“Gli orti urbani, che si sviluppano nella parte settentrionale dell’abitato, nei pressi della Porta Palermo, irrigati da fonti d’acqua perenni, ben curati e attrezzati, appartenuti a tal Francesco Amarù, hanno ospitato il banchetto in onore di Re Martino nel 1408”, scrive Vincenzo Littara nella sua Historia della città di Enna, scritta nel 1587. Una delle componenti di quel Paradiso terreno è stata a lungo la chiesa tramandata con il nome di Kamuth. Da sempre accessibile da una delle strade che consentivano l’accesso alla città. “Una volta lungo le pendici nord di Enna c’era una Via, poi battezzata Regia Trazzera, che collegava la zona dell’attuale bivio della “Casina bianca” con la “Porta Palermo”, nei pressi dell’attuale palazzo delle poste. “A poche decine di metri dall’inizio della salita, la strada passava tra una piccola chiesa posta a sinistra e una torre merlata a destra”, scriveva nell’ottobre 2014 sulla sua pagina Facebook Michele Pirrera, un ennese appassionato di storia locale. Chiesa e trazzera sono rimaste in stato di abbandono. La struttura in uno stato di conservazione sempre più precario, soffocata dalla vegetazione. Il tracciato viario ormai impraticabile.
Nulla e nessuno è intervenuto a modificare il degrado di questo luogo della storia ennese. Fino a pochi giorni fa. Quando quel che rimaneva della chiesa è crollato, come riportato da ViviEnna.it. Evento provocato non dall’incuria, ma dai mezzi in transito in quel tratto per raggiungere l’area delle pendici interessata, nel novembre passato, dal crollo della murata di Viale Savoca. Dunque da quel che sembra, la causa della distruzione, il passaggio dei mezzi pesanti. Lavori a cura del Comune. Eccolo il paradosso della vicenda che priva Enna di un monumento identificativo. Di un luogo legato all’assedio normanno alla città e quindi alla sua conquista da parte di Ibn Hamud, detto Kamuth. Un emiro che, secondo una leggenda popolare, dopo la sua conversione nel 1087, ricevette il battesimo proprio nella chiesa, ora distrutta. Cancellato quel che sarebbe dovuto essere conservato. Forse senza neppure sapere quel che si faceva. Ma questa non può essere una giustificazione. Come l’assenza della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Enna, nonostante il Vallone Scaldaferro, nel quale era compresa la struttura, sia sottoposto a vincolo paesaggistico.
“Sono previsti, inoltre: riqualificazione, restauro e valorizzazione del patrimonio culturale (riapertura chiese e musei, valorizzazione zone archeologiche circostanti, illuminazione monumenti e chiese, )” scriveva il sindaco Di Pietro nel suo programma elettorale, appena pochi mesi fa, a proposito di “Enna città di bellezza e di cultura”. Il sindaco tanto sembra essere convinto di questo ruolo della città da aver intenzione di candidarla a “Capitale italiana della cultura, edizione 2018”.
Ammirevole intenzione, considerando il patrimonio storico-archeologico che Enna possiede. Ma il dubbio che la distruzione dei suoi monumenti non si coniughi con promesse elettorali e intenzioni, rimane.