Milano e Roma come Pechino? Camminare per queste città, come anche a Firenze, Torino, Ferrara, Frosinone, tanto per citarne qualcuna, sotto un cielo plumbeo e fitto fa riflettere e preoccupare. Il cielo non c’è. Non si vede. Il sole neanche. Nelle narici, ti entra l’odore acre del fumo. La cappa ti avvolge e ti fascia come una grossa benda. Respiri strizzando i polmoni, perchè sei consapevole che quella non è una cappa qualsiasi, ma un pericoloso e nocivo smog. Uno smoky fog, come lo definì Henry Antoine des Voeux più di 100 anni fa, quando durante la rivoluzione industriale, nelle grandi città, come Londra, veniva fatto un largo uso del carbone come combustibile. Il fumo prodotto da quella combustione, infatti, insieme alla nebbia e all’acqua atmosferica dà vita a un mix di acido solforoso e solforico. Respirare quel cocktail di fumi è stato ed è davvero pericoloso, tanto che proprio nella città inglese, circa 60 anni fa, ci furono oltre quattromila decessi in più in dieci giorni.
Fu in quella occasione che nacque una nuova scienza: l’epidemiologia ambientale, che da allora studia lo stato di salute di popolazioni e comunità locali attraverso lo sviluppo di registri di patologia, l’uso di fonti informative correnti, la conduzione di studi specifici. Insomma un monitoraggio continuo soprattutto sulla popolazione esposta ad attività inquinanti. E infatti, proprio da questi studi è stato dedotto che lo smog causa mortalità per malattie cardiorespiratorie, tumori al polmone, asma, allergie, etc. etc., malattie che ovviamente creano un costo enorme alla società.
In concomitanza con l’avvio della Conferenza sul clima di Parigi, agli inizi di dicembre, è stato pubblicato il rapporto dall’Agenzia Ambientale Europea. Dalle mappe di questo rapporto viene fuori che la pianura padana ed alcune grandi città italiane sono tra le zone europee più inquinate.
In questi giorni stiamo assistendo a un tam tam di ordini, contrordini, lamentele, e critiche su una situazione che sta diventando davvero pericolosa per tutti. E soprattutto sui rimedi, che per quanto blandi possano essere, qualcosa in questo momento si dovrà fare. Chiudere i centri urbani alle auto? Il Cnr, insieme ad altre istituzioni, negli ultimi venticinque anni, ha condotto molti studi epidemiologici. I risultati, che tra l’altro sono in linea con quelli di altri Paesi, dicono che l’inquinamento atmosferico è molto pericoloso per la salute umana. E’ stato comunque dimostrato che chiudere i centri urbani alle auto private per almeno due settimane fa scendere sensibilmente i livelli di pericolosità nell’aria. Ma mentre a Milano si può, perché il servizio pubblico funziona benissimo, tanto che anche io mi sono mossa adottando l’invito dell’Amministrazione a usare un solo biglietto di metro per tutto il giorno, promozioni avviate un po’ dappertutto, nutro seri dubbi che si possa fare a Roma, dove proprio a causa di quel servizio pubblico che fa acqua da tutte le parti, difficilmente i romani lasceranno a casa l’auto.
Siamo davvero in ritardo nel mettere le toppe a questo grosso problema. Lo stesso Pisapia ha detto che il blocco del traffico non basta e non è sufficiente. Soprattutto se lo fanno in pochi.
Secondo Giovanni Viegi, direttore dell’Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare del Cnr di Palermo, è essenziale investire adeguati fondi nel supporto della ricerca scientifica nel campo delle relazioni ambiente e salute, “e come ha dimostrato la fase preliminare del Progetto Interdipartimentale Ambiente e Salute, gli istituti del Cnr hanno adeguate competenze interdisciplinari per rispondere alle esigenze conoscitive in questo settore in Italia”. Ma occorre fare presto e di più. Per perseguire tali obiettivi, sono importanti i partenariati tra Organizzazione Mondiale della Sanità, governi, istituzioni di ricerca, società scientifiche, associazioni di pazienti. “Una tra le più attive è la Global Alliance against chronic Respiratory Diseases (Gard), di cui il Cnr è co-fondatore e che in Italia è coordinata dal Dipartimento di Prevenzione del Ministero della Salute”.
Anche perché, proprio l’Oms nel suo Piano di Azione 2013-2020 rivolto alle “malattie non comunicabili”, le cui principali sono le malattie cardiovascolari, i tumori, le malattie respiratorie croniche e il diabete, ha invitato i governi ad agire per l’abbattimento dei principali fattori di rischio evitabili, tra cui proprio l’inquinamento atmosferico. Quindi basta chiacchiere e critiche. Che tutti si rimbocchino le maniche e passino immediatamente ai fatti, affinché non accada anche qui quello che è successo a Londra. Ognuno di noi lo può fare, lasci a casa l’auto e si muova con i mezzi pubblici. Sperando nel buon senso di chi governa tutte le città…