“Per quanto esposto sopra, ulteriori attività del Bsu non hanno ovviamente senso. Per questo interrompiamo in modo permanente l’investigazione”. Dall’8 dicembre la Germania ha ufficialmente rinunciato a partecipare all’indagine amministrativa in corso sul rogo del Norman Atlantic, che il 28 dicembre 2014 ha provocato 11 morti e 18 dispersi. La Bsu, acronimo di Bundesstelle für Seeunsfalluntersuchung, ovvero il Dipartimento per le investigazioni sugli incidenti marittimi del ministero dei Trasporti tedesco, lo ha comunicato 20 giorni fa alle autorità italiane. Nel frattempo ha diffuso una nota con la quale, senza prudenze diplomatiche, afferma che in Italia è “impossibile condurre un’investigazione conforme alla normativa europea”. Un ritiro dettato – secondo la tesi del Bsu – dai troppi ostacoli del sistema giudiziario italiano che impediscono un’indagine tecnica “seria” alle autorità di Berlino, coinvolte poiché nel rogo che distrusse il traghetto mentre navigava tra Igoumenitsa e Ancona c’erano anche un tedesco e 4 persone di cittadinanza diversa, ma residenti in Germania.
Con ordine: in caso di incidenti marittimi vengono attivate delle indagini tecniche alle quali, per una direttiva europea del 2008, recepita nell’ordinamento italiano – non senza ambiguità – dal decreto legislativo 165 del 2011, partecipano anche le strutture preposte degli Stati coinvolti in qualche modo nella sciagura. Nel caso del Norman Atlantic, quindi, quando il ministero delle Infrastrutture ha avviato la sua inchiesta affidandola alla Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime, si sono uniti al gruppo di lavoro i colleghi tedeschi e greci. Ma pur riconoscendo che “la cooperazione con queste autorità è proceduta perfettamente”, il Bsu ha deciso di abbandonare l’inchiesta perché “in Italia non è permessa un’indagine tecnica obiettiva sugli incidenti a causa dell’assoluta priorità del procedimento penale”, scrive il direttore del Bsu Volker Schellhammer. E sottolinea come un caso analogo si fosse già verificato con il naufragio della Costa Concordia, nel quale morirono 12 cittadini tedeschi, poiché il rapporto della Digifema italiana, secondo il Bsu, non è basato su osservazioni dirette degli ispettori ministeriali e “non soddisfa la gravità e la complessità dell’incidente” poiché le informazioni ottenute “da seconde o terze parti non sono adatte per condurre un’indagine seria”.
Eppure la direttiva europea parla chiaramente di “indipendenza” dalle indagini penali e impone agli Stati di assicurare che le inchieste tecniche “non siano indebitamente precluse, sospese o ritardate a causa di tali indagini”. Secondo il Bsu invece anche nel caso del Norman Atlantic “gli investigatori dei tre Stati coinvolti non hanno potuto muoversi liberamente e senza ostacoli a bordo della nave” e in particolare “è stato concesso soltanto in misura limitata o proibito del tutto l’accesso alle aree particolarmente rilevanti come sala macchine o la zona dove c’è il motore diesel ausiliario”, senza oltretutto che fosse consentito di “effettuare un’ispezione dettagliata dei componenti di queste aree”.
Secondo quanto appreso da ilfattoquotidiano.it, inoltre, lo stesso Bsu e anche la Commissione europea avrebbero sottolineato con alcune lettere inviate al ministero un paradosso: da una parte agli ispettori sono poste alcune limitazioni ma a bordo del Norman Atlantic, ormeggiato nel porto di Bari, si sono verificati atti di sciacallaggio. A fine luglio, infatti, durante un’ispezione legata all’incidente probatorio in corso, vennero scoperte due auto parcheggiate sui ponti esterni con i finestrini rotti e gli oggetti personali dei passeggeri tirati fuori dai bagagli e gettati a terra. Episodi che ricordano, quasi come in una fotocopia, ciò che accadde sul relitto di un’altra grande tragedia del mare, quello del Moby Prince, sul quale nel 1991 – al largo di Livorno – morirono in 140. Da quasi un mese ilfatto.it ha ripetutamente chiesto al governo di commentare la decisione e le gravi motivazioni addotte dal Bsu nella vicenda Norman Atlantic. Ma il ministero dei Trasporti ha detto di sentire il ministero della Giustizia. E gli uffici di via Arenula a quella domanda non hanno mai risposto.