La piattaforma online, fondata a Berlino nel 2014, arriva anche nel nostro paese. Chi ottiene lo status di rifugiato può così entrare (gratuitamente) nelle case degli italiani, e lasciarsi alle spalle la passività che spesso contraddistingue periodi troppo lunghi all'interno dei centri di accoglienza
Le idee non conoscono frontiere. Nascono in un posto, ma poi diventano figlie di chiunque le voglia adottare. È il caso di “Refugees Welcome”, piattaforma fondata a Berlino nel 2014 e appena lanciata in Italia. La stampa l’ha già ribattezzata l’Airbnb per i migranti, ma in questo caso non ci sono di mezzo i guadagni. E allora di cosa si tratta? “L’obiettivo che ci siamo dati è favorire l’ospitalità e l’accoglienza domestica dei richiedenti asilo, aprendo le case di chi risiede in Italia”, spiega ilfattoquotidiano.it Fabiana Musicco, membro del direttivo e volontaria dell’associazione.
Dopo essere arrivati nel nostro Paese i rifugiati trascorrono lunghi periodi nei centri di accoglienza, dimenticando cosa significhi far parte di una comunità: “Spesso il periodo di permanenza diventa troppo lungo e mette le persone in una condizione di grande passività”, ammette. Per questo una volta riconosciuto il loro status di rifugiati, trovare ospitalità presso una famiglia rappresenta una svolta importante: “Noi lavoriamo a stretto contatto con le associazioni radicate sul territorio e riteniamo che dopo un certo lasso di tempo sia importante che i richiedenti asilo abbiano la possibilità di integrarsi davvero nel nostro Paese”, sottolinea.
Ritrovare un clima sereno e familiare può essere un passo decisivo per il loro futuro: “Sono persone in fuga da condizioni disperate, ma a loro volta sono portatrici di talenti, cultura e capacità – spiega -, per questo è importante che trovino ospitalità in case piene, vissute, in modo da riprendere il filo del loro passato”. In casi come questo aprire le porte della propria abitazione è una responsabilità: “Noi stiamo lanciando una chiamata a tutta la popolazione, vedremo quanti risponderanno – sottolinea Fabiana -, poi noi attivisti ci occuperemo di selezionare le persone, cercando di capire le motivazioni che li spingono a fare questo gesto di grande solidarietà”.
Il periodo minimo di disponibilità è di tre mesi, “ma può essere prolungato nel caso in cui l’ospite non sia ancora riuscito a trovare un’altra sistemazione”, spiega. Insomma, “Refugees Welcome Italia” mette in stand-by la politica e si rivolge direttamente ai cittadini. Una sfida ambiziosa, certo, ma i segnali che arrivano dalla Germania lasciano ben sperare: “In un anno sono state incrociate oltre 430 persone – sottolinea -, il 30% delle famiglie ha ospitato a titolo totalmente gratuito, senza nemmeno un minimo rimborso spese, e quasi la metà delle convivenze si sono prolungate oltre il tempo prestabilito”.
Ma “Refugees Welcome Italia” è anche l’opportunità per conoscere davvero il fenomeno migratorio, cercando di superare il racconto dei media che mette in prima pagina solo emergenze e allarmismi: “Sappiamo che portare un cambiamento nell’opinione pubblica è difficile – sottolinea Fabiana -, ma siamo convinti che il passaparola generato dall’iniziativa sarà la nostra arma segreta”.
D’altronde l’associazione può già contare su un’importante rete di volontari, pronti a mettere le loro competenze al servizio degli altri. Tra loro c’è anche Lazrak Benkadi, in Italia dal 1997: “Ho deciso di aderire all’iniziativa perché anch’io sono un rifugiato politico – racconta – e questa mi sembrava una forma valida e innovativa di accoglienza”. Lazrak conosce bene le difficoltà di una persona che arriva in un paese straniero: “La società pretende che tu diventi autonomo in poco tempo – spiega -, ma non è così facile”.
Per questo trascorrere un periodo di tempo in una famiglia può essere di grande aiuto: “La maggior parte dei rifugiati ha nostalgia della propria terra e degli affetti che ha lasciato – sottolinea –, entrare in una casa può aiutarti a ritrovare la forza per ricominciare”. E rispetto al centro di accoglienza le differenze si vedono: “I centri offrono sicuramente un grande aiuto, ma ti fanno sentire sempre un estraneo”, spiega. “Si pensa che una volta superati gli scogli burocratici sia facile voltare pagina, ma non è così – ammette – in quel momento tu sei un essere nuovo, che ricomincia da zero, e stare dentro a una famiglia ti permette di trovare la tua strada”.