Enrico Brivio, portavoce dell'Esecutivo comunitario per l'Ambiente, la Salute e la Sicurezza alimentare, risponde a Cataldo Motta, capo della procura salentina, che sabato scorso aveva parlato di una "falsa interpretazione dei fatti". La rimozione degli alberi, quindi, deve continuare. Ma dalle carte dell’inchiesta emerge uno dei dettagli più pesanti: le prove di patogenicità sono state condotte all’interno di vivai non a norma
L’Ue tira dritto sull’emergenza Xylella, nonostante l’alt della Procura di Lecce: la Commissione europea “non ha al momento alcuna indicazione del fatto che l’Italia le avrebbe comunicato dati sbagliati”, ha detto il portavoce dell’Esecutivo comunitario per l’Ambiente, la Salute e la Sicurezza alimentare, Enrico Brivio. Dunque, avanti con le procedure di eradicazione del batterio, comprese quelle di abbattimento degli ulivi. “Se gli alberi sono sotto sequestro, non si possono toccare”, si mette di traverso il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che ha chiesto ai pm di essere ascoltato come persona offesa e di acquisire il decreto di sequestro e le consulenze allegate per inviarle a Bruxelles. In quelle carte, tra le varie prove raccolte, c’è qualcosa di clamoroso: i test di patogenicità, vale a dire la prova del nove del rapporto di causa-effetto tra Xylella e disseccamento delle piante, sono stati condotti in serre bucate, non a norma, e sono stati avviati cinque mesi prima dell’autorizzazione rilasciata dall’Osservatorio fitosanitario nazionale.
L’Ue: “Le misure vanno attuate” – Quella di Brivio è la risposta implicita alle parole del procuratore capo: “Non voglio dire che l’Ue sia stata ingannata, ma ha ricevuto una falsa interpretazione dei fatti. E’ stata tratta in errore da quanto è stato rappresentato con dati impropri e non del tutto esatti”, aveva detto Cataldo Motta, nella conferenza stampa di sabato mattina.
“La Commissione europea non commenta le inchieste giudiziarie in corso”, ha replicato il portavoce dell’Esecutivo comunitario, ricordando che due settimane fa l’Ue ha messo in mora l’Italia per non aver pienamente realizzato il piano contro la Xylella. “E’ molto importante che queste misure siano attuate“, ha ribadito, poiché, laddove si è diffusa, “la Xylella è uno dei patogeni delle piante più pericolosi, con un enorme impatto economico sull’agricoltura”. Come ammesso dallo stesso Brivio, “resta da capire pienamente il ruolo specifico svolto dalla Xylella e le sue implicazioni” nella diffusione della sindrome del disseccamento rapido degli ulivi in Salento; tuttavia, il batterio “è stato trovato in piante giovani che mostravano i segni della sindrome e che non avevano altri patogeni”.
Dunque, nessun passo indietro su quanto dettato da Bruxelles nella decisione di esecuzione di maggio e recepito dal Ministero delle Politiche agricole e dal commissario straordinario Giuseppe Silletti, anche lui tra i dieci indagati. I provvedimenti prevedono la rimozione degli alberi infetti e delle piante potenziali ospiti in un raggio di cento metri, nei focolai fuori dalla provincia di Lecce, soprattutto nel Brindisino. Tagli congelati, per il momento, prima dal Tar Lazio e ora dalla Procura.
Lo “sconcerto” delle società scientifiche di Patologia vegetale ed Entomologia
Sulla stessa sponda dell’Ue ci sono la Società Italiana di Patologia Vegetale e la Società Entomologica Italiana, che si dicono “sconcertate” dal decreto di sequestro degli ulivi. Per il tramite dei loro ripettivi presidenti, Giovanni Vannacci e Francesco Pennacchio, entrambe affermano di non essere a “conoscenza di nuove evidenze sperimentali, validate dalla comunità scientifica, tali da modificare le linee guida già espresse nel documento rilasciato al termine del convegno nazionale”, organizzato sull’argomento il 3 luglio scorso a Roma. “Le motivazioni degli interventi di contenimento – aggiungono – originano dal solo riscontro della presenza di un organismo da quarantena qual è Xylella fastidiosa, e non dal nesso di causalità tra questo e la sindrome di disseccamento rapido dell’olivo.
Le solide basi di conoscenza fornite dalla ricerca interanzionale, recepite dall’Ue e dalle organizzazioni fitoiatriche nazionali e internazionali, consentono di concludere che la diffusione di X. fastidiosa sul territorio nazionale ed europeo aprirebbe prospettive drammatiche per l’agricoltura. La misura del suo potenziale impatto economico può essere stimata dal confronto con episodi precedenti, quale la diffusione in Brasile di questo patogeno, ritenuto responsabile di danni per circa 100 milioni di euro l’anno”.
La Procura: “Piano per drastica e sistematica distruzione del paesaggio” – Eppure, per gli inquirenti a traballare è l’impianto stesso su cui si fondano i piani di contenimento del batterio. La consulenza allegata al decreto “ha posto in serio dubbio – hanno scritto i pm – l’attendibilità delle conclusioni scientifiche rappresentate all’Europa e che hanno costituito il presupposto delle determinazioni assunte sia a livello europeo che a livello nazionale”. Il riferimento è soprattutto alla presenza di più ceppi, e non di uno solo, di Xylella sul territorio: almeno nove, segno di una presenza del patogeno sul territorio “da 15-20 anni”, così tanti da non poter giustificare, secondo la Procura, lo stato di emergenza.
I protocolli da quarantena, a suo avviso, sono stati tradotti in un “piano di interventi univocamente diretto alla drastica e sistematica distruzione del paesaggio salentino, benché costituisca ormai dato inconfutabile che l’estirpazione delle piante non è assolutamente idonea né a contenere la diffusione dell’organismo nocivo né a impedire la diffusione del disseccamento degli ulivi né tantomeno a contribuire in alcun modo al potenziamento delle difese immunitarie delle piante interessate”.
I test nelle serre bucate e senza autorizzazioni – Cuore delle indagini resta l’assenza di un dimostrato nesso di causalità tra Xylella e disseccamento degli ulivi. Ad appurarlo dovranno essere i test di patogenicità svolti dal Cnr di Bari. Ma quali? È su questo che, dalle carte dell’inchiesta, emerge uno dei dettagli più pesanti: quelle prove sono state condotte all’interno di serre non a norma. Il 5 novembre scorso, infatti, la polizia giudiziaria e uno dei consulenti tecnici della Procura hanno fatto un sopralluogo nel vivaio dell’Arif (Agenzia regionale per le risorse irrigue e forestali), in contrada Li Foggi, a Gallipoli, culla dell’infezione. È quello uno dei luoghi in cui sono state messe a dimora numerose piantine di varie specie, nelle quali Xylella è stata veicolata mediante infezione naturale da parte del vettore e inoculo artificiale del batterio.
I risultati sono destinati, molto probabilmente, ad essere invalidati: “La rete della serra presentava una grossa fessura che ne permette il contatto diretto con l’esterno e che pertanto non è garantito l’isolamento totale delle piante in essa allocate per la sperimentazione”. Non una sottigliezza, dunque. Tra l’altro, quelle prove sono iniziate a partire dal 4 luglio 2014, mentre il Cnr è entrato in possesso della necessaria autorizzazione alla detenzione e manipolazione del patogeno da parte del Servizio fitosanitario nazionale solo il 16 dicembre 2014.