La Fondazione Federico Zeri è stata costituita nel 1999 per conservare e valorizzare il lascito del grande studioso all’Università di Bologna: volumi, cataloghi d’asta, periodici, fotografie. Zeri, laureato honoris causa dall’Ateneo bolognese nel 1998, aveva costituito la propria fototeca a scopo di studio e documentazione. Gli storici dell’arte, infatti, si trovano spesso a lavorare su dipinti anonimi: l’accertamento delle peculiarità stilistiche anche minime è dunque essenziale; e le fotografie, se abbondanti e ben ordinate, rappresentano un sussidio inestimabile, non meno della bibliografia. Per rendere accessibile questo patrimonio la Fondazione, per molti anni diretta da Anna Ottani Cavina, ha messo online i nuclei maggiori della Fototeca e della Biblioteca. Il database della Fototeca, consultabile gratuitamente (www.fondazionezeri.unibo.it), contiene oltre 150mila immagini di dipinti e sculture: un bell’esempio di cosa può produrre l’innovazione tecnologica applicata agli studi umanistici.
Il 16 dicembre 2015, nella Sala dei Carracci di palazzo Magnani, sede bolognese di UniCredit, è stato presentato un volume sontuoso edito dalla Fondazione, La natura morta di Federico Zeri, curato da Andrea Bacchi (l’attuale direttore), Francesca Mambelli ed Elisabetta Sambo: esso risulta dalla catalogazione analitica della sezione della Fototeca dedicata a questo genere pittorico. Con più di 14mila fotografie di dipinti dal tardo Cinquecento all’Ottocento, è la maggior raccolta fotografica al mondo per questo tipo di quadro da stanza. Sono opere di artisti italiani e stranieri italianisants, ma anche delle altre tradizioni pittoriche europee. I soggetti sono i più diversi: fiori, frutta e verdura, animali, selvaggina, pesci, tavole imbandite, vasi, tappeti, clessidre. La Fondazione sta creando il primo repertorio online specificamente dedicato alla natura morta: dovrebbe essere accessibile dal 2016.
Il volume riassume storia, formazione e caratteristiche della raccolta e l’apporto dato da Zeri alle ricerche. Accanto ai saggi dei tre curatori compaiono sedici contributi che, rifacendosi al lavoro di Zeri, focalizzano di volta in volta l’analisi iconografica, le problematiche attributive, i significati simbolici. La rassegna si conclude con l’illustrazione delle specie botaniche rappresentate nei dipinti, utile anche per la storia della botanica.
In questo straboccante materiale un posto di rilievo compete alla musica. Nicoletta Guidobaldi, esperta iconografa musicale, discute le raffigurazioni di strumenti musicali, suonatori, composizioni nelle nature morte. Un dipinto del Seicento raffigura un “violinista” davanti al quale, fra frutta e ortaggi, compare in bella vista un foglio di musica di raffinata scrittura: è una pagina arcinota all’epoca, la parte del soprano nel madrigale “Ancor che col partire” di Cipriano de Rore (1515-1565). I madrigali, di regola, venivano cantati a cinque voci: in questo caso il dipinto (vi figura anche un flauto diritto) sembra però riferirsi a un’esecuzione strumentale oppure alla consuetudine, invalsa in ambiente accademico, di eseguirli “a una voce sopra un instrumento”.
A Lione, al Musée des Beaux-Arts, si conserva una Vanitas di Simon Renard de Saint-André (1613-1677): un teschio incoronato d’alloro rinsecchito è poggiato su un documento, un atto di divorzio; dietro, un fiasco di vino e un calice. Sul davanti un libro di musica aperto quasi scivola giù dal tavolo, con due flauti appoggiati. La musica raffigura Bonjour, mon cœur, una chanson di Orlando di Lasso (1532-1594): musica malinconica, che evoca ed amplifica il ricordo d’un amore finito. Un dipinto di Alexandre-François Desportes (1661-1743) mostra un ambiente ricco e sfarzoso: su un drappo di velluto è poggiato un violino, in primo piano una partitura aperta e lì vicino una viola francese. La musica, chiaramente leggibile, si riferisce a due sonate dell’opera V di Arcangelo Corelli (1653-1713): il che dimostra la diffusione in terra di Francia della famosa raccolta del musicista romano.
Bastino questi pochi esempi per documentare l’interesse che il volume riveste non solo per gli storici dell’arte, ma anche per musicologi, botanici, storici dell’alimentazione. La pubblicazione è avvenuta grazie al sostegno di UniCredit e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.