La Procura di Lecce nell’ambito dell’inchiesta sulla diffusione del batterio Xylella fastidiosa ha iscritto nel registro degli indagati vari funzionari della Regione Puglia, ricercatori di diversi istituti e il comandante regionale del Corpo Forestale. I reati sui quali la Procura indaga vanno dalla diffusione colposa di una malattia delle piante, all’inquinamento ambientale colposo, alla falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, al getto pericoloso di cose, alla distruzione o deturpamento di bellezze naturali. Inoltre i magistrati hanno ordinato la cessazione immediata delle misure messe in atto per contenere la diffusione della malattia, che comprendono l’abbattimento degli alberi infetti, poiché a loro giudizio non ci sono elementi sufficienti per giustificare tali misure. I ricercatori sono chiaramente sotto shock ed alcuni ritengono che le accuse siano delle pazzie: se davvero lo siano è difficile in questa fase sostenerlo per chi non ha letto gli atti dei magistrati che al momento non sono pubblici. Nel frattempo però il giudice per le indagini preliminari ha convalidato il sequestro preventivo previsto nel decreto emesso dalla Procura di Lecce.
Secondo il Washington Post “non è la prima volta che gli scienziati italiani hanno affrontato un processo per fare il proprio lavoro”, in riferimento al caso del terremoto dell’Aquila. Altri si sono chiesti se sia “lecito che sia la magistratura a giudicare i risultati dei ricercatori o, piuttosto, a farlo deve essere la comunità scientifica in un quadro di garanzie di riferimento? I rischi sono chiari ed evidenti se si guarda ai due esempi appena portati o se si pensa a casi del passato come appunto Stamina, o il processo sul terremoto dell’Aquila”. C’è davvero un’offensiva della giustizia contro la scienza? La magistratura segue una logica diversa da quella di uno scienziato, cioè segue il codice penale e non l’ordinario processo scientifico: sono ovviamente piani completamente diversi. Così è stato anche nel caso del processo de L’Aquila e nel caso Stamina, che è bene ricordare per inquadrare il problema.
Per quanto riguarda il primo da poco è stata emanata la sentenza definitiva in cui è stato condannato il vice capo della protezione civile Bernardo de Bernardinis per diffusione di notizie infondate. Come si ricorderà, l’intera Commissione Grandi Rischi era stata condannata in primo grado per aver divulgato rassicurazioni infondate alla popolazione; in appello sono stati tutti assolti con l’eccezione di de Bernardinis, l’unico per il quale i giudici hanno ritenuto sufficienti le prove riscontrate. Nel caso de L’Aquila, dunque, non c’è stato un processo alla scienza o una valutazione da parte dei magistrati della capacità di prevedere i terremoti da parte dei sismologi, quanto piuttosto il processo ha affrontato il problema centrale: se l’esito della riunione della commissione avesse influenzato i comportamenti dei cittadini aquilani la notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009. Di là dalle responsabilità giudiziarie che sono state accertate, rimangono i comportamenti etici dei singoli: un’intercettazione telefonica del capo della protezione civile Guido Bertolaso in cui quest’ultimo parla di “operazione mediatica” per tranquillizzare la popolazione proprio in riferimento alla riunione della Grande Rischi e un’altra intercettazione telefonica tra lo stesso Bertolaso e Enzo Boschi, allora presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica, in cui Bertolaso spiega tranquillamente al suo interlocutore che “Alla fine fate il vostro comunicato stampa con le solite cose che si possono dire su questo argomento delle possibili repliche e non si parla della vera ragione della riunione. Va bene?”.
Per quanto riguarda il caso Stamina, anche in questo caso la magistratura si è limitata a far rispettare la legge: varie sentenze sono state incentrate sulla non discriminazione alla cura dei cittadini di diverse regioni italiane, in un altro caso è stato garantita l’imparzialità di una commissione nominata per valutare il metodo Stamina e infine è stato evitato che il metodo Stamina fosse sperimentato negli ospedali pubblici a spese dello Stato come invece previsto dal decreto Balduzzi (questo risultato ottenuto in virtù di una sentenza di patteggiamento). Vale la pena ricordare che l’origine dello scandalo Stamina è stata la convenzione stipulata tra gli Spedali Civili di Brescia e Stamina Foundation: una volta che una terapia entra ufficialmente in un ospedale pubblico (e viene somministrata a un nutrito numero di pazienti) diventa difficile delineare un chiaro quadro delle responsabilità penali e civili.
Nel caso Xylella la situazione è in evoluzione e ancora non si conoscono né tutte le carte in mano alla Procura e né le motivazioni delle indagini a carico degli scienziati. Pare riduttivo ascrivere il comportamento dei magistrati alla rincorsa di una facile visibilità in combutta con qualche movimento pseudo-scientifico, alla smania di protagonismo, ecc., o perlomeno farlo a priori. Quando i magistrati ravvisano notizie di reato, di conseguenza indagano: in Italia vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e non c’è alcun bisogno di invocare (a priori) la presenza di chissà quale forza esterna.
Per questo è importante rilevare che nel recente passato non c’è stato nessuno scontro tra giustizia e scienza né nel processo de L’Aquila né nel caso di Stamina, non c’è stata nessuna crociata oscurantista da parte della magistratura, né quest’ultima si è sostituita ai ricercatori, almeno finora e in questi casi. Ciò non toglie, ovviamente, che nel caso della Xylella sia sempre possibile che i magistrati abbiano preso un abbaglio, che ci possano essere degli errori di valutazione, che delle accuse saranno rigettate, ecc.: questo fa parte del normale procedimento dello stato di diritto. I magistrati che stanno svolgendo l’inchiesta sottoporranno le loro conclusioni al gip, la giustizia farà il suo corso se del caso vi saranno tre gradi di giudizio. Nonostante usciamo da vent’anni di berlusconismo in cui la magistratura è stata dileggiata in tutti i modi possibili immaginabili, è necessario e salutare riflettere sempre sul vantaggio di vivere in uno Stato di diritto, di cui la magistratura rappresenta uno dei suoi pilastri.
La crociata oscurantista contro la scienza è, in effetti, in atto da parecchi anni ma non la sta conducendo né la magistratura né qualche movimento pseudo-scientifico, bensì la politica e alla luce del sole senza che quasi nessuno dica nulla in proposito. Ricordiamo ad esempio Silvio Berlusconi che rispose ad una domanda sulla motivazioni dei tagli alla ricerca del 2008 con la famosa frase “Perché dobbiamo pagare uno scienziato se facciamo le scarpe più belle del mondo?”, la campagna permanente della principale stampa nazionale contro l’istruzione e la ricerca, il definanziamento continuativo dal 2008 a oggi dell’università e della ricerca. Il vero scontro in questo paese non è tra “Giustizia e Scienza” ma casomai tra “Politica e Scienza”. Purtroppo la stampa trova più semplice prendersela con i magistrati che con i politici: chissà perché.