Diritti

Slovenia, referendum matrimoni gay: perché non dobbiamo scoraggiarci

Un paio di pensieri a caldo sul referendum in Slovenia che ha abrogato i matrimoni per le coppie gay e lesbiche. Partiamo dal dato numerico. È vero che i due terzi dell’elettorato hanno optato per il no, ma è anche vero che a votare è andato appena un terzo delle persone aventi diritto. Adesso comprendo perfettamente che una parte della nostra opinione pubblica voglia far passare questo risultato per una piena e gloriosa vittoria democratica, ma sappiamo benissimo che l’astensionismo premia le peggiori pulsioni di un paese. E se vediamo chi sta festeggiando in questo momento – in Italia, per fare un solo esempio, ci sono coloro che partecipano a convegni per la famiglia tradizionale in cui, poi, per un caso fortuito, troviamo anche qualche prete pedofilo tra i convenuti – il cerchio si chiude.

Al di là delle questioni tecniche e delle note di colore, c’è poi il dato politico e culturale. Tutti e tutte noi abbiamo festeggiato il voto irlandese – dove andarono a votare due cittadini su tre – e già allora mi dichiarai non favorevole al referendum su temi così importanti semplicemente perché certe questioni, legate soprattutto ai diritti umani, non possono essere date in pasto agli umori della gente. Ai cattolici nostrani, come ad esempio un certo Fioroni che vorrebbe seguire la stessa strada qui in Italia, vorrei ricordare che il voto popolare mandò al patibolo un certo Gesù di Nazareth. Siamo certi che la pancia del paese, adeguatamente sobillata dalle solite agenzie omofobiche, chiesa cattolica in primis, abbia un approccio sereno nei confronti della questione? Mentre voi cercate la soluzione o pensate di averla sulla punta della lingua, io vi faccio un altro nome soltanto: Barabba.

Terzo aspetto, con tanto di strigliata per i miei amici e le mie amiche di comprovata fede cattolica: leggo sui giornali che, in occasione del referendum papa Francesco avrebbe incoraggiato «tutti gli sloveni a preservare la famiglia come unità di base della società». Questo dovrebbe dirci tanto su come il pontefice stia cambiando le cose, oltre Tevere, sulla questione omosessuale. E la cosa da dire è molto semplice: schierandosi per l’abrogazione del matrimonio egualitario, Bergoglio ha operato affinché migliaia di persone per bene venissero discriminate nel loro paese. E buon Giubileo.

Dulcis in fundo: ok, questo referendum non è una bella pagina e crea un pericoloso precedente. Ma, pur rimanendo vigili, io non mi preoccuperei oltre modo. Il cammino è segnato. Dopo la liberazione della popolazione nera, fine della segregazione per la comunità ebraica, i diritti per le donne e le lotte operaie, adesso è il momento del processo di equiparazione delle persone Lgbt, in Europa e nel mondo, a cominciare dai diritti di cittadinanza. Non è pensabile che questo processo non preveda delle frenate, dei passi indietro. Ciò che importa è che, a livello globale, esso si sia messo in marcia. La Slovenia tornerà ad essere il paese civile che ha approvato prima le unioni civili (che restano) e poi le nozze per la gay community, anche se, evidentemente, non c’è stato un adeguato processo culturale che ha permesso – proprio come in Irlanda – a quel cambiamento di essere metabolizzato. Su questo bisogna interrogarsi e a lungo. Ma mai scoraggiarsi e mai retrocedere.