Il commissario Nba vorrebbe la partecipazione del campione all'All Star Game in programma a Toronto il 14 febbraio, e l'ipotesi di vederlo anche in Brasile appare tutto fuorché remota. Intanto, attendendo il 13 aprile, ultimo giorno sui parquet, il fuoriclasse continua a raccogliere applausi di arena in arena
Gli orfani di Kobe Bryant si mettano l’anima in pace: non ci sarà spazio per una stagione europea. Però potrebbe non essere il prossimo aprile l’ultima occasione per godersi la stella mondiale del basket in attività. “Mi piacerebbe partecipare ai Giochi di Rio. L’Olimpiade è un’esperienza assolutamente fantastica e sarei contento di finire la mia carriera su un palcoscenico internazionale così importante”, confessa il giocatore dei Los Angeles Lakers in una lunga intervista concessa ai media internazionali. Se coach Mike Krzyzewski volesse, insomma, la leggenda dei Lakers è pronta a restare in attività per quattro mesi in più per inseguire l’oro con gli Usa.
Una coda alla sua ventennale carriera che poche settimane fa – con una lettera scritta direttamente al basket, lo sport a cui ha dato del tu per una vita – ha deciso di chiudere ufficialmente al termine di questa stagione. Sarebbe la terza olimpiade della sua vita, l’ultimo sogno da tirar fuori dal cassetto per sedersi al fianco di Larry Bird e Magic Johnson, che diedero l’addio al basket nel 1992 sui parquet dei Giochi di Barcellona conquistando il titolo olimpico con il primo e ‘originale’ Dream Team. Tra l’ultimo desiderio di Kobe, che diventerebbe il primo cestista a vincere tre ori olimpici, e la realtà resta solo un cavillo che prevede che le scelte finali di Krzyzewski avvengano tra un folto gruppo di giocatori già preselezionati, tra i quali Bryant non figura. Ma con l’ok del commissioner Adam Silver, il 24 gialloviola potrebbe partire per Rio. E tenendo conto che proprio il numero uno della Nba vorrebbe la partecipazione di Kobe all’All Star Game in programma a Toronto il 14 febbraio, l’ipotesi di vederlo anche in Brasile appare tutto fuorché remota.
Oltre però, giura, non si andrà. Nonostante gli appelli giunti da mezzo mondo, compresa l’Italia dove è cresciuto tra Reggio Calabria, Rieti, Pistoia e Reggio Emilia al seguito del padre Joe, anche lui cestista. La Viola, storica società di basket del capoluogo calabrese, nelle scorse settimane aveva scritto una lunga e accorata lettera per invitarlo a giocare nel club che fu di suo papà. Nel futuro della stella però non c’è però spazio per una parentesi nel Vecchio Continente: “Mi sarebbe piaciuto provare un’esperienza fuori dall’America, ma il mio fisico non me lo consente. Non ho rimpianti, solo gratitudine perché gli Dei del basket mi hanno dato tanto. Cosa farò? Sarei contento di aiutare i bambini con gli eventi organizzati da Nba in giro per il mondo – racconta – In Africa è in corso un progetto per creare scuole di pallacanestro e mi piacerebbe essere parte attiva di questa iniziativa per insegnare basket e tutto ciò che ruota attorno al gioco”.
Attendendo il 13 aprile, ultimo giorno sui parquet Nba, Bryant continua a raccogliere gli ultimi applausi di arena in arena. Un lungo addio a uno dei migliori interpreti del gioco: “Mi godo ogni partita e scendo in campo ogni sera con un’emozione nuova. Ricevere così tanto rispetto dal pubblico è davvero magnifico. Mi mancheranno la tensione della gara e gli allenamenti, la mia grande voglia di migliorarmi. Ma avrò più tempo da dedicare a me stesso e alla mia famiglia”, spiega. Poi gli elogi per gli avversari incrociati in venti anni di carriera: “E’ difficile stilare una classifica, ma se devo dare cinque nomi dico Hakeem Olajuwon, Michael Jordan, Kevin Durant, LeBron James e Clyde Drexler. Un altro Kobe? Non ci sarà, come non ci sono stati né ci saranno altri Magic Johnson e Michael Jordan – taglia corto – Ognuno è diverso, l’importante è aver lasciato qualcosa alle generazioni del futuro. L’impatto che posso aver avuto su di loro ha per me un valore maggiore che essere considerato il più forte di ogni era”.