Licio Gelli è morto e i segreti non se li è portati nella tomba. La verità è che non si vuole scoprire ciò che ha avvelenato la vita politica del paese, soprattutto per quello che riguarda le stragi in cui sono coinvolte parti dello Stato. Continua per le vittime e per i loro familiari il calvario, questa volta a causa della scorretta applicazione, da parte dell’Inps, della legge 206 approvata ben undici anni fa: “Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi”.
È il grido d’allarme di Paolo Bolognesi, deputato del Pd, presidente delle Associazioni dei familiari vittime delle stragi e di quella della Stazione di Bologna, autore di un’interrogazione parlamentare, rimasta inascoltata. Un atto d’accusa nei confronti dei ministeri dell’Interno e della Difesa che stanno bloccando la rivalutazione dell’invalidità in base all’aggravamento e il relativo calcolo del danno biologico e morale. L’interrogazione di Bolognesi denuncia anche il metodo usato dalla commissione medico-militare incaricata della valutazione. “Abbiamo casi in cui la commissione ha tentato di diminuire la percentuale dell’invalidità nonostante la legge lo vieti, le vittime sono trattate a pesci in faccia, come dei malandrini”.
La legge 206 ha lo scopo di sanare gravi situazioni in sospeso dal 1963. L’Inps, non applicandola ma interpretandola, sta bloccando il calcolo delle pensioni sull’ultimo stipendio percepito e il diritto dell’invalido di avere una rivalutazione sulla carriera se questi avesse avuto la capacità di continuare a lavorare. Sempre il ministero dell’Interno ha messo in discussione il vitalizio (legge di Stabilità 2013) per i famigliari dei feriti con un’invalidità a partire dal 50%, usando prima motivazioni capziose, poi rivolgendosi strategicamente all’Avvocatura dello Stato che ha chiesto al governo un’ulteriore copertura finanziaria.
L’Avvocatura, dando ragione al ministero, ha, infine, introdotto la formuletta magica della “richiesta d’interpretazione autentica”. L’esecutivo, per sboccare la situazione, dovrebbe fare una nuova proposta di legge. È una storia senza fine.
Nonostante il 2 agosto scorso il sottosegretario Claudio De Vincenti abbia dichiarato, di fronte alle Associazioni dei familiari, che la legge per introdurre nel codice penale il reato di depistaggio è una priorità, il governo Renzi tace l’ostruzionismo del senatore Nitto Palma, ex magistrato, che in commissione Giustizia sta impedendo l’iter della legge già approvata alla Camera nell’autunno 2014. “L’ostruzionismo del rappresentante di Forza Italia è palese, vi è la volontà di proteggere gli apparati”, denuncia Bolognesi.
Infine, anche se la direttiva di Renzi del 2014 ha disposto la declassificazione degli atti riguardanti le stragi dal 1969 al 1984, la burocrazia è ancora in grado di impedire la corretta visione dei documenti processuali e d’indagine. L’Archivio di Stato tratta le Associazioni come un normale storico che può consultare un massimo di novecento pagine l’anno. Per leggere i documenti di una strage occorrerebbero minimo trent’anni. Il ministero dell’Interno a sua volta impedisce la digitalizzazione dei fascicoli che man mano deposita all’Archivio di Stato.
La direttiva rischia di diventare un inutile specchio per le allodole perché, alla richiesta delle Associazioni di poter consultare i documenti in possesso dei servizi riguardanti le persone implicate nelle stragi, la risposta è che la direttiva è per eventi e non per nominativi, impedendo così l’importante incrocio tra i personaggi e le stragi e il reale peso che hanno avuto nelle tante vicende che hanno insanguinato il paese.
Renzi non si sta rendendo conto che tutto ciò ha un unico obiettivo: svalutare la direttiva per continuare a intralciare la ricerca dei mandanti.