arrivati a Montesanto scende, tutti gli danno pacche sulle spalle in solidarietà, un signore gli fa “Tu non ti preoccupare, non rispondere, ci siamo noi”. E poi ad alta voce “Ma tu vir’ se a casa nostra dobbiamo sopportare sti sciem, cafoni”. La comitiva è uscita in silenzio, camminando sotto al muro, il rom a testa alta”.
Natale è tempo di pulizia. A ciascuno decidere da dove iniziare.