La corruzione dilaga ma nessuno è responsabile: è sempre colpa degli altri. Anche la recente truffa ai danni dei risparmiatori conferma l’abitudine italiana allo scaricabarile. Papà Boschi è integerrimo (garantisce la figlia); il governo non ha sbagliato (garantisce il premier); Bankitalia è al di sopra d’ogni sospetto (delegittimare Palazzo Koch?, suvvia, non scherziamo!); la Consob non c’entra… eccetera. E’ un’indecenza. Nessuno che si assuma le responsabilità.
I fatti, naturalmente, vanno in direzione ostinata e contraria, dicono che truffe e complicità sono diffusi – a più livelli – nel marcio delle obbligazioni subordinate. Lo sanno ormai anche gli ingenui (e incazzati) risparmiatori. Renzi, Visco, Vegas corrono ai ripari, raccontano in tv verità di comodo, senza opposizione e domande scomode. Senza contraddittorio. Ma non incantano nessuno. Le parole non bastano più. Fine. Retorica, eloquenza, arte dialettica, crollano di fronte alla verità: i cittadini mettono le mani in tasca e non trovano più i loro soldi. Sono passati nelle tasche di altri. Nessun discorso può cancellare questo fatto. C’è stata una truffa. E chi doveva vigilare viene visto – inevitabilmente – come responsabile.
Questo è il punto. Non facilmente arginabile. Renzi trova nell’indignazione popolare il primo, vero, ostacolo/limite alla costruzione della sua immagine di politico vincente. I risparmiatori truffati odiano “questa politica e il sistema che li ha ingannati”. Non si sottovaluti il termine (“odio”) qui usato. Machiavelli docet: per essere temuto e non odiato il Principe deve astenersi “dalla roba de’ sua cittadini, e dalle donne loro…; ma soprattutto, astenersi dalla roba d’altri; perché li uomini sdimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio”.
La roba. Questa volta in gioco c’è la roba dei cittadini ed è comprensibile che “la politica” (dal Governo alla Consob) che non l’ha protetta venga contestata. Semplificano, ma colgono il punto le persone truffate: “Per mano violenta dello Stato è morta la fiducia nel risparmio”. Le strutture di vigilanza appaiono complici. Una sintesi brutale, ma in qualche modo vera, posto che gli organi di garanzia hanno a che fare – possiamo negarlo? – con lo Stato. Di chi fidarsi? Come? Fino a che punto? La corruzione è diffusa. La sensazione – spero sia solo tale – è che si annidi (anche) nelle strutture che dovrebbero denunciarla.
Leggo: “Palazzo Chigi comunica all’Antitrust che il ministro Boschi non era presente alle riunioni decisive sulle banche e tanto basta per evitare irregolarità”. Non basta per niente, invece. La gente è stanca di giustificazioni formali. Non è la presenza fisica a una riunione a determinare orientamenti, scelte, decisioni. Questo nascondersi dietro un dito non è più accettato (l’indignazione cresce) dai cittadini. La procura di Roma indaga sulle operazioni speculative sui titoli di Banca Etruria e di altre banche alla vigilia del decreto governativo. Insomma. L’inganno c’è, si vede, fa le sue vittime. Sono giorni tristi per molti risparmiatori. Viene in mente Montanelli: “Churchill disse una volta che ‘non esiste democrazia senza un minimo di corruzione’. Purtroppo, è su questo minimo che in Italia regna il massimo d’incertezza.”