Cronaca

Villa orrori Castel Volturno, sì ai funerali di madre e figlia a Castanzaro. Lontano dal padre-padrone indagato

I corpi di Elisabetta Grande e Maria Belmonte, scomparse 11 anni fa, sono stati ritrovati nel 2012. Ora il giudice ha respinto il ricorso di Domenico Belmonte, marito di Elisabetta e padre di Maria ed ex dirigente sanitario del carcere di Poggioreale, che si era opposto alla richiesta di restituzione presentata dal fratello della moglie. Voleva occuparsi lui delle esequie

Scomparvero 11 anni fa e i loro corpi furono ritrovati nel 2012, otto anni dopo, in una intercapedine sotto il pavimento della villetta dove vivevano a Baia Verde, a Castel Volturno (Caserta): a tre anni da quel macabro ritrovamento i resti di Elisabetta Grande e della figlia Maria Belmonte saranno consegnati alla famiglia di origine per i funerali. A Catanzaro, lontano da Castel Volturno e da Domenico Belmonte, marito di Elisabetta e padre di Maria, attualmente unico indagato per la soppressione dei loro cadaveri e in stato di libertà dopo la scarcerazione da parte del Riesame nel 2012. Il giudice ha respinto il suo ricorso, con il quale nelle scorse settimane l’ex dirigente sanitario del carcere di Poggioreale si era opposto alla richiesta di restituzione dei corpi presentata dai legali di Lorenzo Grande, il fratello della moglie. Che ora potrà dare degna sepoltura alle due donne. Con una cerimonia su cui Belmonte, considerato dall’accusa un ‘padre-padrone’, non potrà invece mettere becco.

I FUNERALI IN CALABRIA – Il gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha respinto così il ricorso presentato dagli avvocati Carlo e Giancarla De Stavola, legali di Domenico Belmonte, che aveva chiesto di bloccare la restituzione dei corpi al cognato. Le motivazioni? Avrebbe dovuto e voluto occuparsi lui dei funerali. Secondo il giudice, invece, l’unico indagato per la soppressione dei due cadaveri “ha già esercitato il suo diritto di coniuge e padre, ma lo ha fatto in evidente e palese violazione di ogni regola di diritto e di buon costume, privando le loro spoglie di una degna e pietosa sepoltura”. Dopo questo passaggio, il magistrato che si occupa del caso, il pm Gerardina Cozzolino, ha firmato un’ordinanza nella quale si dispone la consegna delle salme alla famiglia di Elisabetta Grande, in Calabria. Il pubblico ministero non fa cenno nel dispositivo a presunte responsabilità di Belmonte nella morte della moglie e della figlia, ma sottolinea che la restituzione dei corpi all’uomo comporterebbe dei rischi. “Potrebbe decidere di bruciare i resti ossei”, scrive il pm. E così pregiudicare la possibilità di eventuali perizie durante il dibattimento.

LA VICENDA – Belmonte e la moglie si erano conosciuti in Calabria e poi trasferiti a Napoli. I guai iniziarono una ventina di anni fa, quando il medico decise di trasferirsi insieme alla coniuge (insegnante in pensione) e alla figlia Maria dal capoluogo partenopeo a Baia Verde, una località di villeggiatura. Una scelta mai condivisa dalle due donne, secondo quanto hanno raccontato da diverse amiche. Tra l’altro, la figlia Maria stava vivendo un periodo particolarmente delicato, dopo la separazione dal marito ad appena un anno dalle nozze. Il dirigente sanitario lavorava nel carcere di Poggioreale e ogni giorno si recava a Napoli, mentre la moglie e la figlia avrebbero voluto aprire un’attività. Invece, sempre secondo quanto riferito da alcune conoscenti, si sentivano sempre più isolate. Nel 2004 si persero le loro tracce. Belmonte, che nel frattempo aveva anche mantenuto dei buoni rapporti con l’ex genero, non denunciò mai la loro scomparsa e per otto lunghi anni sostenne che le due donne si fossero allontanate volontariamente. Iniziò a uscire sempre più di rado, fino a non lasciare mai quella villetta.

Belmonte fu arrestato, ma negò di averle uccise e nascoste. Fu scarcerato dopo 23 giorni

LA RIAPERTURA DEL CASO – Il fratello della signora Elisabetta, Lorenzo Grande, non si arrese: prima presentò denuncia alla questura di Caserta e poi si rivolse alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’. Quando le telecamere raggiunsero il cancello della villetta, non c’era neppure l’ombra del medico stimato che, secondo l’accusa, avrebbe tenuto sotto controllo le due donne, isolandole dal resto del mondo. C’era un uomo trasandato, che continuava ad aggirarsi per il giardino. E che non lasciò mai quella casa, neppure in seguito all’attenzione mediatica. Il caso fu riaperto e il 13 novembre 2012 la polizia scientifica trovò quei corpi in un’intercapedine realizzata sotto il pavimento della villetta. Belmonte fu arrestato, ma negò di averle uccise e nascoste. Fu scarcerato dopo 23 giorni di detenzione.

IL PROCESSO IN STAND BY – Negli ultimi tre anni i cadaveri delle due donne sono stati custoditi nel reparto di medicina legale di Bari, a disposizione del consulente della Procura Francesco Introna. Mamma e figlia sono morte per una dose massiccia di farmaci, ma non è stato ancora stabilito se sia stato Belmonte a ucciderle, come ha sempre sostenuto l’accusa o si sia trattato di suicidio, dato che diversi testimoni hanno parlato dello stato di malessere psicologico delle due donne. La perizia di Introna escluse segni di violenza. Accanto ai corpi furono trovate tracce di un farmaco per combattere l’insonnia, il Minias, ma anche di acido muriatico, topicida e calce con le quali, come sostenne Introna, qualcuno avrebbe potuto “lavare ripetutamente le salme”. La vicenda giudiziaria sembra essersi fermata ai fatti del 2012, al giorno del ritrovamento. Se la verità per queste due donne sembra ancora lontana, almeno ora la famiglia potrà dare loro degna sepoltura.