Sono acque agitate quelle in cui naviga l’università D’Annunzio di Chieti-Pescara. L’ultima bufera in ordine di tempo ha investito il direttore generale dell’ateneo abruzzese, Filippo Del Vecchio, indagato dalla Procura di Chieti per la vicenda conosciuta come “la guerra dei lucchetti”.
Catene e lucchetti in questione sono quelli apposti nel giugno scorso alle porte antincendio e antipanico dell’impianto sportivo Palacus di Chieti, nel tentativo di sfrattare dal campus il Centro universitario sportivo (Cus), lo stesso a cui l’università aveva concesso la gestione attraverso una convenzione. In quel momento, all’interno della struttura erano presenti alcune decine di persone, tra bambini, studenti e personale del Centro sportivo.
Una decisione che è costata al direttore generale un avviso di garanzia per abuso in atti d’ufficio, minacce, esercizio arbitrario delle proprie ragioni e diffamazione. Tutti i reati ipotizzati, tranne l’abuso, si riferiscono alla vicenda dei lucchetti al Palacus e a frasi pronunciate in quell’occasione. L’ipotesi di abuso è invece legata al blocco dei fondi annuali del Miur al Cus. Fondi che oggi arrivano quasi a 290mila euro.
La lotta intestina tra ateneo e Cus potrebbe avere radici più profonde, probabilmente legate alla pesante spending review messa in atto da qualche anno. In ogni caso, l’apice del conflitto si è raggiunto con “la guerra dei lucchetti”. Tutto ha avuto inizio con la richiesta dell’università di poter utilizzare l’impianto sportivo per un campo estivo dedicato ai figli dei dipendenti dell’università. La richiesta non venne accolta con favore dall’allora presidente del Cus, Mario Di Marco, secondo cui quegli spazi avrebbero dovuto essere utilizzati per altre attività già in programma da tempo.
Un “no” seguito da una missiva che deve aver fatto saltare i nervi ai vertici dell’ateneo. Una comunicazione inviata da Di Marco sia al Comitato per lo sport (presieduto da rettore e direttore generale) che a Procura e Guardia di finanza, dove si spiegavano le ragioni dei dinieghi alle richieste universitarie e si chiedeva conto dei fondi del Ministero per l’esercizio 2014 che, anziché arrivare al Cus sarebbero stati trattenuti dall’ateneo.
Per tutta risposta, l’università ha inviato sul posto i fabbri per cambiare le serrature alle porte del Palacus, un tentativo però fallito sul nascere. Così, un nuovo manipolo di dipendenti, accompagnati dal responsabile del servizio legale dell’ateneo, è stato inviato nella “missione lucchetto”, questa volta sì, andata a buon fine. L’università si è ripresa le chiavi del Palacus, ma tutta la vicenda è finita sul tavolo del pm Marika Ponziani. Compresa quella della montagna di soldi del Miur mai arrivati nelle casse del Cus.