“Un Natale assurdo. Non se lo semo ancora levato dalle palle” (Riccardo Garrone, Vacanze di Natale, 1983), ma per Marco Giusti, teorico dello stracult ed estimatore del cinepanettone, il Natale 2015 è già da dimenticare. Perché? “I film che vanno visti sono solo due: Star Wars e il nuovo di Checco Zalone, Quo vado?. E vanno visti quasi obbligatoriamente: hanno fatto un’invasione di campo totale, a botte di mille e passa copie ciascuno”.
Giusti, gli intellettuali che vedono?
Beh, per loro c’è Francofonia di Sokurov, e tanti auguri… Ma io trovo bellissimi i due film giapponesi, Le ricette della signora Toku e Our Little Sister, due film fantastici come noi non sappiamo più fare.
Noi facciamo i cinepanettoni.
E quest’anno sono due: un classico sicuro, Vacanze ai Caraibi di Neri Parenti, con Christian De Sica; l’altro più moderno, Natale col boss della Filmauro, con Lillo e Greg. A dire il vero, nessuno dei due è totalmente riuscito, soprattutto, li abbiamo già visti entrambi. No, non è un Natale ricco.
Lo sarebbe stato di più con Quentin Tarantino, The Hateful Eight, sotto l’albero.
E invece dovremo aspettare i primi di febbraio. L’uno-due di Star Wars e Zalone l’ha spostato più in là, togliendoci il vero piacere di andare al cinema.
Scatta la vendetta di Dvd e copertina?
Beh, io ieri sera mi sono visto Breathless – All’ultimo respiro, con Richard Gere… E ora mi vedrei il primo Star Wars e Vacanze sul Nilo, che sono decisamente meglio: oggi è tutto un reboot, un rilancio, i film nuovi non ci sono più. Ma il confronto con gli originali è impietoso. Anche Checco non è una novità, al quarto film, temo, lo ritroveremo sulla falsariga dei precedenti.
Nella top 10 degli incassi dal 1° gennaio a oggi troviamo un solo film italiano, Si accettano miracoli di Alessandro Siani; in quella della nuova stagione, dal 1° agosto, addirittura nessuno. Come se lo spiega?
È vero, Suburra è scivolato dai primi dieci, non ce n’è più nessuno. Ma il punto è un altro: è tutto drogato dall’arrivo di Zalone e anche dal fatto che abbiamo risposto alla crisi con film piccoli e confusi, a parte, appunto, Suburra, l’unico un po’ kolossal. È andato abbastanza bene, con 4 milioni e 700 mila euro d’incasso, ma soprattutto perché puntava più a Netflix che alla sala. Al risultato sul grande schermo oramai crede solo Zalone.
E gli altri comici, che fine hanno fatto?
Massimo Boldi (Matrimonio al Sud) e Diego Abatantuono (Belli di papà) continuano a fare bene. Poi arriverà Verdone. E ci sono i giovani: Zalone, The Pills, Maccio Capatonda, Pif e Sydney Sibilia, ovvero il cinema dei 30enni.
Quarantenni, invece, scomparsi?
Mi sa davvero. Ma tutti sono in cerca di un pubblico.
A dire il vero ci mancano anche i premi: tre italiani (Garrone, Moretti e Sorrentino) in concorso a Cannes, quattro (Bellocchio, Gaudino, Guadagnino e Messina) a Venezia, ma l’unico a portare a casa qualcosa è stato Sorrentino, con i tre EFA, gli Oscar europei, a Youth. Per tacere di Non essere cattivo di Caligari, già fuori dalla corsa agli Oscar. Vacche magre?
Sorrentino ha vinto perché c’è ancora l’onda lunga de La grande bellezza, più che per Youth in sé. Paolo è diventato un marchio, cosa che non è riuscita a Garrone: Matteo ha stentato a trovare un pubblico con Il racconto dei racconti. Personalmente, l’ho preferito a Youth.
E il Moretti di Mia madre?
È un regista invecchiato, rispetto a quei due. Ma il vero flop è A Bigger Splash di Guadagnino, perché troppo internazionale: in Italia Luca non è un marchio.
Che previsioni fa per gli Oscar?
A Hollywood oggi vince il prodotto seriale, i reboot di Star Wars e Jurassic World nascono da qui, dalla serializzazione del cinema. Poi ci sono i film da Oscar, come Carol di Todd Haynes, Il caso Spotlight e il bellissimo La grande scommessa sulla truffa dei subprime.
E Tarantino, già snobbato dai Golden Globes?
Paga il fatto di essere troppo indipendente e originale, troppo cinema di testa. Troppo anti Hollywood. In realtà, Guadagnino paga la stessa cosa: oggi sono loro due i più Nouvelle Vague.
Concludiamo, i cinepanettoni nostrani: ci mettiamo una pietra sopra?
Sarebbe giusto.
Da Il Fatto Quotidiano del 24/12/2015