Tutti i numeri nel rapporto Miur. “L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”. La Federazione italiana per il superamento dell’handicap evidenzia gli aspetti positivi, ma evidenzia la condizione contrattuale: quasi il 40% degli insegnanti ha contratti a termine. Così bisogna ricostruire continuamente da zero le relazioni. Gli studenti disabili aumentano, la maggior parte ha problemi intellettivi
Quasi 120mila docenti per oltre 234mila studenti disabili. Sono gli insegnanti di sostegno che ogni giorno si prendono cura di bambini e ragazzi con i disturbi più disparati (da quelli audio-visivi a quelli psicomotori) e mandano avanti la scuola italiana, realizzando una delle eccellenze del sistema d’istruzione del nostro Paese. “I trend sono buoni, aumentano sia gli studenti sia gli insegnanti. Ora possiamo permetterci di lavorare sulla qualità”, commenta Carlo Giacobini della onlus Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap). Eppure non tutti i numeri sono positivi: tanti, troppi docenti sono ancora precari, quasi il 40% del totale.
“Una grave debolezza su cui intervenire, perché la precarietà toglie motivazioni e continuità all’azione didattica”. “L’insegnamento di sostegno in Italia è un sistema di cui essere fieri”, prosegue Giacobini. “Nel resto d’Europa, in Germania ad esempio, si ragiona ancora in termini di ‘centri speciali’, mentre noi siamo tra i pochi ad avere un modello fondato totalmente sull’inclusione. Proprio per questo bisognerebbe averne la massima cura, con più attenzione ai bisogni degli studenti e degli insegnanti che lo costituiscono”.
Docenti di sostegno raddoppiati in 15 anni – Queste (e tanti altre) informazioni sono contenute nell’ultimo rapporto “L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”, una fotografia scattata dal Ministero dell’Istruzione a cadenza biennale, che rappresenta lo stato dell’arte dell’insegnamento di sostegno in Italia. Se dal 2001 al 2009 il rapporto docente per alunno era passato da 1,88 a 2,09, a partire dal 2010 è sceso fino a 1,85, rispettando finalmente il parametro di un insegnante ogni massimo due alunni disabili a livello nazionale. Così i docenti di sostegno sono saliti fino a 119.384, il 15,1% del totale, percentuale quasi raddoppiata rispetto all’8,6% del 2001. “Certo, restano ancora delle differenze sul territorio”, commenta Giacobini. In Molise, ad esempio, si ha un posto di sostegno ogni 1,38 alunni con disabilità, in Veneto e Liguria si sale fino a 2,09. “Ma dal punto di vista quantitativo la situazione oggi è tranquillizzante”.
Ancora troppi precari: “Manca continuità”
Meno positiva, invece, la condizione contrattuale. Il Miur sottolinea l’“evidente tendenza verso una stabilizzazione”. E i numeri confermano: rispetto al 2001, la percentuale di docenti di sostegno a tempo indeterminato è cresciuta dell’81,9%, quando nel 2007 erano addirittura di più i precari degli assunti. In viale Trastevere contano di migliorare ulteriormente con la “Buona scuola” che ne ha portati in cattedra altri 20mila.
Ma in termini assoluti ancora non ci siamo: dei quasi 120mila insegnanti, quelli a tempo determinato sono 44.361, addirittura il 37,2%. “Forse è una scelta politica del Ministero, che preferisce non assumere e regolare il numero anno per anno. Ma le ripercussioni sull’insegnamento sono inevitabili”, afferma Evelina Chiocca del Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno (Ciiis). “Così bisogna ricostruire continuamente da zero le relazioni. È un discorso che vale per tutti gli insegnanti e per tutti gli studenti, e a maggior ragione per quelli disabili, con cui il rapporto e gli equilibri sono più delicati”.
+40% di studenti disabili, la maggior parte ha problemi intellettivi
Il sistema, comunque, è sempre più strutturato. Lo dimostra la crescita anche del numero degli studenti: dieci anni fa erano 167mila, oggi sono 234.788 (+39,9%), il 2,7% del totale. Aumento ancor più significativo se si considera che nello stesso periodo il numero complessivo degli alunni è invece calato dello 0,4%. Il focus del Miur analizza nel dettaglio anche i vari tipi di patologia: in pochi hanno problemi visivi o uditivi (rispettivamente solo l’1,6% e il 2,7%), il 95% ha disturbi psicofisici. Di questi, il 65% sono di tipo intellettivo, il 3,5% motorio e il 27% rientra nella categoria “altro” (che va da problemi psichiatrici precoci a disturbi specifici dell’apprendimento, deficit di attenzione o iperattività). Un quadro molto variegato che si ricollega direttamente alla questione della formazione dei docenti, di nuovo d’attualità con i propositi di riforma.
Miglioramenti, riforma e concorso
Il Ministero vorrebbe dei docenti più specializzati sulle patologie: “È il momento di lavorare sulla qualità, valorizzando le competenze per avere docenti qualificati”, spiega Giacobini. “Attenzione, però, a non snaturare le figure dei docenti di sostegno e tutto il sistema – avverte la Chiocca –. Posso documentarmi sulla sindrome di Down o sull’autismo, dopodiché i bisogni formativi degli alunni con disabilità sono e saranno sempre individuali. Gli insegnanti devono concentrarsi su di quelli, non sull’aspetto sanitario”.
Il prossimo passo sarà ampliare il raggio di azione: “L’interazione degli studenti disabili con gli altri è l’elemento più importante per il loro sviluppo”, sottolinea Giacobini. “È necessario che anche i docenti curriculari acquisiscano più competenze: l’insegnante di sostegno da solo non può assorbire tutte le necessità”, aggiunge la Chiocca.
In questo senso, però, la separazione delle carriere (con concorso ad hoc e vincolo di permanenza più lungo, magari decennale) potrebbe non essere la mossa giusta. Più che nel ruolo dei docenti, i limiti su cui intervenire sembrano risiedere nei problemi burocratici, finanziari e gestionali che spesso danneggiano il servizio, creando casi negativi sul territorio che fanno notizia. Presto il governo metterà mano ad una riforma del sostegno: l’obiettivo è migliorare ancora, il rischio rovinare un sistema che funziona e che in Europa è considerato un modello da imitare.
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