"Da Milano - spiega il presidente della Provincia di Mantova Alessandro Pastacci - sono arrivati 35mila euro, quando per attuare il piano provinciale di contenimento" ne servirebbero 400mila. Il decreto del governo Renzi dell'agosto 2014, inoltre, equipara il roditore a topi e talpe: "Il risultato - spiega Luciano Andreoli, responsabile del servizio integrazioni delle politiche agricole della Provincia - è che ogni cittadino dovrebbe difendersi da una nutria come si difende dai topi"
Per contenere la proliferazione delle nutrie nella sola provincia di Mantova, dove si contano circa 350mila esemplari, servirebbero 400mila euro. La Regione Lombardia ne ha stanziati 300mila per l’intero territorio regionale. “Al momento – spiega il presidente della Provincia di Mantova Alessandro Pastacci – da Milano sono arrivati 35mila euro, meno di un decimo del necessario per attuare il piano provinciale di contenimento delle nutrie. Soldi che servono a malapena per lo smaltimento delle carcasse degli animali catturati o abbattuti”. Risultato? Il piano non si attua e le nutrie proliferano. In un anno sono passate da 168mila esemplari a quasi 350mila. All’incirca gli abitanti della provincia di Mantova.
L’emergenza nel mantovano è reale e i problemi creati dal roditore alloctono, importato dal nord America da produttori di pellicce e poi abbandonato, sono enormi. “Gli argini dei fiumi – spiega ancora Pastacci – sono pieni di buche create dalle nutrie ed è messa a rischi la sicurezza in caso di piena del fiume Po; parecchie colture sono state danneggiate dall’animale e gli agricoltori contano danni per centinaia di migliaia di euro. Senza dimenticare l’aspetto della sicurezza stradale: ormai le nutrie scorrazzano nei paesi vicini ai corsi d’acqua, sbucano improvvisamente in mezzo alle strade e hanno già causato incidenti stradali”.
Per questi motivi la Provincia chiede più risorse, perché i piani provinciali di contenimento ci sono, ma mancano proprio i soldi. E pensare che le risorse regionali sarebbero state ancora meno, spiega il consigliere regionale del Pd Marco Carra, membro della Commissione Agricoltura: “Grazie alla nostra interrogazione – dice – la Giunta regionale è stata costretta a impegnarsi con le Province nel recuperare i 150mila euro mancanti, anche se già promessi nero su bianco in una delibera, per l’eradicazione delle nutrie. In realtà, la seconda tranche di 150mila euro verrà erogata nei primi mesi del 2016, pur facendo parte della gestione del 2015, ma l’assessore all’agricoltura Fava si è ulteriormente impegnato con noi a reperire altrettanti fondi, ossia 300.000 euro, da trasferire alle Province per il 2016”, assicura Carra.
Ma il problema non lo risolvono neppure quei 300mila euro. Un problema amplificato proprio da una legge del governo Renzi dell’agosto 2014. Nel cosiddetto decreto “Crescita” è entrata anche la declassificazione delle nutrie da animale selvatico, quindi protetto ma contenibile attraverso appositi piani, da roditore dannoso equiparato a topi e talpe; non più tutelato ma nemmeno contenibile. “Il risultato – spiega Luciano Andreoli, responsabile del servizio integrazioni delle politiche agricole della Provincia – è che, stando alla legge, ogni singolo cittadino dovrebbe difendersi da una nutria come si difende dai topi. Con la differenza che i topi sono ben più piccoli e non proliferano come le nutrie. Il buonsenso dei Comuni interessati dal problema ha portato a organizzare apposite battute anti-nutrie. Battute che prevedono l’utilizzo, soprattutto, delle gabbie di cattura ma anche di armi da fuoco. In questo caso serve che nelle squadre, composte da non più di quattro persone, ci sia un operatore con porto d’armi autorizzato dalla Provincia. Ma a mancare sono sempre le risorse economiche. Per questo è urgente un incontro con Regione e Governo Centrale, prima che il problema diventi irrisolvibile”.
Senza considerare che, sempre per effetto dello stesso decreto, contrariamente a quanto accadeva quando le nutrie erano classificate come specie selvatica, i danni alle colture causati dai roditori non sono più rimborsati. Insomma, si è creato una sorta di caos legislativo che, di fatto, ha bloccato tutti i piani di contenimento. La Regione ha provato a colmare, maldestramente, questo vuoto con la legge ammazza nutrie, quella che permetteva l’utilizzo di ogni mezzo (anche fionde e sassi si leggeva nel testo normativo) ma l’atto è stato impugnato dallo Stato che ha riscontrato questioni di legittimità costituzionale, in particolare relativamente ai metodi con i la norma regionale permetteva il contenimento del roditore.
Il Parlamento, poi, lunedì scorso ha complicato le cose facendo una sorta di retromarcia rispetto alle ultime decisioni assunte in materia. L’articolo 7 del collegato Ambientale alla Legge di Stabilità, approvato alla Camera, ha stabilito che le nutrie non si potranno più abbattere senza un controllo della popolazione da effettuare con l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto Nazionale per la fauna selvatica. Se questi metodi, non cruenti, di contenimento si riveleranno inefficaci allora le Regioni potranno autorizzare piani di abbattimento che dovranno essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Risultato: i piani di abbattimento fino ad oggi attivi diventano illegali e il caos legislativo aumenta.