Ricostruire il Medio Oriente devastato dalle guerre deve oggi costituire una priorità assoluta per la pace e i diritti umani. Tra questi ultimi quello all’autodeterminazione riveste, come ho sempre affermato, portata fondamentale.
I popoli che nel Medio Oriente praticano con maggiore coerenza e continuità la lotta per tale diritto sono quelli cui da lungo tempo lo stesso è negato nel complice silenzio della comunità internazionale e cioè quello kurdo e quello palestinese.
Con quale faccia tosta gli Stati, a cominciare da quelli occidentali, che rivestono tuttora un ruolo dominante ed egemone, si riempono la bocca di parole come pace e democrazia quando a tali popoli è negato dai loro oppressori (Israele nel caso dei Palestinesi, Turchia e Isis in quello dei Kurdi) anche il più elementare diritto alla vita?
Agli occhi dei governi occidentali e delle multinazionali che ne controllano ed orientano l’operato, queste terre, con i milioni di uomini, donne e bambini che le popolano, rappresentano solo un’enorme e irrinunciabile riserva di materie prime. Per questo si sono promosse aggressioni, come quella contro l’Iraq, e guerre civili come quella siriana, per non parlare del costante appoggio al governo israeliano di Netanyahu che pratica l’apartheid contro i Palestinesi.
E’ in un contesto come questo che sono germogliati fenomeni mostruosi come l’Isis e gli altri raggruppamenti fondamentalisti più o meno “moderati”. E’ tale la perversione del significato delle parole praticata dai nostri media mainstream menzogneri che perfino Al Qaeda, la creatura del miliardario saudita Bin Laden cui si attribuisce l’abbattimento delle Torri Gemelle con le oltre tremila vittime fatte in tale circostanza, viene oggi definita, unitamente ai suoi successori come Al Nusra, un gruppo “moderato”. Destinatario in quanto tale dello scarsamente umanitario appoggio di soggetti come il “guerrafondaio” McCain, mentre Israele ha pensato bene di scendere in campo a sua volta a fianco del terrorismo fondamentalista bombardando Assad e i suoi alleati.
In tale contesto, il modello di società proposto dalle organizzazioni kurde, che hanno sconfitto i fondamentalisti a Kobane e altrove, rappresenta l’unica risposta autenticamente democratica, multietnica e sensibile alle questioni di genere. Per questo i Kurdi vengono temuti come la peste sia dai terroristi tagliagole, che dai regimi reazionari della zona, Arabia Saudita e Turchia in testa.
Proprio per questo motivo essi devono oggi costituire i destinatari della solidarietà internazionale. Il progetto “Bimbi di Kobane” ha per l’appunto come obiettivo il mantenimento a distanza di 174 bambini, orfani di combattenti caduti durante la difesa di Kobane dall’assedio dei fondamentalisti. Esso si inserisce nell’ambito di una serie di progetti per la ricostruzione della città eroica, che deve e può diventare la capitale democratica del Medio Oriente disastrato da imperialismo e terrorismo fondamentalista.
L’adozione a distanza costituisce un’alternativa concreta a sradicamento ed emigrazione, un buon modo di coniugare impegno umanitario e visione politica. Una linea che sta avendo successo dato che sono già rientrati 250.000 dei 400.000 sfollati della zona, ma che occorre sostenere con forza e determinazione. Quindi che aspettate? Sottoscrivete!