Tra il 2010 e il 2014 i ricavi complessivi delle imprese editoriali italiane sono diminuiti di 2 miliardi, pari al 31,2% del totale, e quelli dei gruppi televisivi di 1,5 miliardi, il 22,5% degli introiti 2010. La flessione risulta dall’osservatorio periodico dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che rileva come la redditività dell’intero settore si sia ridotta ma le tlc mostrino in media livelli di profittabilità più alti. Al contrario l’editoria quotidiana e periodica, più colpite dalla crisi, negli ultimi cinque anni ha registrato un margine netto negativo del 2,7% contro il +5,2% medio del 2010. In particolare nel 2012 e 2013 il comparto editoriale ha registrato rispettivamente margini del -12,2 e -10,2 per cento, risalendo al +1,1% nel 2014.

Le aziende hanno reagito in molti casi tagliando il costo del lavoro, con il risultato che nei quattro anni considerati gli addetti sono diminuiti del 20%, da 19.300 a 15.200. Anche se secondo Annuario statistico italiano 2015 dell’Istat dopo anni di calo la percentuale di cittadini che leggono quotidiani e libri si è stabilizzata benché “l’abitudine alla lettura dei quotidiani riguarda comunque meno della metà della popolazione (47,1% delle persone di 6 anni e più)” mentre la quota di lettori di libri è al 42 per cento, stabile rispetto al 2014.

Per le imprese televisive gran parte della flessione dei ricavi, rileva l’Autorità, è stata determinata dalla contrazione degli introiti pubblicitari, ma pesano anche le minori entrate da abbonamenti pay tv. Così il margine lordo (Ebitda) è passato dal 29,1% del 2010 al 23,1% del 2014, mentre il margine netto (Ebit) è sceso dal 6,4% al -0,1%. L’occupazione si è ridotta nel frattempo di circa 1000 addetti (-4,5%): nel 2014 i lavoratori erano circa 20.800.

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